Foto LaPresse

Inutile parlare di classe dirigente in un paese senza guida editoriale

Giuliano Ferrara

Il direttore del Corriere grillescamente contro il vincolo di mandato, nella rubrica delle lettere, e l’erede di Scalfari che lancia l’uomo solo al comando via sondaggi e Diamanti, ce li potevamo risparmiare, no?

Voglio dire, Luciano Fontana è un simpatico Bartleby che preferisce fare piuttosto che no, e Marione Calabresi è proprio un bravo figliolo. Il pezzo di Sergio Romano sui populisti effimeri (Corriere) era squisito, per esempio, e alla Repubblica, quando si dimenticano per mezza giornata di mezzo Saviano, e piazzano un buon Ezio Mauro, fanno un parapiglia. Ma il direttore del Corriere grillescamente contro il vincolo di mandato, nella rubrica delle lettere, e l’erede di Scalfari che lancia l’uomo solo al comando via sondaggi e Diamanti, bè, ce li potevamo risparmiare, no? De Benedetti secondo me lo sa, ma l’editore Urbano Cairo, una promessa sempre mantenuta finora, deve essere informato del fatto che Gribbels è buono per gli ascolti di Alice nel paese delle meraviglie, Mentana e Crozza, ma la borghesia consumadora d’Italia ha espresso altro contenuto alla testa del giornalone di via Solferino: Montanelli, Spadolini, Ottone, Mieli, De Bortoli, parlando con pardon. Bisogna vendere, lo sappiamo, e anche convincere, però inutile parlare di classe dirigente in un paese senza guida editoriale. Va bene, l’effimero tira. Ma non stiamo esagerando? Tutto a posto per la cronaca, mai così nera e dolorosa, ma la ricostruzione dell’Italia in Europa è una questione che Fontana e Calabresi dovrebbero non dico disbrigare, non è affar loro né nostro, ma raccontare come problema di ogni giorno.

Invece siamo un po’ tutti al di sotto del nostro stesso livello. La spariamo così come viene. Accontentiamo casta e anticasta con mezzucci spesso improbabili. E’ un mestieraccio, siamo tutti artigiani più o meno di successo, eppure a qualcosa dovrebbe servire. La faccenda del vincolo di mandato mandato affanculo da una setta privata che spaccia sue candidature al governo del paese non te la puoi sbrigare nelle letterine, colpo al cerchio colpo alla botte, per dire che i transfughi sono cattivi e qualcosa bisogna pur fare. La gente non ama i cambi di casacca, che però sono un tema politico, forse morale, non possono essere elusi con una penale nel nome di Jean-Jacques Rousseau. Ovvio. La democrazia rappresentativa, specie dopo la sentenza della Corte di Londra sulla Brexit, che rinvia la decisione vera a una House of Commons dove il vincolo di mandato sarebbe considerato come la ghigliottina, dovrebbe essere considerata con attenzione, cura analitica, dalla plancia di tanto organo di stampa. E sull’uomo solo al comando, come si fa a non ricordare che l’ultimo progetto legato a una leadership personale, dopo Craxi e Berlusconi, e se volete anche Fanfani, è naufragato specie tra i giovani cazzoni che ora, secondo i sondaggi di pronta beva, vogliono un Trump o un Grillo alla guida della nave quando appena ieri consideravano Renzi come un giovane e indisponente e pericoloso Bonaparte?

I giornali vendono poco. Forse a un euro venderebbero di più. E se le donnine di Jack O’Malley dilagassero in prima, farebbero furore. Se a ogni curva il volante rispondesse con un pezzo di dodici righe, per lettori di dodici anni, le cose andrebbero sicuramente meglio. Se parlassimo come Trump, in un jerkish fatto di 77 parole, come dice Philip Roth, saremmo tutti eletti. Però ci sono la storia, la cultura, che secondo l’ex ad di Repubblica Renzi ha trascurato, trattato come ingombri, e allora questo vale per tutti. Non basta l’amaca deliziosa e letteraria sopra la testata, che tra l’altro così non so perché si legge di meno, serve la mano del conducente al quale nessuno può intimare di non fare osservazioni, specie se sta sempre al telefonino. Fatevi coraggio, insigni direttori, provate a comunicarci come la pensate, ottimisti o pessimisti, e aiutateci a pensare il mondo e la patria in pericolo con altro che non siano petardi o pernacchi.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.