dettaglio del quadro L'Urlo di Edvard Munch 

Piccola posta

Un'imbecillità assoluta disarma più dell'invasamento del potere

Adriano Sofri

Tra intelligenza artificiale e stupidità naturale, prende forma una figura inedita del potere: non il folle tragico, ma l’imbecille assoluto. Un vuoto teorico che disarma l’obiezione e mette in crisi il rispetto umano

Oggi voglio abbozzare la traccia di un capitolo mancante della teoria del potere e dell’obiezione al potere. Lo faccio muovendo da una coincidenza fortuita. Lunedì, 15 dicembre, il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ha detto, parlando a un uditorio di ambasciatrici e ambasciatori d’Italia: “Penso che sia molto sottile il crinale tra l’illusione del dominio infallibile delle intelligenze artificiali e la prevalenza definitiva della stupidità naturale, che purtroppo, come noto nell’aforisma, attribuito ad Albert Einstein, può tendere all’infinito”. Nello stesso 15 dicembre il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, ha scritto (all’insaputa di Mattarella) sul regista Rob Reiner e sua moglie Michele, assassinati a coltellate da un loro sventurato figlio: “Rob Reiner, un regista e comico tormentato e in difficoltà, ma un tempo talentuoso, è morto insieme alla moglie Michele, apparentemente a causa della rabbia che ha causato negli altri essendo afflitto da una forma massiccia, durissima e incurabile della malattia mentale nota come ‘SINDROME DA IMPAZZIMENTO PER TRUMP’”. Di questa dichiarazione di Trump non importa la ripugnante malvagità, che del resto ha molti concorrenti, ma la impietosa imbecillità. Trump, di cui certo il discorso di Mattarella non aveva fatto il nome, è un deficiente. Ora quella del completo deficiente dotato di un potere pressoché illimitato è una figura nuova, se non altro in queste dimensioni, della scena umana. La quale ha conosciuto al contrario un repertorio colossale di pazzi: nel potere arbitrario e infine totalitario si insinua sempre, quando non sussista dall’origine, una vena finalmente incontrollata di follia. Questo riguarda Hitler e Stalin e Mao e Putin, e il passato di tanti imperatori e re e generali e principi e tiranni e capimafia. Volete del resto che non ci sia pazzia in chi minaccia di scatenare le sue testate nucleari? La tragedia ha saputo frugare nei loro spiriti, ma Shakespeare non ha spazio per un deficiente promosso più o meno padrone del mondo. Né l’ha previsto Machiavelli, che pure della sfrenatezza del principe e della sua inadeguatezza ha esplorato la gamma di rappresentazioni. C’è stato bensì il contrario, l’idiota, don Chisciotte, il principe Myshkin, un’eventuale disastro sospinto dal fin di bene – Gesù? Al contrario, un’imbecillità assoluta disarma più dell’invasamento del potere, fa letteralmente cadere le braccia. Fa arrendersi alla “stupidità naturale, che può tendere all’infinito”.

Mattarella non direbbe cose del genere, probabilmente non le penserebbe nemmeno, a differenza di me. Ma in questo caso la differenza si assottiglia, perché sia lui che io siamo vecchi, e benché il nostro stato civile sia pressoché opposto possiamo fottercene del nostro personale futuro, dunque del nostro personale presente, e nutrire invece una peculiare cura per presente e futuro d’altri. Abbiamo anche – sono indiscreto, non importa – ricordi di parole e modi di dire che da tempo hanno perduto il loro senso. Uno è l’espressione: “rispetto umano”. Chiedete a un giovane che cosa voglia dire rispetto umano, alzerà le spalle e risponderà quasi ovviamente qualcosa come il rispetto che si deve ai propri simili umani. Si meraviglierà come di un paradosso di sentire che volle dire “la peggiore delle schiavitù”. Che il “rispetto umano”, nel pensiero classico e nella dottrina cristiana è quella soggezione all’opinione altrui che induce a limitare la propria libertà o a nascondere la propria verità per paura di nuocere alla propria reputazione e di offendere la suscettibilità del mondo. Quella renitenza a vedere attraverso i vestiti nuovi dell’imperatore e decretare: un deficiente. Nome dubbio, certo, ma non c’entra con diversamente intelligente. Non c’entra con la presenza di una furbizia, interamente dipendente dall’impudenza e dall’abitudine al rincaro, e insieme congiunta alla ritirata infantile di fronte a chi conosce i tuoi segreti. E’ un’illusione che Trump “faccia il matto”, una illusoria consolazione. Il matto è una figura famigliare, a Machiavelli a Shakespeare e a noi. L’imbecille no, è un’incarnazione ultima, appiattata finora nel fondo del vaso di Pandora, staccata di forza dalla coincidenza coll’avvento dell’intelligenza artificiale, le due facce del progresso umano, “di cui nulla è più terribile”, più meraviglioso ed esecrabile. La speculazione politica ha elaborato e affinato la Madman Theory, altra storia. Una volta qui Siegmund Ginzberg aveva scritto che Trump, come Odisseo, come Amleto (come Cossiga…) faceva il matto, e “c’era del metodo in questa follia”. Un’illusione, ora, e il solo metodo sta nell’assenza piena di metodo. L’arbitrarietà da primo giorno. Il ripristino di un eden in cui la creatura sia stata fatta a dissomiglianza da. E poi accompagnata fuori, a far mostro di sé.

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