Il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

Assedio a Renzi

Redazione

Le correnti del Pd in agitazione per la prima volta iniziano a ragionare sottovoce su cosa fare se tra cento giorni non ci sarà più il governo Renzi

La direzione del Partito democratico convocata domani da Renzi al largo del Nazareno avrà un tema all’ordine del giorno che non comparirà ufficialmente nel programma della direzione ma che sarà per la prima volta il vero filo conduttore non solo della giornata ma anche dei prossimi cento giorni di vita del Pd (tanti ne mancano al referendum costituzionale): l’assedio a Renzi. Non è ancora un complotto, non è ancora un tentativo di defenestrarlo, non è ancora un vero sgambetto ma chi conosce bene le dinamiche del governo e del Pd vede nelle ore successive alla sconfitta di Renzi alle amministrative molte delle dinamiche distruttive che hanno portato nel 2014 alla caduta di Enrico Letta.

 

Il governo non è in bilico, nonostante sia stato battuto oggi al Senato su un ddl di ratifica di 5 accordi internazionali in materia di lotta al terrorismo (sono mancati i voti di Ala e di alcuni senatori di AP) e nonostante il capogruppo del Pd Luigi Zanda abbia accusato gli alleati di aver messo in atto “una manovra politica”. Il percorso è più complesso: gli azionisti di maggioranza del Pd renziano (Area Dem e tutte le altre correnti) chiedono un maggiore spazio nel Pd e anche nel governo e iniziano a muovesi autonomamente ragionando su una possibile caduta del presidente del Consiglio tra cento giorni. Come risponderà Renzi?

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