Michele Emiliano (foto LaPresse)

E adesso, primarie

Redazione

La nuova squadra di Renzi funziona e dice “noi”. Timori sul fronte Cuperlo e in zona Emiliano

Matteo Renzi va alla campagna d’aprile. Una campagna in cui, come gli hanno consigliato tutti gli uomini a lui più vicini, dovrà sempre far prevalere il “Noi” sull’“Io”. Il che significa che non dovrà fare solo uscite da solista, come interviste a giornali e tv o incursioni nel territorio, ma dovrà anche far muovere gli altri. Maurizio Martina, che per ammissione dello stesso ex segretario è stata “una scelta vincente”, Matteo Richetti, molto apprezzato non solo dalla base del Partito democratico ma anche dai simpatizzanti, e nel contempo dovrà riuscire anche a presentare figure nuove. Alcuni consiglieri dell’ex presidente del Consiglio temono invece che, dopo questo successo personale inaspettato nei congressi dei circoli, Renzi sia nuovamente tentato di giocarsela prevalentemente in prima persona.

 

Ma oltre alla campagna delle primarie c’è anche quella elettorale a cui pensa Matteo Renzi. Certo, ormai si è capito che le elezioni non sono dietro l’angolo. E, nonostante qualcuno gli attribuisca ogni tanto la volontà di ribaltare il tavolo, in realtà l’ex segretario in corsa per la riconferma si è acconciato all’idea che Sergio Mattarella non gli darà le urne prima della scadenza elettorale. Perciò sembra aver messo da parte la sua propensione iniziale a far votare comunque il Mattarellum e farselo bocciare. Piuttosto, il suo rovello, ora, è come impiegare il tempo che intercorre tra le primarie e le elezioni politiche. Cioè come utilizzare questi mesi per recuperare i consensi che se ne sono andati e per cercare di rintuzzare i grillini che ormai tutti i sondaggi danno saldamente in testa.

 

Insomma, il problema per Matteo Renzi è quello di presentarsi, nonostante gli anni passati a Palazzo Chigi e alla guida del partito, come l’alfiere del nuovo che si contrappone al populismo nuovista del Movimento cinque stelle. Il libro che pubblicherà dovrebbe dargli una mano in questo senso, perché oltre alla storia della sua ascesa (e della caduta di Enrico Letta) e dei motivi della sua discesa, contiene delle proposte (alcune delle quali elaborate anche con Tommaso Nannicini) su cui però al momento l’ex premier mantiene il massimo riserbo. Ripetere l’exploit del 40 per cento è il sogno che, pur senza dirlo più in giro, Renzi continua ad accarezzare.

 

Checché ne dicano però i renziani, gasati dalla vittoria del loro leader tra gli iscritti, l’incubo di non superare la soglia del 50 per cento alle primarie e, quindi, di essere costretto a farsi votare da una successiva assemblea nazionale, c’è ancora. Preoccupano le incursioni esterne. Quelle pro Orlando, da parte degli scissionisti ai quali lunedì Gianni Cuperlo ha rivolto una chiamata al voto dalle colonne del Corriere della Sera. E quelle pro Emiliano nel Meridione, dove si teme che possano votare. Già, da una parte i renziani sono contenti che il governatore della Puglia ce l’abbia fatta. In questo modo ottengono un doppio risultato: da una parte con la sfida a tre rendono le primarie più appetibili e quindi più partecipate, dall’altra ottengono che Emiliano non faccia un colpo di testa andandosene via dal partito (prospettiva, questa. Che era stata messa nel conto nel caso in cui non fosse riuscito a entrare in lizza). Ma dall’altra parte i renziani temono che vadano a votare per il governatore non elettori del Pd, bensì elettori del Movimento cinque stelle, di Forza Italia e della Meloni.