Milano (foto Michele M. F. via Flickr)

Grillo e Salvini non esistono, la destra è Parisi e la sinistra Pisapia. Sicuri che Milano sia in Italia?

Salvatore Merlo
Osservare il capoluogo lombardo, che pure è la città dove l’antipolitica era brutalmente nata negli anni Novanta, oggi è come guardare a un altro pianeta, a una Repubblica indipendente, a uno stato estero.

C’è un posto – ed è in Italia! – dove non esiste la politica dell’assurdo, dove le amministrazioni comunali non esplodono su uno scontrino o per una raccomandazione dell’avvocato Sammarco, dove gli avvisi di garanzia sono trattati per quello che sono, cioè garanzie per l’indagato (che non è un colpevole), e dove se si dimette un assessore comunale ovviamente non scoppia un pazzotico quarantotto di veleni e accoltellamenti nell’ombra tra compagni di partito. Insomma c’è – ed è in Italia, anche se non pare – uno strano posto dove non si è verificato il totale sfondamento anche estetico della vita pubblica, il dadaismo abbrutito dei linguaggi, dove non esiste il vaffanculo di Beppe Grillo né la ruspa di Matteo Salvini, dove il Movimento cinque stelle non se lo fila nessuno, un luogo dove persino la Lega non è un convulso mondo di ribellismo e parole forti, ma un apparato di diplomazie e di governo amministrato da Roberto Maroni, quello che stringe la mano al presidente Sergio Mattarella mentre elogia “la politica mite che non è affatto una politica debole”.

 

E allora davvero, oggi, per chi vive a Roma, insomma in Italia, tra la le cartoline illustrate di uno smottamento e di un cataclisma di modi, di lingua e di classe, osservare Milano, che pure è la città dove l’antipolitica era brutalmente nata negli anni Novanta con Mani pulite, oggi è come guardare a un altro pianeta, a una Repubblica indipendente, a uno stato estero: l’unica città italiana dove le società internazionali di consulenza consigliano d’investire (secondo Pwc è la diciottesima nel mondo per opportunità e condizioni favorevoli), una città che tiene ferme le necessità e il primato delle istituzioni pur sapendo tenersi aggrappata ai mondi vitali del consumo, della pubblicità, dello spettacolo, della moda e degli affari, come sanno i veri ricchi del mondo, anche i cinesi, che infatti è a Milano che comprano le squadre di calcio. Ed è a Milano, desiderosa di plasmarsi, di acquisire sempre una personalità individuale e sempre nuova, che si ricercano e promuovono le novità, anche a discapito di altre città italiane, come Torino, che dovrà cederle il salone del libro, perché così vogliono le case editrici, cioè quel mercato che per sua natura è sempre alla ricerca della migliore e illuminata delle vetrine possibili. E non è infatti un caso se è proprio a Milano che qualcuno vorrebbe celebrare quello spettacolo di bellezza e di emozioni che sono le Olimpiadi, le stesse che invece Roma, lei che ne avrebbe bisogno per riscoprirsi capitale del mondo e non della mondezza, rifiuta, accucciata com’è in un’aggressiva retorica d’inefficienza e sottosviluppo lamentoso.

 

E certo anche a Milano chiudono negozi e alcune librerie, le periferie sono talvolta pozzi di marginalità e d’ingiustizia dove le case popolari vengono occupate dai nomadi o dai centri sociali, eppure sui navigli sono scomparsi da tempo quei grossi roditori che sulle sponde del Tevere invece zampettano e sfamano i gabbiani, e la stazione Garibaldi, in fondo a corso Como, è un posto dove si cammina con il naso all’insù per via di quelle torri belle e moderne che sono per la borghesia milanese un nuovo, ambizioso e sott’inteso invito a dare la scalata al cielo, come fu il Pirellone negli anni del Boom. Ma non è solo l’urbanistica, che come tutti sanno è la disciplina che aiuta a leggere il mondo. Anche la politica, come si diceva, rende Milano un luogo singolare, estraneo alla civiltà italiana del malumore e delle urla. A Milano la destra non frequenta CasaPound, non ha la cadenza di Giorgia Meloni, né le inflessioni grevi e reduciste dei berlusconiani ormai scaricati anche da Berlusconi, ma ha la faccia garbata e la misura di Stefano Parisi. E la sinistra, poi, la sinistra si riconosce in Giuliano Pisapia, l’ex sindaco mite e galantuomo. Sicuri che Milano sia ancora in Italia?

 

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.