Foto LaPresse
Piccola posta
Travolti dal caso Quirinale: quando il dibattito politico diventa un tiro al bersaglio
La polemica tra La Verità, Bignami e il Quirinale infiamma tg e talk show, con Travaglio in prima linea nel trasformare la vicenda in un processo permanente contro Mattarella e sulla guerra in Ucraina.
Mi è successo nel mio piccolo come a Gratteri – che saluto cordialmente: un amico affidabile mi ha chiamato per chiedermi se avevo visto il tg della 7, e “8 e mezzo” di martedì, e siccome no, mi ha raccomandato di guardarli. L’ho appena fatto. Dunque: Mentana apre il tg sottolineando energicamente la colluttazione fra Bignami e governo da una parte e Garofani e Quirinale dall’altra. E insistendo con forza sulla relazione col giorno prima, cioè la riunione del Consiglio Supremo di Difesa – di cui Garofani è segretario – dalla quale era uscita una rivendicazione nettissima della condanna della Russia per l’aggressione all’Ucraina e del sostegno italiano alla difesa armata del paese aggredito. L’interpretazione vigorosa del tg vede nella sortita del quotidiano La Verità e in Bignami che le ha fatto trombetta il proposito di indebolire, se non sabotare, l’apparente saldissima unità di Presidenza della Repubblica e Presidenza del Consiglio, Meloni e Crosetto, del giorno prima.
Finisce il tg, e “8 e mezzo” intitola battaglieramente la puntata: “La destra della Meloni all’attacco del Quirinale”, che è l’esatto rovesciamento della provocatoria tesi sul Quirinale all’attacco della destra. Interlocutori: Lina Palmerini, Bocchino e Travaglio, che è il primo interpellato. Interpellare Travaglio su un tale tema è come uscire di casa senza ombrello nel giorno del diluvio. Le prime pagine del Fatto quotidiano sono le più simili a quelle della Verità, come il sempre più compianto Massimo Bordin non si stancava di segnalare. In particolare, l’avversione ostentata al presidente Mattarella è un vanto di Travaglio, appena un po’ meno di quelle di Belpietro e di Zakharova, e si esalta quando è in ballo la questione russo-ucraina. Infatti Travaglio si affretta a ripetere tal quale la versione della Verità e di Bignami, a malincuore epurata dal complotto golpista: il consigliere Garofani dovrebbe parlare (a quell’ora l’aveva già fatto) e soprattutto dovrebbe dimettersi. A Bocchino non resta che confermare. Palmerini spiega pazientemente come l’intero affare montato da Verità e Bignami e soci sia ridicolo – così, più misuratamente, l’aveva definito il Quirinale. Gruber chiede retoricamente a Travaglio perché Meloni abbia bisogno di evocare e additare sempre nuovi nemici, mestiere di cui Travaglio è capomastro. Gruber propone a Travaglio altri interrogativi tremendi – “i magistrati possono parlare o dovrebbero stare zitti?” – finché anche lei accenna alla falsa citazione di Falcone da parte di Gratteri: “Ti senti chiamato in causa?…”. Lui si è già scusato, dice, e del resto le frasi false in realtà erano vere, dice.
Io non ho un archivio. Ma basta chiedere alla rete. “Mattarella è la quintessenza dell’ipocrisia occidentale e della doppia morale per cui l’aggressore è cattivo soltanto quando è nemico, quando è alleato si parla d’altro” (giugno 2025). “Penso che Mattarella sia riuscito nella difficile impresa di dare ragione alla portavoce del ministero degli Esteri russo Zakharova” (febbraio 2025). Continuate voi.
Il fatto è che sia gli attacchi a Mattarella che le arringhe per Putin e contro l’Ucraina sono il ritornello di Travaglio ospite – maleducato, invadente – di Gruber. E tanto più di Travaglio padrone del Fatto, al quale appunto ha già consegnato l’editoriale che ribadisce. Mattarella pronuncia parole sante contro la guerra, se non fosse che era vicepresidente del governo che nel 1999 bombardò la Serbia, “e fornì a Putin un bel precedente per fare lo stesso in Crimea”, povero Putin. Dunque “la Norimberga che Mattarella reclama” dovrebbe valere anche per lui stesso. Lunedì Mattarella “ha riunito il Consiglio supremo di difesa, che è entrato a piedi giunti in una decisione che spetta al Parlamento”, questo fuorilegge. Segue la tiritera sugli aiuti a Kyiv “che finiscono nel cesso (d’oro)”, sui “danni all’economia Ue”, sulle “balle raccontate sulle cause della guerra”… Quanto a Garofani, “ha solo due strade: o smentisce, o si dimette”. Quel che vuol dire essere in linea.