Giorgia Meloni ospite a Porta a Porta (foto LaPresse)

La via berlusconiana per vincere a Roma? Tagliare (un po') le tasse

Alessandro Giuli
Schierati i tre candidati del centrodestra a Roma: Bertolaso, Meloni e Marchini. Non è ancora nota la strategia del Cavaliere, ma punterà probabilmente su fisco, sicurezza, scuola e cultura.

I triumviri romani del Cav. sono destinati a incontrarsi nella terra di nessuno, per fare pace e trovare un accordo oppure voltarsi le spalle tristi. Pena la rotta completa, che forse è il segreto nascosto nel cuore di Silvio Berlusconi. O forse no. Giorgia Meloni, la valchiria di Garbatella. Guido Bertolaso, l’homo faber al quale il sovrano brianzolo dalla corona ammaccata vorrebbe consegnare le chiavi di un regno spopolato ma ancora rivitalizzabile. Alfio Marchini, l’allogeno pietrificato in un sorriso che convince ma non vince. Sono loro i candidati principali del centrodestra per il Campidoglio, e di loro si sa quasi soltanto che sono testardi: nessuno vuole cedere il proprio scettro invisibile. I retroscenisti però assicurano che saranno i sondaggi a scongiurare l’assurdità della competizione fratricida, delle primarie fuori tempo massimo che consegnerebbero Roma ai Cinque stelle (Virginia Raggi), se non a quel che resta del Pd, al volto generoso di Roberto Giachetti.

 

Con ciò si esce dalla fantasy politica e si atterra nella prosa della realtà. La Meloni è la più forte nella Capitale, ha più chance di vincere e, rispetto agli altri, ha comunque meno da perdere in caso di perdurante guerra civile nella ex coalizione. Il suo incubo, in realtà, è la vittoria. O meglio: come amministrare il peso enorme di una eventuale affermazione. Bertolaso corre il rischio di finire impiccato alle sue pendenze giudiziarie, ma più ancora d’incatenare la sua allure nazionale all’immagine romana di un mondo sconfitto e derelitto. Marchini è il più debole, ma pure il più furbo di tutti. Correrà da solo al primo turno, lo farà tuttavia avendo in tasca un accordo per mettere a disposizione altrui il suo non disprezzabile gruzzolo di voti. Ergo: è sempre pronto a negoziare, basta prenderlo per il lato giusto. La Meloni ci sta provando, gli ha offerto un ruolo da vicesindaco, e lui fa bene a rifiutare adesso per vedere come rilanciare più avanti.

 


Guido Bertolaso e Giorgia Meloni (foto LaPresse)


 

Fin qui la tattica del pre-partita. Ma la strategia? E’ presto per scoprire le carte, troppe sono ancora le variabili in bilico. Eppure un minimo di schema bisognerà costruirlo in anticipo. Quale che sia la donna o l’uomo del destino berlusconiano – perché alla fine è sempre lui il signore del sì e del no –, sappiamo che la chiave della sua vittoria sta nell’allargamento dei consensi lungo la linea di confine in cui la propria identità scolora. Meloni non spiace troppo agli orfanelli della sinistra legalitaria e anti Pd, ma sa bene che le conviene puntare sul ventre molle degli scontenti meno ideologizzati annidati al centro e non solo lì. A lei, più che a Marchini e Bertolaso, converrebbe dunque lanciare una proposta urca-berlusconiana: l’abbassamento delle tasse comunali, che sono tante, troppo alte e variegate. Obiezione: con il bilancio abissale di Roma, ci sono margini di manovra praticamente impercettibili.


Alfio Marchini (foto LaPresse)


 

Contro-obiezione: l’evasione fiscale di Roma e provincia vale circa 8,6 miliardi di euro (260 milioni di Iva non pagata), e stiamo parlando di tasse non comunali, anch’esse molto evase (pensate alla Tares). Si potrebbe quindi ancorare l’abbassamento delle imposte al ritorno nella Capitale di una quota dell’eventuale surplus di gettito generale? Servirebbe un accordo con Palazzo Chigi, o qualcosa del genere. Ma perché non studiare almeno il dossier? Quanto poi al pericolo che i romani detassati non rispondano all’offerta (che non è uno scudo fiscale!), sapranno fin dapprincipio che in tal caso l’impegno verrà sospeso.

 

Insomma si tratta d’immaginare un patto con la cittadinanza – durata: un anno – con il quale ossigenare le tasche in cambio di onestà durevole: è meglio della delazione, e certo non impedisce (tutt’altro!) di procedere a drastici tagli sulle aree parassitarie di municipalizzate e affini. L’ideale sarebbe fare d’ogni imposta una tassa di scopo (modello canone Rai, peraltro mai davvero applicato) e rendere tracciabile ogni destinazione. In parte già avviene, ma non è sufficiente.

 

Dopodiché vengono la sicurezza, la riforma delle graduatorie negli asili nido, le piccole e grandi ruptures culturali da praticare aprendosi a uno scrigno d’intelligenze neglette dal settarismo della sinistra (citofonare al fantastico mondo di Francesco Rutelli), le sfide della fantasia e gli azzardi della giovinezza. Il tutto incorniciato dal lucente tremore che provoca la prospettiva di governare la città più importante della storia occidentale. Auguroni.