Comizio di Alessandro Di Battista in Piazza a Oristano (foto LaPresse)

L'ingresso del Financial Times nel meraviglioso fronte del No

Claudio Cerasa
Da Brunetta a Zagrbelsky, chi dice che bisogna votare No perché il fronte del Sì è il fronte dei poteri forti, oggi esulta per la presa di posizione del quotidiano inglese. Dimenticati i bei tempi in cui i campioni del No lo definivano “un giornale che non ne azzecca mai una".

Al direttore - “Care amiche e cari amici del Movimento 5 Stelle, lo straordinario risultato del voto amministrativo attribuisce al vostro Movimento una grande responsabilità: dare un contributo decisivo alla principale battaglia democratica che aspetta il Paese, cioè il referendum costituzionale […]”. Per chi l’avesse dimenticato, è l’incipit dell’appello lanciato il 16 giugno scorso dal Consiglio di presidenza di Libertà e Giustizia (prime firme Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Lorenza Carlassare, Nadia Urbinati) per costruire, nelle piazze e nella rete, “un’opposizione popolare ad una revisione costituzionale divisiva e imposta da un parlamento delegittimato”. “Per affermare le ragioni del No – prosegue l’appello – il ruolo del Movimento appare cruciale”. Naturalmente, le integerrime Vestali della nostra Costituzione fanno finta di non sapere che il M5s è tecnicamente un’autocrazia, si prefigge di cancellare l’articolo 67 della Carta (introducendo il vincolo di mandato), oppone alla democrazia rappresentativa la democrazia diretta (sotto forma di un delirante sovietismo del clic). Ma che importa? Infatti, per Zagrebelsky e soci “è vitale che il primo partito d’Italia [ormai ne sono certi] sappia guardare all’interesse della Repubblica: mostrando senso di responsabilità, lungimiranza e amore per le istituzioni e il bene comune dei cittadini”. Ricordate “Il tradimento dei chierici” di Julien Benda? Nel 1927 lo scrittore francese se la prendeva contro i rappresentanti di quella corporazione intellettuale che fa politica al riparo della sua presunta superiorità e imparzialità. Novant’anni dopo, in Italia sembra ancora afflitta dallo stesso vizietto.


Michele Magno

 

 

Dettagli spassosi: il fronte del No, dopo aver speso fiumi di inchiostro a dimostrare che bisogna votare No perché il fronte del Sì è il fronte dei poteri forti, oggi esulta e si rallegra per cosa? Per l’ingresso del Financial Times nel meraviglioso fronte del No. I campioni del No, da Brunetta a Zagrebelsky, ci insegnano da anni che i poteri forti, guidati ovviamente dalla massoneria, dal Bilderberg, dalla Trilateral, dalle lobby dei banchieri, lavorano per lo sfascio del paese e anche per questo da tempo i Brunetta definiscono il Financial Times, pensando probabilmente ai molti editoriali di elogio dedicati negli ultimi anni a Gianfranco Fini, a Giulio Tremonti, a Luigi Di Maio, “un giornale che non ne azzecca mai una, si pensi ai fiumi di parole scritti sulla Brexit”. Risate.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.