
LaPresse
Piccola Posta - speciale 7 ottobre
La cattiva compagnia del "milione" a Roma
Chiunque fossero gli autori dello striscione sul 7 ottobre come giornata della Resistenza palestinese vanno presi sul serio. E devono esserci cose che un corteo non vuole dire né sentirsi dire
La mia è una postilla: cosa da giorno dopo. C’è un effetto di esorbitanza. Non ho dimenticato nemmeno per un giorno, per una notte, il 7 ottobre. Non ho nemmeno condiviso, pur capendone l’angosciato proposito, la specie di prescrizione che David Grossman ha dichiarato lo scorso maggio: “Davanti a tanta sofferenza il fatto che questa crisi sia stata iniziata da Hamas il 7 ottobre è irrilevante”. E’ rilevante il 7 ottobre, è rilevante il mattatoio che ha creduto di vendicarlo.
Si può non partecipare alle manifestazioni contro il mattatoio di Gaza perché si crede che il governo e l’esercito israeliano non vi abbiano responsabilità, e anzi abbiano affrontato come non potevano non fare la minaccia mortale che incombeva su Israele (la frase così prodigalmente citata di Golda Meir: “Noi vi potremmo un giorno perdonare per aver ucciso i nostri figli, ma non vi perdoneremo mai per averci costretto a uccidere i vostri”). Si può, pur dissentendo dall’operato del governo e dell’esercito israeliano, e mirando fermamente a non essere costretti a uccidere i figli propri e altrui, non partecipare alla manifestazione contro il mattatoio di Gaza. Si può parteciparvi e uscirne dopo averla riconosciuta inquinata dall’esaltazione di Hamas, dall’auspicio della cancellazione di Israele, dall’antisemitismo. Si può parteciparvi fino alla conclusione, per solidarizzare con la speranza altrui, per testimoniare che il mattatoio di Gaza deve finire e che gli ostaggi israeliani devono essere liberati.
Le due scelte, starsene fuori o uscirne dopo averci provato, si rassegnano a che la manifestazione – “il milione”, ennesimo titolo da Marco Polo – sia confiscata da quelli fra i convocatori che probabilmente considerano il 7 ottobre come un legittimo se non eroico atto di Resistenza, e quando scandiscono “Dal fiume fino al mare” intendono precisamente che lo stato di Israele, e la sua gente, siano cancellati dalla carta geografica, e cancellata la macchia del 1948. Forse, fra i convocatori, sono addirittura la maggioranza. Pressoché certamente, fra i convocatori, è maggioranza quella che è indifferente alla sorte dell’Ucraina, o fautrice della fazione filorussa e dell’esercito russo. E allora?
C’è quello striscione, molto premuroso, molto grafico, come ora si dice, sul 7 ottobre giornata della Resistenza palestinese. Chissà in quanti l’hanno visto, fra i manifestanti. Leggo che era vicino alla testa, posizione di rango, e insieme lontana dal seguito del corteo. Nelle cronache ho letto che era inalberato dall’“ala dura” ed espressioni del genere. Sul manifesto, particolarmente attendibile, si leggeva però una descrizione dubbia: “A reggerlo non ci sono dei palestinesi, ma un gruppetto che a giudicare dalle maglie di alcuni sembra venire dalla Tuscia”. La Tuscia suona glorioso come l’Etruria e famigerato (a torto) come il viterbese; in questo contesto suona involontariamente come un’attenuante, una bravata provinciale.
Penso che, qualunque fosse la provenienza di autori e inalberatori dello striscione, vadano presi sul serio, alla lettera. Costretti a prendersi sul serio. Come se volessero dire sul serio che, alla bisogna, ripeterebbero l’impresa del 7 ottobre: e non occorre, spero, che ora io la ridescriva nei dettagli. Che la celebrano come un’azione di Resistenza, maiuscola, fin dal momento in cui si compì, senza aspettare la risposta israeliana e la sua sproporzione e la sua smisuratezza e la prescrizione del 7 ottobre. “Il milione” vuole forse camminare in questa compagnia? La risposta, la mia almeno, lo esclude con sdegno. Allora torna un vecchio problema. Non ci si aspetta che la polizia intervenga a sequestrare uno striscione in mezzo a un corteo milionario. Né che l’immaginario servizio d’ordine di quel corteo – reliquia di un passato quasi razzista di partigiani, siderurgici, edili, camalli, chimici del nerofumo e altre categorie compatte e nerborute – provveda fisicamente. Dunque? Dunque ci sono cose che un corteo vuole dire e sentirsi dire, e devono esserci cose che non vuole dire né sentirsi dire. Si può?


Piccola Posta
Sopravvivere alla cosa più dolorosa
