Renato Brunetta (foto LaPresse)

Così si è infranta la destra italiana

Redazione

Dal giustizialismo alla gogna moralista per gli imprenditori in fuga dal fisco, passando per l’intoccabilità della Costituzione. Deriva di un centrodestra deberlusconizzato.

 

Pur comprendendo che un’opposizione cerchi di sfruttare le difficoltà incontrate da chi governa, non si riesce a capire dove pensi di andare il centrodestra che oramai in tutte le sue componenti ha adottato una linea di scontro frontale in cui non si riconoscono più i tratti fondamentali della propria esperienza politica post 1994. Presentare mozioni di sfiducia a ripetizione seguendo il ritmo scandito dalle offensive giustizialiste sembra una parodia di quello che il centrodestra di governo dovette fronteggiare a suo tempo da parte dell’opposizione di allora. Nel momento attuale, poi, in cui è centrale la questione dell’autonomia delle procedure politiche e parlamentari, che non possono essere dettate dalle prevenzioni “ecologiche” della magistratura, risulta a maggior ragione incoerente il comportamento di oggi se confrontato con l’accanita e giusta difesa delle prerogative parlamentari che fu condotta a suo tempo dal centrodestra.

 

Inoltre, nel merito della questione che è al centro del referendum sulle concessioni petrolifere, è difficile riconoscere lo spirito produttivista tipico dello schieramento moderato che ora preferisce accodarsi alle fanfaluche dei No Triv. Fa una certa impressione sentire ex ministri plaudire a slogan demenziali come “acqua sì, petrolio no”. Cadere nella trappola del giustizialismo in salsa ecologista o è sintomo di sbandamento culturale o di cinismo opportunista. Però abbandonare la propensione produttiva dei ceti moderati che rappresentano l’ossatura elettorale tradizionale del centrodestra (e paradossalmente in modo ancora più marcato della Lega) è un errore che può avere conseguenze irrimediabili.

 

Persino sulla questione delle delocalizzazioni industriali, che venivano affrontate in passato cercando di rendere più conveniente la permanenza degli impianti in Italia, ora si butta tutto in politica, denunciando un’ipotetica obiezione morale degli stessi imprenditori.

 

La ciliegina su questa immangiabile torta di demagogia irresponsabile è la battaglia contro la riforma costituzionale che supera il bicameralismo ripetitivo e cerca di mettere un minimo di ordine nei rapporti tra i diversi livelli di governo. Questo è stato l’asse della battaglia riformatrice del centrodestra, che fu osteggiata con gli stessi argomenti paleocostituzionali da tutti i parrucconi che rifiutano il principio basilare di una democrazia governante (che già avevano combattuto denunciando il “decisionismo” di Bettino Craxi).

 

Fa davvero impressione sentire coloro i quali furono vittime di queste campagne giorotondine e reazionarie accodarsi ai loro tradizionali nemici. Sembra che il tramonto di Berlusconi abbia avuto lo stesso effetto del sonno della ragione che genera mostri.