Le (tante) segrete notti dei lunghi coltelli a Botteghe Oscure

Sergio Soave
Un libro di Ugo Finetti indaga il dibattito interno al Pci seguendo come traccia le “vite parallele” di Berlinguer e Napolitano

La vicenda del Pci, la sua prevalenza tra le forze di sinistra, è stata la principale “anomalia” italiana nel quadro europeo. Ugo Finetti esplora i caratteri del dibattito interno al Partito che si sviluppava durante le riunioni della direzione, seguendo come traccia le “vite parallele” di Enrico Berlinguer e di Giorgio Napolitano, i due “cavalli di razza” che si sono alleati e combattuti nel corso di almeno tre decenni. Centrale nell’analisi di Finetti sono il rifiuto della socialdemocrazia – considerata inaccettabile perché rinunciataria – e i tentativi di aggirare attraverso accordi con la Dc e il Pri il problema di un’intesa con il socialismo italiano, una volta tramontata dopo il 1956 la tattica del frontismo. L’interesse particolare dell’esame relativo all’andamento delle riunioni della direzione comunista nasce dalla conoscenza delle reali divergenze interne al gruppo dirigente, tenute celate allora ai militanti e all’opinione pubblica, e che proprio per la libertà assicurata dalla segretezza si sono espresse in contrapposizioni talora radicali. Il fatto che poi, nei rapporti con l’esterno e con la base, queste differenze risultassero attenuate e mimetizzate fino a quasi scomparire, fa sorgere domande che si riverberano anche sulla politica attuale, talmente esposta alle curiosità da nascondere proprio nell’eccesso delle esternazioni la sostanza dei contrasti e degli accordi. Sia Palmiro Togliatti sia Enrico Berlinguer nella fase iniziale della loro segreteria seppero usare le tendenze divergenti come strumenti per sondare e consolidare rapporti con altri settori politici, mantenendo una forte egemonia del “centro” identificato quasi misticamente con la figura del segretario. Nella fase finale della loro segreteria, terminata solo con la morte, ambedue persero questa capacità e ripiegarono su una gestione affidata più a un apparato di segreteria che all’equilibrio tra i temperamenti diversi. E’ una parabola che si può riscontrare in quasi tutti i partiti anche oggi, anche se termini giornalistici irrispettosi come “cerchio magico” si attagliano con difficoltà alla seriosità dei tempi e dei caratteri dei dirigenti del Pci.

 

La questione che ha appassionato di più gli storici, il rapporto del Pci con il Pcus, viene esaminato nella sua evoluzione con l’apporto di documenti finora non pubblici e questo consente di chiarirsi le idee su una fedeltà ideale accompagnata dalla tendenza, già forte in Togliatti, di esercitare una funzione originale e non solo di subire un’egemonia indiscutibile. L’altro punto interessante è la questione della sintonia del Pci con i cambiamenti delle realtà sociali del paese. Se si verifica una maggiore capacità del Pci di dare uno sbocco politico alle inquietudini del ’68 studentesco e del ’69 operaio, rispetto a un Partito socialista unificato che proprio in quel versante finì col disperdere nuovamente le sue forze, si vede al contrario come di fronte alle novità del decennio successivo fu Bettino Craxi a interpretare meglio le esigenze di rinnovamento, mentre Berlinguer finiva – dopo il fallimento della solidarietà nazionale – per rifugiarsi in una predicazione moralistica che finì col creare la rottura con Napolitano e con l’area di destra del Pci. Pur nella constatazione critica della gabbia in cui restava chiuso, il dibattito interno al Pci di quegli anni esprime un livello di serietà e di impegno che merita rispetto e considerazione, il che non sfugge all’analisi attenta e critica – ma non faziosa – di Finetti.

 

Il libro di Ugo Finetti sarà presentato oggi a Milano in un dibattito con l’autore dal titolo “Eredità, lacci e nuove prospettive della sinistra italiana”. Partecipano Daniela Mainini, Umberto Ambrosoli, Piero Borghini, Carlo Cerami e Sergio Scalpelli. L’appuntamento è a Palazzo Affari ai Giureconsulti di Piazza Mercanti, ore 18.

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