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E in Europa come votano?

Francesco Armillei e Lorenzo Borga

Se volete capire qualcosa del dibattito sulla legge elettorale è utile guardare a cosa succede negli altri paesi dell’Ue. E un fact-checking dimostra che il caso italiano non è un unicum

“Il nostro caso è unico nel panorama delle democrazie occidentali: evidentemente la transizione non si è ancora chiusa”. Ad affermarlo al Foglio è Fulco Lanchester, professore ordinario di Diritto costituzionale comparato alla Sapienza di Roma riguardo alla legislazione confusa in materia elettorale nel nostro paese, confermata giusto ieri dalla sentenza della Corte costituzionale sull’Italicum.

Una sentenza che per la seconda volta in tre anni modifica per via giudiziaria la legge elettorale, sancisce l’illegittimità del ballottaggio e della scelta del proprio collegio d’elezione da parte del capolista eletto in più collegi. E’ quanto è possibile leggere oggi nel testo integrale della sentenza, nell’attesa delle motivazioni complete che saranno pubblicate entro un mese dalla Corte.

C’era da aspettarselo: la notizia ha fin da subito scatenato parlamentari, segretari di partito e capigruppo nel richiedere il voto anticipato. Eppure, i margini per una modifica ulteriore della legge elettorale non sono ancora sfumati del tutto. Termini come “premio di maggioranza”, “preferenze”, “soglie di sbarramento” potrebbero tornare a risuonare nelle aule parlamentari e perciò potrebbe essere utile anche ai legislatori avere un quadro chiaro delle leggi elettorale negli altri paesi membri dell’Unione europea, per disporre di un utile metro di paragone. Una disamina comparativa fra tutti i sistemi dei paesi europei - elaborata a partire dai database di ESCE ed Election Guide e dalle ricerche del professor Andrea Gratteri, autore della recente pubblicazione “La legittimazione democratica dei poteri costituzionali” per Editoriale Scientifica – è d’obbligo nella cassetta degli attrezzi non solo degli addetti ai lavori ma anche di quei cittadini che, seppur non pratici nella materia, intendono seguire i possibili sviluppi politici dei mesi a venire.

Mappa dei sistemi elettorali vigenti in Unione Europea - rielaborazione di dati ed illustrazione di ACE Electoral Knowledge Network.

PREMIO DI MAGGIORANZA E BALLOTTAGGIO

Il ballottaggio previsto nell’Italicum e bocciato ieri dalla Corte costituiva un unicum nel panorama europeo. Matteo Renzi aveva dichiarato che sarebbe stato d’ispirazione in tutta Europea, ma oggi l’unico caso di ballottaggio è la Francia, dal 1958. Con una sostanziale differenza: oltralpe il ballottaggio è a livello di collegio, coerentemente con il sistema uninominale a doppio turno. Il modello che invece più assomiglia a quella parte della tradizione elettorale italiana, dalla Legge Acerbo (1923) alla Legge Truffa (1953) al Porcellum, è quello greco: l’elemento comune risiede nel premio di maggioranza volto a garantire maggiore stabilità di governo. Il governo di Alexis Tsipras è infatti in carica grazie ai 50 seggi bonus (pari al 16 per cento del totale) riservato alla lista che si classifica prima.

 

PREFERENZE

La Corte ha mantenuto la convivenza di preferenze e capilista bloccati. Questi ultimi potranno così continuare a presentarsi contemporaneamente in più collegi - caso unico in tutto il continente - ma non potranno più scegliere autonomamente in quale collegio essere eletti in caso di elezione multipla, decisione che sarà invece rimandata a un sorteggio. Nel resto d’Europa le liste bloccate sono utilizzate in tre paesi (Spagna, Portogallo, Croazia), mentre le preferenze sono diffuse in quattordici stati membri. Le formule in vigore sono le più varie: dalla preferenza unica obbligatoria (Finlandia, Polonia, Slovenia, Paesi Bassi, Estonia) al voto singolo trasferibile che permette agli elettori di ordinare per gradimento tutti i candidati in lizza (in vigore in Irlanda e Malta), passando per il voto di preferenza multiplo combinato a liste semi-bloccate nel quale un candidato, per superare i compagni di partito del listino bloccato, deve raggiungere un certo quorum di preferenze (Repubblica Ceca, Bulgaria, Svezia, Slovacchia). La Lettonia presenta invece un caso a sé: i cittadini lettoni possono esprimere preferenze anche negative – le quali vanno sottratte a quelle positive – nei confronti dei candidati a loro invisi, una proposta contenuta anche in un disegno di legge presentato dal Movimento 5 stelle nel 2014.

 

PROPORZIONALE-MAGGIORITARIO

Sic stantibus rebus, uno spettro si aggira nelle stanze del potere politico: il ritorno al proporzionale. Il sistema che ha regolato le elezioni italiane dal 1946 al 1993 è di gran lunga il più diffuso nel continente. Ben 19 paesi su 28 si affidano, seppur con forme differenti, a leggi elettorali di questo tipo, anche alcuni grandi paesi quali Spagna e Germania. A poter contare invece su un sistema maggioritario puro – basato cioè sui collegi uninominali – sono invece solo Francia e Regno Unito. Per il già indicato premio di maggioranza, Grecia e, fino a ieri, Italia sono i paesi con leggi proporzionali abbinate a decisivi correttivi maggioritari. I sistemi misti - che combinano al loro interno elementi proporzionali e maggioritari - sono infine tipici di Ungheria, Romania e Lituania. La dichiarazione del capogruppo del Partito democratico al Senato, Luigi Zanda, (“Una legge proporzionale ci allontanerebbe dall'Europa”, ha detto), non trova perciò fondamento all’interno del quadro appena descritto.

 

CAMBIAMENTI E RIFORME

Ai blocchi di partenza c’è quindi l’ennesimo dibattito sull’ennesima riforma elettorale: il nostro paese appare avvitato su una eterna discussione riguardo le regole del gioco. Una peculiarità tutta italiana oppure condivisa con altri partner europei?

La Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d'Europa che si occupa di legislazione elettorale, all’interno del suo Codice di buona condotta in materia elettorale (art. 63) prescriverebbe in realtà il principio della stabilità, “un elemento importante per la credibilità di un processo elettorale, ed è essa stessa essenziale al consolidamento della democrazia. Infatti, se le norme cambiano spesso, l'elettore può essere disorientato e non capirle, specialmente se presentano un carattere complesso”. Proprio per questo motivo un gran numero di paesi ha reso più rigide le procedure di modifica delle regole elettorali o, in 17 su 28, ha addirittura costituzionalizzato i propri princìpi elettorali di riferimento. Per esempio la Grecia, dove eventuali modifiche entrano in vigore solo dopo due tornate elettorali per evitare comportamenti opportunistici da parte dei partiti.

Ciononostante, le modifiche normative dal Dopoguerra a oggi sono state numerose: da allora ogni paese preso in considerazione ha cambiato le proprie leggi in media una volta ogni quattro anni (per un totale medio di circa 14 aggiustamenti). Il primato spetta per distacco ai Paesi Bassi, dall’alto dei loro novanta aggiustamenti. Una spiegazione coerente in realtà però c’è: tutte queste variazioni hanno riguardato in modo particolare la dimensione delle circoscrizioni, la struttura delle liste dei partiti, le regole riguardo le preferenze degli elettori. Sono stati cambiamenti limitati e in molti casi puramente tecnici: nulla a che vedere con gli stravolgimenti dell’intero impianto elettorale tipici del nostro paese dagli anni Novanta in poi. Esempi paragonabili di sistemi altrettanto labili si presentano soltanto nei paesi più democraticamente giovani: la Croazia passata da un doppio turno in collegi uninominali a un proporzionale con liste bloccate nel 1999; la Bulgaria che si è trasformata da un sistema misto ad un proporzionale (1991) per poi tornare sui propri passi diciotto anni dopo ed infine rivolgersi nuovamente al proporzionale nel 2011; la Romania passata nel 2008 da un proporzionale a un sistema misto.

 

PAROLA ALLA CORTE

Tornando all’Italia, quanto può definirsi ordinaria amministrazione affidarsi in modo così frequente a un potere giurisdizionale quale è la Corte costituzionale per le modifiche in materia elettorale? Se fino al 2014 la legislazione elettorale era considerata una zona franca per il potere giudiziario ora sembra chiaro, dopo le sentenze sul Porcellum e da ieri sull’Italicum, come non sia più così. Si tratta di un trend comune a numerosi paesi occidentali: la debolezza della sfera politica trova un’ancora nella sfera giuridico-giudiziaria, basti pensare anche alla recente sentenza della corte inglese sulla Brexit. Rimanendo all’interno del panorama europeo, la Bulgaria ha assistito a tre sentenze recenti: nel 2001 per incombenze economiche ritenute eccessive per i candidati, nel 2009 sulla soglia di sbarramento all’8 per cento giudicata eccessiva, e nel 2011 riguardo ai rimborsi elettorali. Altri esempi sono la sentenza preventiva della Corte della Romania del 2012 e quelle espressa dalla Corte tedesca, più recentemente nel 2008 e nel 2012, riguardo la previsione di seggi aggiunti dal meccanismo maggioritario e la possibile violazione dell’uguaglianza del voto. Esempi di certo non alla portata del caso italiano, che ha visto modificare la natura stessa del sistema elettorale ben due volte.

La partita per la legge elettorale italiana rimane dunque apertissima. La sfida in capo alle forze politiche è ancora una volta quella di trovare una soluzione condivisa capace, in particolare, di permanere nel lungo periodo e di assicurare la certezza del diritto in campo elettorale.

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