Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

La necessità del Cav. di correre da solo

Claudio Cerasa
E se la cosa più giusta, alla fine, fosse fare un no M-Day, e dunque azzerare tutto, accettare di andare incontro a una sconfitta, alle prossime regionali, dare un gentile calcio nel sedere a chi ha fatto il suo tempo, aprire le porte del partito a una ventata fresca di idee, non di giovanilismo.

E se la cosa più giusta, alla fine, fosse fare un no M-Day, e dunque azzerare tutto, accettare di andare incontro a una sconfitta, alle prossime regionali, dare un gentile calcio nel sedere a chi ha fatto il suo tempo, aprire le porte del partito a una ventata fresca di idee, non di giovanilismo, e mantenere una giusta distanza tra M-1, ovvero Matteo Renzi, e M-2, ovvero Matteo Salvini, e cogliere l’occasione per ripartire da zero? Il tema è scivoloso, complicato da acciuffare, ma per capire qualcosa in più sull’identità del centrodestra e il futuro di Forza Italia il punto ci sembra centrale: in questa fase politica ha senso che il partito del Cav. vivacchi così, fischiettando come se un’epoca non fosse mutata, e aggrappandosi a qualche misera alleanza che gli può consegnare al massimo un paio di consiglieri regionali in Veneto? Detto in altre parole: e se quella tentazione berlusconiana di presentarsi il 31 maggio alle regionali con candidati propri, giocando con il brand dell’orgoglio azzurro, non fosse affatto una mossa suicida ma fosse l’unica carta possibile per fare chiarezza nel partito, mettere a nudo i punti di forza (pochi) e di debolezza (molti)? L’idea c’è, esiste, Berlusconi ci pensa e ci ripensa e mette insieme un ragionamento di questo tipo. Che ha un obiettivo e una serie di passaggi intermedi.

 

L’obiettivo è uno e Berlusconi lo ha in testa chiaro: Forza Italia non può rincorrere la Lega, non può essere una costola di Salvini, perché più ci si sposta verso il salvinismo e più si regalano elettori da un lato a Salvini dall’altro lato a Renzi. Dunque che fare? Dove andare? Con chi stare? Il Berlusconi politico, quello razionale, che ragiona non con l’istinto ma con la lavagnetta, dice che un tentativo bisogna farlo, e che bisogna andare da Salvini a proporgli uno scambio – noi ti appoggiamo in Veneto, ok, tu però appoggi il nostro candidato in Toscana e in Liguria. Ma accanto al Cav. con la lavagnetta ce n’è un altro che ragiona più con l’istinto, quasi con la pancia, che dice: il nostro partito è un partito moderato, siamo l’unica alternativa di sistema a Renzi e se vogliamo fare concorrenza a M-1, che è un birichino vero, dobbiamo costruire un Pd di centrodestra. E dunque nuove facce, nuovi dirigenti, nuova squadra di comando, via i vecchi ministri e i vecchi campioni della destra che fu dalla televisione e dentro gli altri, come fece Renzi prima e dopo le Europee – e paradossalmente il modo migliore per garantire questo ricambio è quello di pesarsi e misurarsi, e se va bene, ok, se va male è l’occasione giusta per spazzolare un po’ di sedie e imporre una nuova classe dirigente. Ragiona così Berlusconi, in queste ore, domenica ad Arcore lo ha detto ad alcuni parlamentari che sono andati a trovarlo, ha detto che la tentazione di andare da solo c’è, e la mossa ha un suo senso, ora che il contesto giudiziario permette di ragionare con più lucidità e pensare al partito come un allenatore con la sua squadra (e per rafforzarsi nel ruolo di mister, Berlusconi ha una voglia matta di tornare a mostrare i muscoli sia del buon imprenditore sia da buon padre del Milan, e su entrambi i fronti ci saranno novità).

 

[**Video_box_2**]E in questo nuovo contesto, Berlusconi forse non tornerà al Nazareno ma ha la consapevolezza che il presente oggi è così. Che Renzi ha gli astri a favore e bisogna accettare che lui sia più forte degli altri, sapendo però che tutto è in movimento e tutto può cambiare. Non adesso, perché l’oggi si declina in fiorentino, ma dovendo ragionare sul futuro, invece, nel mirino di Berlusconi non ci sono le regionali di maggio, dalle quali Forza Italia non riuscirà a cavare nulla, ma ci sono le prossime elezioni. C’è il 2018, secondo Renzi, c’è il 2016, secondo il buon senso. E per organizzarsi serve tempo, serve un’idea, una strategia, serve qualche nuovo volto, e serve tutto questo per fermare l’effetto sanguisuga dei due Matteo e provare a tenere insieme un partito che, dalla Puglia alla Campania passando per la Toscana, tra scissioni potenziali e minacce reali, semplicemente non si tiene più. Insomma, serve un bel No M-Day. E chissà che il modo migliore per tornare a mettere in campo una sana vocazione maggioritaria non sia correre da soli per non farsi prosciugare dall’alleato cannibale.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.