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Nasce il Movimento 5 stelle comete

Lanfranco Pace

Promossi (nonostante tutto) Gruber e Pagliaro per lo scoop televisivo di Davide Casaleggio; promosso Emiliano, ma solo per l'infortunio al tendine; bocciato Di Battista per le arringhe anti Tap. Il Pagellone alla settimana politica

E’ la settimana dei 5 stelle. Si sentono vicini al traguardo, prossimi a governare il paese e in via puramente ipotetica è giusto che si accingano a redigere uno straccio di programma. Devono trovare almeno un paio di idee di più che proporre se stessi come modello virtuoso e il reddito di cittadinanza come chiave universale: che so qualche riflessione sul lavoro, sull’energia, che fare in attesa che diventi tutta pulita e rinnovabile, su appalti e corruzione, sui costi stessi della politica, sulla scuola, sulla sanità. Così hanno chiamato “visioni” diverse a confronto.

L’appuntamento-evento “Capire il futuro” che si è tenuto a Ivrea per ricordare Gian Roberto Casaleggio a un anno dalla morte, è il primo passo in questa direzione. Hanno invitato esperti in vari campi, informazione, editoria, energia, lavoro, innovazioni e tecnologie: quelli che i comunisti di un tempo avrebbero chiamato compagni di strada o democratici conseguenti e che per gli anticomunisti erano utili idioti. Imprenditori come Guido Artom, qualche professore universitario, Domenico De Masi per esempio che siccome insegna sociologia del lavoro e di lavoro nessuno sa più nulla è ormai onnipresente nei dibattiti e talk televisivi a tutte l’ora. Ci sono poi giornalisti di magna reputazione, Mentana, Nuzzi, Travaglio, qualche magistrato tuttora in carica, non però il procuratore di Milano Francesco Greco che ha declinato l’invito. C’era Antonio Di Pietro, che non sa stare in un cono d’ombra. Fra gli oratori anche il capo della Trilateral sezione Italia, malgrado l’avversione del Movimento per i poteri forti tanto più se occulti. 

Alcuni si sono pavoneggiati per essere stati invitati, altri hanno fatto profilo basso: come cantava l’indimenticabile Giuni Russo (voto 10 e lode) “mia madre non deve sapere che vado ad Alghero con uno straniero”.

 

IL DEBUTTO

E’ stata anche la settimana in cui ha debuttato in televisione Davide Casaleggio, figlio del cofondatore del movimento e titolare della Casaleggio Associati. Lo ha fatto su La 7 a Otto e mezzo: a Lilli Gruber e a Paolo Pagliaro voto 10 per lo scoop, anche se dovremmo forse riflettere sul fatto che venga considerata tale. Gli autori del programma però hanno apparecchiato un parterre con i già citati Nuzzi e De Masi che definire non ostile è riduttivo. Quaranta minuti senza contraddittorio e con molti salamelecchi che sono duri da digerire anche per i tempi che corrono, se n’è accorta anche la conduttrice che a un certo punto ha sbottato con il suo bel sorriso, “qui sta venendo fuori uno spottone per i Cinque stelle”. Spottone si legge mega spot pubblicitario ma si pronuncia sontuoso pompino.

La prestazione di Davide è stata giudicata incolore, il suo modo di parlare ripetitivo e scialbo, le sue idee vaghe, si è parlato di una sua totale assenza di carisma. Non sono affatto d’accordo: mi è sembrato uno tosto, cortese ma con piglio vagamente padronale. Non abbassa mai lo sguardo, fissa l’interlocutore senza sbattere le palpebre, sembra un serpente che sta per attaccare e non lo fa perché disdegna quella singola preda. E poi è un alpinista, ha scalato montagne come il Kilimangiaro, e un giocatore di scacchi. Deve perciò possedere forte senso di sé, grande disciplina, dedizione fanatica a un obiettivo prima ancora che a una causa. E anche un minimo di visione strategica. A dirla tutta è potenzialmente più dotato (e quindi più pericoloso, voto 7) di quel pasticcione di Grillo, che da un pezzo non fa più nemmeno ridere, di quel triste impiegato comunale che è Di Maio e del fanciullone mal cresciuto che è Di Battista. Forse Davide Casaleggio non diventerà re ma sarà certamente lui il facitore e lo sterminatore di re.

 

RUSSIA FIRST

Nell’universo folle del Movimento le idee e le proposte non cambiano, si cristallizzano in preconcetti, pregiudizi: scavare, approfondire, discutere con esperti, studiare, confrontare visioni può anche non servire a molto. Continuano a dire infatti una cosa e il suo contrario per tenersi aperta ogni porta in attesa che sia chiamato a decidere il popolo sovrano. Che poi proprio popolo non è, se bastano qualche centinaia di click e di “mi piace” (e in molti casi anche qualche decina) per trovare a uno sconosciuto un lavoro come sindaco o parlamentare. E sovrano nemmeno, se il garante può d’imperio cancellare ciò che non gli aggrada. Fra i cacicchi del movimento si segnala in queste ore l’onorevole Manlio Di Stefano, di Russia Unita, cosa che non lo autorizza a definirsi esperto conoscitore di politica estera perché sennò fa venire i capelli ancora più bianchi al già provato Pier Ferdinando Casini (voto 8) e scoraggia il rientro di Marco Follini (8 anche a lui) reduce da lungo infortunio.

 

DIBBA TAP

Anche il ragazzo dell’Orinoco venuto su a pane e Chavez si è dato da fare. In Puglia ha arringato i misteriosi contestatori che, per risparmiare alle piante di ulivo il dolore di un espianto e del successivo reimpianto, stanno bloccando l’installazione dell’ultimo tratto della Trans Adriatic Pipeline, la cosiddetta Tap che dopo Grecia e Albania dovrebbe portare gas naturale anche in Italia. In piena trance transnazionale ha detto che il Movimento è dalla loro parte e ti pareva, con i 5 stelle al governo del gasdotto non si parlerà nemmeno più. Va bene cercare di acchiappare voti ma una cosa sensata sui posti di lavoro, sul riequilibrio sia pure parziale delle fonti di energia a favore di quelle pulite, su eventuali penali e soprattutto sulla figura di merda per cui un’opera non invasiva, utile, scrupolosamente rispettosa dell’ambiente e portatrice di energia pulita può passare senza problemi per quasi mille chilometri in altri paesi ma si schianta negli ultimi sette, i soli previsti proprio sul suolo italiano. Una follia, che piace anche al governatore Emiliano, (voto 7 per via della ferita a un tendine). E al Tar del Lazio, estremo ricorso di coloro che vogliono vivere con lentezza.

 

C’ENTRO

Mettiamola così: ogni volta che sento un Cuperlo un Orlando un Bersani uno Speranza gridare che bisogna ricostruire le condizioni per far rinascere il centro sinistra, mi viene un conato. Che vuol dire? Di quale centro sinistra parlano? Del governo ulivista a trazione prodiana segato una prima volta o quello segato una seconda volta? Di quello scellerato che fece votare la riforma del Titolo V o di quello nato da un’Unione fra diseguali e diversi che siglarono un solenne impegno programmatico di centinaia e centinaia di pagine finite nel cestino pochi mesi dopo?

Il centro sinistra è organismo con malformazione genetica: quello originario mise a punto la nazionalizzazione dell’energia elettrica e ho detto tutto. Ora cosa volete, un’alleanza stile anni Sessanta con il Pd nei panni della nuova democrazia cristiana e tutto quello che c’è alla sua sinistra nei panni del Psi riformista di Nenni? Abbiate pietà.

 

PRESIDENTE RESILIENTE

Quello che è successo attorno alla presidenza della Commissione affari costituzionali del Senato è grottesco. Quando si vota si fa la frittata: uno vince e gli altri perdono e se perdono quelli che avrebbero dovuto vincere non si può fare come Grillo a Genova. Angelino Alfano, colpevolizzato come leader del partito un cui dirigente avrebbe violentato la casta maggioranza, si è calato il passamontagna e ha chiesto al presidente uscito dall’uovo di Pasqua di scegliere tra le dimissioni dalla carica o dal partito. Matteo Orfini sempre tra noi leggero ha parlato di grave vulnus nella maggioranza.

Ma che patacca: il presidente della Affari costituzionali non conta molto se c’è la volontà politica di scrivere una legge elettorale e la maggioranza per approvarla.

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  • Lanfranco Pace
  • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.