Alvise Maniero dopo essere stato eletto sindaco nel 2012 (foto LaPresse)

Morale in Movimento

Toh, “spunta” un sindaco M5s rinviato a giudizio. Lo Staff a purghe alterne

Luciano Capone
Alvise Maniero di Mira è a processo, ma per lui niente metodo Pizzarotti. Comune che vai, regola che trovi.

Roma. “Se mi rinviano a giudizio mi dimetto immediatamente”. Stando alle parole di Filippo Nogarin, il sindaco di Livorno indagato per bancarotta fraudolenta, è quindi il rinvio a giudizio, e non più l’avviso di garanzia, la linea del Piave del Movimento 5 stelle. Ma basta spostarsi sulla Riviera del Brenta, a Mira, e anche questa regola (non scritta) non vale più. Il sindaco grillino della cittadina veneta, Alvise Maniero, è ormai sotto processo da quasi due anni, rinviato a giudizio per lesioni colpose e inosservanza delle norme antifortunistiche, e nessuno nel partito o alla Casaleggio Associati ha mai parlato di dimissioni, sospensione o espulsione. La storia ha origine da un tragico incidente. La sera del 20 luglio del 2012 un ragazzo si arrampica con due amici sul tetto della piscina comunale, chiusa per lavori di ristrutturazione, e precipita nella vasca vuota dopo aver poggiato un piede sul lucernario che non regge il peso. Il volo di 10 metri provoca al giovane danni gravissimi, ora è tetraplegico e con lesioni cerebrali, e porta la procura ad accusare il sindaco e altri sei imputati di lesioni colpose per non aver valutato i rischi del cantiere e non aver predisposto le misure di sicurezza necessarie a impedirne l’accesso. Il processo è in fase avanzata, la prossima udienza è a fine mese, ma il sindaco rimane al suo posto. Le regole non scritte, che al dissidente Pizzarotti si applicano, per i fedeli Nogarin e Maniero si interpretano.

 

La vicenda del sindaco di Mira mostra ancora una volta come lo standard sia in realtà nient’altro che l’arbitrio di un’entità impalpabile, lo “Staff di Beppe Grillo”, che purga le poche voci critiche e autonome in base alle non-regole non-scritte di un non-statuto. Per Nogarin si può aspettare fino al rinvio a giudizio – in deroga al metodo Davigo (“la presunzione d’innocenza non c’entra nulla coi rapporti politici”) e al metodo Di Maio (“non sono a favore della presunzione d’innocenza per i politici. Se uno è indagato deve lasciare”) – mentre Pizzarotti viene messo alla porta per non aver comunicato allo “staff” di aver ricevuto un avviso di garanzia. Ma si tratta dello stesso comportamento tenuto dal sindaco di Pomezia Fabio Fucci, che non ha comunicato al Blog & Associati di essere stato indagato, ma che, a differenza di Pizzarotti, è stato risparmiato. Il caso del sindaco di Mira li supera tutti: nessuno ha discusso della sua iscrizione nel registro degli indagati, in nome della trasparenza assoluta (linea Pizzarotti), né sono arrivate le dimissioni dopo il rinvio a giudizio (linea Nogarin).

 

Nel M5s Alvise Maniero ha un doppio record: è il sindaco più giovane e anche il primo sindaco imputato (che però resta inchiodato alla poltrona). Siamo ben oltre le colonne d’Ercole di “disciplina e onore” erette da Marco Travaglio: “In caso di  richiesta di rinvio a giudizio, o di rinvio a giudizio da parte del giudice terzo, dovrebbero dimettersi”. Ma il caso Maniero, oltre a mettere in evidenza il doppio e triplo standard morale che varia in base al grado di fedeltà ai server milanesi, mostra l’impossibilità per i grillini di governare seguendo regole strampalate. Dei primi quattro sindaci eletti alle amministrative del 2012, Marco Fabbri di Comacchio è stato cacciato per essersi candidato alla provincia, Pizzarotti di Parma è stato messo alla porta per un avviso di garanzia non denunciato e Maniero di Mira dovrebbe essere espulso perché sotto processo. L’unico che può ripresentarsi agli elettori col bollino di partito è il sindaco del piccolo comune di Sarego, a meno che non gli capiti qualcosa prima della fine del mandato. E più o meno allo stesso modo vanno le cose nei comuni conquistati nelle tornate successive: Livorno scricchiola con un sindaco indagato e una maggioranza che si regge su un solo voto in più a causa delle continue epurazioni, a Quarto il sindaco Rosa Capuozzo è stato espulso per non aver denunciato le presunte minacce di un consigliere del M5s, e a Gela il sindaco Domenico Messinese è stato cacciato per aver firmato un accordo con l’Eni. Più che il Movimento 5 stelle, sembra il Movimento 10 piccoli indiani.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali