Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Un Cav. a sinistra

David Allegranti

Forza Italia a Palermo candida Ferrandelli, ex Pd ed ex Idv. Torna lo spirito del Partito della Nazione

Berlusconi ha sempre avuto una certa fascinazione per gli uomini di sinistra, meglio se comunisti, folgorati sulla via di Arcore. Basti pensare a Sandro Bondi, ex sindaco di Fivizzano del Pci, il cui atto di contrizione fu una sincera, umana, conversione pre-politica. Ora i tempi sono cambiati, Bondi se n’è andato e non c’è più il bipolarismo che nacque con Forza Italia, ma il Cav. continua a cercare folgorazioni trasversali, che poi sono perfettamente in linea con il vecchio progetto del Partito della Nazione tra Forza Italia e Pd.

 

L’ultima scommessa è quella di Fabrizio Ferrandelli, candidato sindaco di Palermo, che pur essendo giovane (1980) ha avuto già modo di farsi un bel giro nell’arco costituzionale palermitano. Fino a dicembre era iscritto al Pd, poi la tessera è scaduta e non l’ha rinnovata. Nel 2012 fu espulso dall’Idv, di cui è stato capogruppo in consiglio comunale, per essersi candidato alle primarie di centrosinistra senza aspettare il via libera del partito. Vinse le primarie ma fu sconfitto da Leoluca Orlando, suo ex mentore, che a giugno lo affronterà nuovamente. Insomma, Ferrandelli è il candidato “liquido” perfetto. Ha anche accettato di presentarsi con il simbolo italo-forzuto, anche se lui ci tiene a precisare “che non sono il candidato di Forza Italia ma un candidato di un progetto amministrativo che vede l’appoggio, a livello locale, di Forza Italia”. Ma cosa volete che importi al Cav. se Ferrandelli s’iscrive o no a Forza Italia. Lui da tempo l’aveva capito, prima ancora del Partito della Nazione, che in politica bisogna essere trasversali. Ed è quello che ha sempre fatto Renzi fin dal 2009, quando vinse le primarie fiorentine grazie anche a un po’ di voti di centrodestra.

 

Le amministrative sono la migliore occasione per fare esperimenti di laboratorio. La Sicilia poi è la terra perfetta, come dimostra la fusione Pd-Ncd a sostegno di Orlando e la candidatura di Ferrandelli. Ma anche altrove, in passato, Berlusconi si è potuto divertire assai. Nelle Marche, alle Regionali del 2015, il Cav. scelse come candidato presidente Gian Mario Spacca, che era stato governatore marchigiano per dieci anni per il centrosinistra. Era anche iscritto al Pd, salvo poi andarsene nel 2014 e presentarsi alle elezioni sostenuto da Forza Italia, Area popolare e Democrazia Cristiana. Amava autodefinirsi, non a caso, come “l’esito dello sbriciolamento dei partiti”. A Roma invece era rimasta in campo, alle amministrative dell’anno scorso, la candidatura di Guido Bertolaso, uno che si presentava come “un vecchio democristiano” e amava far infuriare i leghisti difendendo i rom dalla ruspa di Salvini: “Io mi metto sempre dalla parte dei più deboli e i rom sono una categoria che è stata vessata e penalizzata”, spiegò, facendo strabuzzare gli occhi ai salviniani. Disse anche di non avere mai votato Berlusconi in vita sua, di avere organizzato le campagne elettorali a Francesco Rutelli, cioè per la sinistra, e di essere amico di Roberto Giachetti, con cui avrebbe dovuto duellare.

 

E che dire di Stefano Parisi, già candidato sindaco a Milano contro Beppe Sala? Tutt’altro che un estremista. Anzi il governatore della Lombardia Roberto Maroni diceva chiaramente che l’ex amministratore delegato di Fastweb e l’ex collega di Expo, Sala, erano chiaramente sovrapponibili. “C’è lo schema di due personaggi che un po’ si assomigliano e, paradossalmente, la storia di Parisi dice che è più a sinistra di Sala”, disse divertito Maroni. Parisi non ha mai smentito, anzi lo ha più volte confermato, con orgoglio, spiegando di provenire dalla “sinistra lombardiana, poi rifomista e liberale”. Negli anni Settanta è stato vicesegretario del Nucleo universitario socialista a Roma, poi ha lavorato all’Ufficio studi della Cgil, sempre in quota socialista. “Io ho una storia di sinistra e ho fatto una campagna elettorale di centrodestra. Non sono sicuramente di destra, forse sono un po’ di sinistra, non so”. E insomma, cantava Giorgio Gaber: “L’ideologia, l’ideologia / Malgrado tutto credo ancora che ci sia / E’ la passione, l’ossessione / Della tua diversità / Che al momento dove è andata non si sa / Dove non si sa, dove non si sa”. Al momento dov’è andata, la diversità, non si sa. Forse s’è persa a Palermo.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.