David Cameron e Matteo Renzi (foto LaPresse)

Renzi e il partito del pigiama

Claudio Cerasa
Terrore e immigrazione. Lezione blairiana di Cameron all’occidente in pantofole. La prima cosa che Cameron ha fatto – il presidente del consiglio prenda appunti – è quella di chiamare le cose con il loro nome a costo di prendere a calci il politicamente corretto.

David Cameron è un leader con le palle che nel giro di pochi mesi ha fatto due cose che nessun altro capo di governo europeo è riuscito a fare con la stessa fermezza e con la stessa intelligenza. La prima cosa che Cameron ha fatto – Renzi prenda appunti – è quella di chiamare le cose con il loro nome a costo di prendere a calci il politicamente corretto e a costo di mettere a nudo la grande ipocrisia occidentale quando ci si occupa di terrorismo stando attenti a sussurrare l’aggettivo islamico. Cameron lo ha detto più volte e lo ha fatto capire senza possibilità di fraintendimenti: l’occidente non riuscirà mai a combattere in modo definitivo il terrorismo se non capirà che alla radice del fondamentalismo c’è un’ideologia che si chiama islamismo: “Troppo spesso – sostiene Cameron – ci è mancata la forza di rafforzare i nostri valori, per paura che potessero causare qualche offesa”. La seconda lezione, che si collega direttamente alla prima e si collega direttamente anche al tema dell’immigrazione, è una lezione ancora più cruda e ancora più sincera e se si vuole la si può tradurre così: sappiamo perfettamente che di fronte a un esodo come quello che stiamo osservando in questi mesi occorre declinare in modo intelligente la parola accoglienza ma se non vogliamo ricoprirci gli occhi di bacon dobbiamo ammettere che non si può accettare che questo esodo sia eterno e bisogna riconoscere che prima o poi bisogna fare i conti con un medio oriente dove da anni i fondamentalismi islamici hanno reso impossibile la vita a centinaia di migliaia di persone. Cameron, come avete letto anche su questo giornale, due giorni fa ha scelto di essere coerente con se stesso e – dopo aver mostrato anche le immagini di alcuni jihadisti britannici uccisi ad agosto a Raqqa – ha deciso in modo unilaterale di intensificare la guerra dal cielo contro il così detto Stato islamico. Il ragionamento è lineare: l’immigrazione non la si risolve solo con il guanto dell’accoglienza ma la si affronta anche con il guanto della guerra. Una volta messe in fila le parole del capo del governo inglese abbiamo ascoltato con stupore la posizione del capo del governo italiano che due sere fa ha detto che l’Italia non partecipa a iniziative come quelle che Francia e Gran Bretagna hanno annunciato di studiare. A mio giudizio occorre che la comunità internazionale abbia un progetto di lungo termine. Le iniziative spot servono e non servono”. Renzi ha ragione quando dice che l’iniziativa di David Cameron e François Hollande somiglia molto a uno spot ma commette un errore a rispondere con un altro spot forse persino più clamoroso.

 

Lo spot di Cameron e Hollande è vero. Per combattere lo Stato islamico non bastano i droni, bisognerebbe andare sul campo, mettere gli stivali sul terreno, come in fondo la Francia fa in alcuni paesi, vedi il Mali, dove Hollande i boots on the ground li ha messi eccome. Ma Renzi commette un errore politico e anche strategico nel non ricordarsi che un leader che sogna di vestire i panni del nuovo Blair ha il dovere di non coprirsi gli occhi di fronte all’orrore e al terrore e di indicare lui per primo che soluzione occorrerebbe mettere in campo per evitare l’effetto spot ed evitare che ciò che oggi accade in Siria diventi l’emblema di quello che rischia di diventare il medio oriente: un terreno dove il non interventismo americano e occidentale ha contribuito a far esplodere una guerra fratricida tra due opposti fondamentalismi che da anni si macellano l’uno contro l’altro. “Quel che credo – ha detto Blair nel 2003 dopo l’intervento in Iraq, quando l’America sullo scacchiere internazionale era considerata un paese interventista e non ancora in pantofole – è che i politici di centrosinistra non devono lasciare che la politica economica sia dettata dai no global e la politica estera dall’anti interventismo sul modello americano”. Nell’èra dell’ascesa dei Jeremy Corbyn per i leader riformisti e post blairiani che vogliono guidare l’Europa non basta essere dalla parte giusta della storia sull’economia (no Varoufakis in my house) ma bisogna essere dalla parte giusta della storia anche sulla politica estera, per evitare di alimentare i disastri generati da quella dottrina obamiana del leading from behind, i cui riflessi, per quanto riguarda la Siria, sono stati perfettamente sintetizzati ieri dal Washington Post (leggere sul tema l’articolo di Paola Peduzzi): “In questi anni Obama ha presieduto a un disastro umanitario e culturale di proporzioni epocali, ma ha anche sedato i cittadini statunitensi, sino a renderli del tutto insensibili rispetto a ogni forma di responsabilità per la tragedia”.

 

[**Video_box_2**] La giustificazione con cui David Cameron ha spiegato lunedì alla Camera dei Comuni la ragione che ha portato l’Inghilterra ad attivarsi con più forza sul terreno siriano suona simile a quella che diedero i New Labour prima dell’intervento in Iraq – “The plot is a clear and present danger to the security of british people” – e se c’è un tema sul quale la minoranza del Pd di rito kosovaro-dalemiano potrebbe fare le pulci al premier è proprio questo: la necessità di ricordare che se accetti di accogliere migliaia di persone in fuga dal fanatismo non puoi voltare la testa dall’altra parte e non mettere a fuoco cos’è davvero quel fanatismo. “Per tre anni siamo rimasti a guardare la Siria discendere nell’abisso e mentre scendeva ci portava lentamente con sé. Dobbiamo mettere da parte le differenze del passato e agire ora per salvare il futuro”. Le frasi tra virgolette sono ancora di Tony Blair e sono state messe in fila nel giugno del 2014. Un anno dopo, in Siria, la situazione è diventata ancora più esplosiva. Gli estremisti islamici controllano ormai cinque sesti del paese. Il regime change di Damasco che poteva essere orchestrato dall’occidente rischia di essere messo in campo dallo Stato islamico. L’abdicazione dell’America in Siria ha consegnato l’iniziativa alla Russia. E lo scenario siriano rischia di essere la metafora di quello che potrà essere il medio oriente nel giro di pochi mesi senza un intervento severo e non solo dal cielo. The plot is a clear and present danger to the security of british people, ha detto Cameron. Siamo sicuri che il capo del partito più grande d’Europa, ovvero Renzi, non sia pronto per schierarsi da quella stessa parte?

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.