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Piccola Posta

Otto miliardi di esseri umani in balia di un pugno di individui (i peggiori)

Adriano Sofri

Le sorti del mondo sono affidate alle telefonate di Trump a Putin, di Trump a Xi Jimping, di Trump a Musk (con Netanyahu si intendono senza telefonare)

Certo: la pagliacciata di vertice eccede l’immaginazione. Le cose che succedono eccedono l’immaginazione. E’ così che la realtà s’ingegna a inseguire le falsificazioni digitali e le intelligenze virtuali ai nostri giorni. La popolazione umana mondiale al tempo di Alessandro Magno andava dai 100 ai 150 milioni. Al tempo di Napoleone padrone del mondo, la popolazione mondiale oscillava fra poco meno e poco più di un miliardo. Oggi ha superato gli otto miliardi.  Nel 1841, quando Thomas Carlyle sosteneva che la storia umana fosse l’opera provvidenziale dei granduomini – “la storia del mondo non è altro che la biografia dei grandi uomini” (se non ricordo male, nell’elenco di Carlyle non figuravano grandi donne...) – gli abitanti del pianeta erano circa un milione e centomila. Siamo ad oggi, quando le sorti del mondo sono affidate, dicono i titoli, a una telefonata di Donald Trump a Vladimir Putin. E a una telefonata di Donald Trump a Xi Jinping. (Con Netanyahu s’intendono senza telefonare). E – il culmine della storia finora, venerdì pomeriggio – a una telefonata di Donald Trump e Elon Musk. Il Creatore, se c’è, dev’essere piuttosto seccato. 


Il pensiero democratico s’impegnò a rivendicare il ruolo delle collettività nella storia, delle masse rispetto ai capi, del cuoco di Cesare rispetto a Cesare. Senza fortuna. Georgij V. Plechanov studiò “il ruolo della personalità nella storia” (1898), badando a farne non gli eroi ma i promotori, gli “iniziatori” del protagonismo delle masse: “Le personalità influenti, grazie alle particolarità del loro intelletto e del loro carattere, possono cambiare la fisionomia individuale degli avvenimenti e alcune delle loro conseguenze parziali, ma non possono mutarne l’orientamento generale, che viene determinato da altre forze”. Anche lui contribuì involontariamente allo svolgimento reale che fece della schiena delle masse, a est come a ovest, il piedistallo a un dominio di capi più schiacciante di quello degli antichi despoti asiatici. Marx, che ci aveva provato (l’intera storia finora è storia delle lotte delle classi), aveva coniato quell’aforisma che sembra così appropriato a ogni nuovo giorno, sulla storia che si ripete la prima volta in tragedia, la seconda in farsa. Lui parlava del 18 brumaio di Luigi Bonaparte, 1851.

Trasferito in un compendio universale, l’aforisma induce a chiamare tragedia l’intero passato, e farsa l’intero presente. In cui gli 8 miliardi e passa di umani sono in balia di un pugno, non di granduomini, ma degli infimi fra gli uomini. Feccia da record, “il più potente uomo della terra contro il più ricco uomo della terra”. Farsa. Forse ieri sera si sono telefonati. Gli altri, i terzi, i quarti, bombardavano, come ogni sera. Accumulavano punti. Era già tutto scritto: “C’era una volta Gigino e Gigetto: via Gigino, via Gigetto!” “Torna Gigino, torna Gigetto?”