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Piccola Posta
La Catania di Battiato, nera e bianca, che incanta e mette soggezione
Elvira Seminara ha scritto un libro che guida all'esplorazione della città attraverso le parole e la musica del cantautore, di cui fu amica e compagna d'anima: In Sicilia con F.B. Cortili e galassie di un'anima errante
Luca S. ogni sera spedisce una lettera sulle canzoni, compresi i link, e la leggo e ascolto un paio di canzoni, non solo per familismo morale ma per recuperare qualcosa del tempo perduto. Lunedì sera ha ripubblicato una sua intervista del ’99 a Franco Battiato, a ridosso di FLEURs, in cui figurava anche la cover, come si dice, di “Era di maggio”. Della quale Battiato gli disse: “Era di maggio non alimenta l’enfasi tradizionale che si attribuisce alla canzone napoletana classica, ha una sua sobrietà”. Forse “Era di maggio” è davvero la più bella canzone napoletana, dunque del mondo, la musica di Mario Pasquale Costa, bellissima, sapiente – la lunga attesa che prepara il ritornello, E diceva, core core… – e le parole, bellissime, sapienti, di Salvatore Di Giacomo. Fresca era ll’aria e lla canzona doce. E ferita d’ammore nun se sana. Il napoletano del 1885: me n’allicordo, turnarraggio. Pochi hanno rinunciato a cantarla, dopo i classici, e Murolo, il più lontano dall’enfasi. Battiato la cantava in modo commosso e commovente, con un tranquillo omaggio alla melodia. Poi a me piacque molto “Ho fatto scalo a Grado”, forse perché sapevo dov’era Grado. Non fui amico di Battiato, lo incontrai una sola volta, a casa sua a Milano, alla fine degli anni ’70, da lui c’era Alice, io ero con Daniela Garavini, gli chiedemmo di cantare per il giornale, accettò subito.
Ora, dopo un paio di nuovi viaggi a Catania che mi hanno fatto desiderare di conoscere meno superficialmente quella città nera e bianca che incanta e mette in soggezione, ho trovato un libro che guida alla sua esplorazione attraverso le parole e le musiche di Battiato. L’ha scritto una sua amica, e una sua compagna d’anima, Elvira Seminara: In Sicilia con F.B. Cortili e galassie di un’anima errante (146 pp., Giulio Perrone ed.). “Una guida per perdersi” – non un programma adatto a me, che sto attento a dove metto i piedi, tanto più sotto il vulcano, ma mi sporgo volentieri dalla loro parte. “Immaginare Franco Battiato che ci guida in Sicilia è come pensare a un albatro che si tuffa in un lavandino”, dice Seminara, e uno come me si gratta la capa. Poi si dice che non è difficile immaginare un albatro che si tuffa in un lavandino. Dice che Battiato contemplava l’Etna, la montagna, e insieme la teneva d’occhio. Da lontano, da vicino non l’amava. “Vivo sulle pendici orientali del Mongibello... Appena presi casa qua, una donna anziana mi disse: ‘Milu avvilinatu, si nun chiovi è annuvulatu’.” In fine, Seminara pubblica il testo che nel 2010 Battiato scrisse a richiesta sullo spazio catanese e il modo di abitarlo. “…il mio giardino (e mi auguro non vada all’asta come quello di Cechov). A destra un cespuglio di rose delicate e sensibili (le spine sono una difesa)… Diventare nuvola che poi si fa pioggia e poi diventa fiume che finisce in mare.
No, nel mare no. E’ inquinato”.