Io, Pannella e Bonino

Adriano Sofri
Ero via dall'Italia e non ho ascoltato l'ultima delle conversazione fra Marco Pannella e Massimo Bordin, che da non so quanti anni mi riempiono le notti in cui la domenica è appena finita, e comincia inesorabile il lunedì. Ne ho letto, ho letto anche la menzione del mio nome.

Ero via dall'Italia e non ho ascoltato l'ultima delle conversazione fra Marco Pannella e Massimo Bordin, che da non so quanti anni mi riempiono le notti in cui la domenica è appena finita, e comincia inesorabile il lunedì. Ne ho letto, ho letto anche la menzione del mio nome.

 

Fui tra i primi cui Marco portò, più di dieci anni fa, il manoscritto del libro che avrebbe voluto pubblicare. Erano le lettere intime di un poco più che adolescente, Matteo Angioli, partito a conoscere il mondo, indirizzate a un uomo poco meno che vecchio, Marco. Ai lettori amici (io di Marco sono amico antico e irrevocabile) si chiedeva un'opinione letteraria. Altri criteri – l'opportunità, come si dice – non potevano che appartenere a chi aveva scritto e a chi aveva ricevuto. Invocare la frontiera fra vita privata e vita pubblica, sacra ai più, nel caso di Pannella è impensabile: Marco non è un uomo pubblico, come si dice, è un uomo che ha vissuto in pubblico, e non ha riservato la politica al giorno e il resto alle notti. Dunque se quel libro non uscì, e non è ancora uscito (infatti può ancora uscire) non è certo per il veto extraletterario di qualcuno, anche se si fosse trattato di Emma Bonino. Marco si è lasciato andare a dire qualcosa che è il primo a non poter credere. Nessuno al mondo avrebbe potuto indurlo a rinunciare alla pubblicazione di un libro – e pressoché a ogni altra idea che gli fosse venuta – minacciando rappresaglie, uscire dal partito, togliergli il saluto, prendere gli ordini monastici.

 

Marco, non solo da oggi, sottopone chi gli vuole bene, e insieme ama teneramente Emma, com'è il mio caso, alla malinconia  delle separazioni fra i propri cari, e alla speranza che non si portino dietro un purgatorio di rancori, rivincite, parole di quelle cui non si può credere davvero, e che una volta pronunciate rischiano di guastare non il presente e il futuro, ma la cosa che abbiamo più a cuore, il passato. Concludendo la mia missiva buonista, mando un abbraccio a Marco e due baci a Emma: e una forte stretta di mano a Massimo Bordin, di cui un giorno o l'altro si riconoscerà l'epopea donchisciottesca.

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