Nicola Gratteri (foto LaPresse)

Gratteri, il ministro anti Vizio

Luciano Capone
Moralizzazione renziana. Come nasce il nuovo ministero virtuale. Era ministro della Giustizia nella lista con cui Matteo Renzi salì al Colle, ma a via Arenula non ci è più arrivato per colpa o per merito di Giorgio Napolitano che avrebbe stoppato la sua nomina.

Milano. Era ministro della Giustizia nella lista con cui Matteo Renzi salì al Colle, ma a via Arenula non ci è più arrivato per colpa o per merito di Giorgio Napolitano che avrebbe stoppato la sua nomina. Ma più che alla Giustizia il ruolo ideale di Nicola Gratteri, procuratore anti-‘ndrangheta a Reggio Calabra, sarebbe stato quello di ministro contro la diffusione del Vizio. Ospite del salotto televisivo di Fabio Fazio, il magistrato si è espresso nettamente contro la legalizzazione della marijuana, cosa peraltro suggerita dalla Direzione nazionale antimafia (Dna) che nella sua relazione annuale ha preso atto “oggettivamente” del “totale fallimento dell’azione repressiva” e della “letterale impossibilità di aumentare gli sforzi per reprimere meglio e di più la diffusione dei cannabinoidi”. “Uno stato democratico – ha detto Gratteri a Che tempo che fa – non può permettersi il lusso di depenalizzare qualcosa che fa male. Io sono contrario anche alla vendita di sigarette, liquori e videopoker. Ma stiamo scherzando?”. Altro che canne, già la società è corrotta da troppi vizi. La legalizzazione secondo il magistrato non servirebbe neppure a togliere risorse alla criminalità organizzata in quanto “anche con la liberalizzazione la marijuana venduta in farmacia costa il doppio rispetto al mercato nero”, e in ogni caso “fa rabbrividire l’idea di legalizzare la droga”. Niente marijuana e gioco d’azzardo, niente Bacco e neppure tabacco, tutto ciò che fa male in uno stato democratico deve essere democraticamente proibito.

 

Non la pensa così Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri e promotore dell’Intergruppo parlamentare per la legalizzazione della marijuana: “Si può essere a favore o meno della legalizzazione della cannabis – dice al Foglio Della Vedova – ma ciò che mi ha colpito è l’affermazione di Gratteri secondo cui uno stato democratico dovrebbe vietare sigarette e liquori. Pensare di tornare al proibizionismo è una follia”. In effetti lo “stato democratico” evocato da Gratteri con tutti  i suoi divieti ricorda più la situazione di molti paesi islamici e regimi autocratici, in cui ci sono forze paramilitari che promuovono la Virtù e prevengono il Vizio, stati in cui tra l’altro raramente alcol, fumo e gioco sono proibiti simultaneamente: “Negli Stati democratici si trova un equilibrio tra istanze e principi costituzionali – dice Della Vedova – con al centro l’autodeterminazione e la libertà individuale. Ci sono limiti che riguardano la tutela degli altri e dei più deboli, ma è radicalmente sbagliata l’idea che una democrazia debba vietare a prescindere le cose che fanno male”. A parte le opinioni sul ruolo dello stato rispetto alle preferenze individuali, Gratteri contesta anche – in contrapposizione alla Dna – il fatto che la legalizzazione sia utile a togliere risorse alla criminalità organizzata: “Mi sorprende la superficialità di certe affermazioni non suffragate dai fatti da parte di una persona esperta come Gratteri – dice l’ex radicale Della Vedova – Basta vedere cosa sta succedendo in Colorado. Lì la legalizzazione funziona proprio perché c’è una concorrenza rispetto agli ultraprofitti che faceva la criminalità organizzata, senza contare che questa economia legale ora produce gettito pubblico e fa risparmiare risorse spese inutilmente nell’apparato repressivo”. Sono molti gli stati occidentali che hanno imboccato questa strada, senza perdere la loro democraticità: Colorado, Alaska, Oregon, Washington e Washington Dc negli Stati Uniti, Olanda, Spagna e Portogallo in Europa, Urugay in Sudamerica. “La democrazia non deve vietare cose che sono considerate nocive o sconvenienti, gli stati democratici sono nati proprio in alternativa allo stato etico che impone ai propri cittadini l’etica di stato”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali