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Piccola Posta
Zelensky amputato del suo braccio destro
Il presidente può tenere duro senza liberarsi di Andriy Yermak, a capo dell'Ufficio presidenziale, mentre tutti i compagni di partito gli chiedono di allontanarlo?
Ieri la Ukrainska Pravda sosteneva che pressochè tutti i compagni di partito di Zelensky nella Verkhovna Rada gli avessero richiesto l’allontanamento del capo dell’Ufficio presidenziale, Andriy Yermak, ventilando scissione e passaggi di campo. Le voci sulle indagini anticorruzione sempre più strette addosso al pezzo più grosso della cerchia di Zelensky si erano infittite, fino all’avvertimento di un parlamentare, Oleksiy Honcharenko, che al rientro dal suo viaggio, il prossimo 20 novembre, Zelensky annuncerà il licenziamento del suo fidato collaboratore e amico. Honcharenko si è spinto a prevedere che a sostituire Yermak sarà Oksana Markarova, 48 anni, già ambasciatrice negli Usa: la signora che si disperava a febbraio nello Studio Ovale mentre Trump infieriva su Zelensky...
E poiché Yermak, 54 anni, madre russa, padre ucraino ebreo, già avvocato e produttore di cinema, è universalmente descritto come il suo braccio destro, la domanda è se così amputato Volodymir Zelensky riuscirà a resistere. Yermak è da sempre mal sopportato da una larga parte del mondo politico e dell’opinione pubblica, che probabilmente lo invidia, e certamente gli imputa un eccesso di potere personale privo di una legittimazione elettiva. I dubbi su sue compromissioni, in particolare sulla protezione accordata a personaggi in odore di guadagni facili, lo accompagnano da sempre, o almeno da quando, nel 2019, ha occupato una posizione così preminente. Lo ha fatto a lungo in un ruolo di eminenza grigia, ma le quinte dietro cui operava erano troppo striminzite per la sua esorbitante stazza.
Via via, ha coperto incarichi internazionali che lo hanno esposto, dapprima nei negoziati sullo scambio di prigionieri - il più clamoroso, a Istanbul, quello degli uomini della Azov con il candidato quisling di Putin, l’oligarca Medvedčuk - poi in quelli sugli armamenti e le ventilate tregue, per i quali ha viaggiato più volte a Washington e in Arabia Saudita. Di Yermak e della sua supposta onnipotenza si è detto che abbia disseminato suoi fedeli, anche a scapito delle competenze, nei posti più delicati delle istituzioni, salvo evidentemente in quelle agenzie anticorruzione. Di cui si dice che sia stato lui ad architettare il colpo di mano che le mettesse fuori gioco, che costò a Zelenskyj la rivolta della gente e dei giovani soprattutto, e lo costrinse a una precipitosa marcia indietro.
Quello stupido tentativo appare a posteriori un modo pressoché disperato di prevenire quello che sta succedendo, ad opera delle risuscitate agenzie anticorruzione. La strenua difesa d’ufficio di cui proprio Yermak ha voluto pubblicamente incaricarsi pochi giorni fa, garantendo dell’integrità ideale di Zelensky, “non è un corrotto”, e al tempo stesso mettendo in guardia da condanne troppo frettolose e poco garantiste, è apparsa anch’essa una sortita pro domo sua. Se fossimo a questo punto, la domanda è se Zelensky possa tener duro senza liberarsi di Yermak, e se possa tener duro liberandosi di Yermak: uno schiaccianoci. Quanto allo stesso Yermak, a occhio sembra il tipo di scudiero disposto al sacrificio per il proprio cavaliere: fino a che punto, e con quale salvacondotto, è difficile dire. Certo, non può scappare in Israele anche lui senza far crollare la casa.