
foto LaPresse
Piccola Posta
Da Gaza al Sudan, da Brescia ad Afragola: tra tragedia e statistica
Le ragazze stuprate in Sudan e il viso di una bambina assassinata ad Afragola. Gli innumerevoli morti, feriti e affamati di Gaza, i visi dei rapiti tenuti in ostaggio da Hamas. Un deserto innominato di nomi
Ieri, mercoledì 28 maggio. Ascolto la discussione alla Camera su Israele e Gaza, aperta dalla relazione del ministro degli Esteri, e vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani. Ci siamo chiesti, dopo lo sbigottimento per il terrore di Hamas del 7 ottobre, la realtà che mostra e la possibilità che lascia intuire, e la stupefazione per la inevitabile reazione israeliana, giorno dietro giorno, per quasi 600 giorni, fino a quando – quo usque tandem, fino a quanti morti ammazzati, fino a quante distruzioni, fino a quale traguardo – la deportazione di una popolazione decimata… Ora la risposta è arrivata per tutti, ogni argine è crollato, e col suicidio di Israele perseguito da Netanyahu e la sua banda vengono travolte le distinzioni, le fedeltà spinte all’abnegazione, le obiezioni di coscienza, e resta solo la gamma di uno stesso discorso, ipocrita e centellinato dall’imbarazzo e via via furiosamente oltranzista e demagogico. E’ appena metà mattina.
Leggo i giornali, scorro i titoli in rete. Una bambina di 14 anni è stata uccisa, “con una pietra”, “dal suo ex fidanzato”, 18 anni. Aveva già un fidanzato. Aveva già un ex fidanzato. E poi basta.
Sulla Stampa, due pagine sono dedicate agli stupri di guerra, con il testo di Francesca Mannocchi e le foto di Alessio Romenzi. Hanno dei sommari con le cifre. Dicono che secondo i Medici senza frontiere, dal gennaio 2024, il 31 per cento delle vittime ha meno di 18 anni, il 3 per cento meno di 5. Il 3 per cento, non è tanto. 5 anni, non sono tanti. Dicono: “Un orrore che dura da 20 anni, iniziato con le milizie Janjaweed”. Si nasce maschi o femmine (statisticamente, è così per una grandissima maggioranza). Se si nasce femmina, c’è una forte probabilità di subire uno stupro o una violenza, e una (molto minore) probabilità di essere assassinata. Se si nasce maschio, c’è una forte probabilità di diventare stupratore o violento, e una (molto minore) di diventare un femminicida. Quando si nasce, i genitori felici si chiederanno forse che cosa sia meglio, o meno peggio.
Ieri era l’anniversario, il cinquantunesimo, della strage fascista di Piazza della Loggia, a Brescia. Una cifra meno tonda di quella dell’anno scorso. I giornali non ne hanno parlato, tranne, per quel che vedo, il manifesto, che dice del legame stabilito, e ripetuto quest’anno, fra i custodi della memoria delle stragi unioniste del maggio 1974 a Dublino e Monaghan e la Casa della Memoria bresciana. E cita le ultime notizie dai 18 processi per Brescia, i 32 imputati, le due sole condanne definitive, la condanna del mese scorso, a trent’anni, decisa dal tribunale dei minori per un esecutore materiale, allora sedicenne e oggi al sicuro in Svizzera. E la testimonianza, straordinariamente tardiva – meglio che mai – di una donna allora diciassettenne sugli esecutori e sulle complicità di carabinieri e militari e uomini dei servizi. Ieri a Brescia l’anniversario è stato ricordato per l’intera giornata in molti modi. Mi è piaciuto il titolo dello spettacolo teatrale in Piazza della Loggia, nel pomeriggio: “Ci vediamo nel solito posto”. E’ stato appena pubblicato, dalla Casa della Memoria, un volume fotografico sulla strage e i giorni che la seguirono, col testo in inglese e in italiano. Ha un titolo, “SHRAPNEL”, e un’epigrafe corsiva: “Siamo testimoni non perché c’eravamo, ma perché non abbiamo mai smesso di esserci”. E una bibliografia ragionata per immagini di una trama, un tessuto strappato e rattoppato, che porta all’Italia di oggi.
Le percentuali di bambine ragazze e donne stuprate in Sudan e il viso di una bambina assassinata ad Afragola. Gli innumerevoli, variamente numerati, morti e feriti e affamati di Gaza e i visi dei rapiti ancora tenuti in ostaggio e negoziati. Un deserto innominato di distruzioni e i nomi, i volti, i corpi e le parole degli uccisi e dei superstiti di Brescia. Così, nella cronaca di un giorno come un altro – che potrebbe continuare senza fine – torna alla mente la pseudocitazione di Stalin, un intenditore: “Una singola morte è una tragedia, un milione di morti sono una statistica”. A Brescia, un uomo degno come Manlio Milani, che conosce la sofferenza delle vittime e dei superstiti, si rifiuta “di appartenere a una categoria, come quella delle vittime, piuttosto che a una comunità con valori condivisi da tutti”. Chissà come sarebbe possibile che le migliaia, le decine di migliaia, i milioni di vittime fossero riscattate, si riscattassero, dalla categoria della statistica. E fra la singolarità e la smisuratezza, una bambina di Afragola e le donne sudanesi dello stupro-di-guerra, si stabilisse un riconoscimento reciproco e un’alleanza. Sarà per domani, forse, o dopodomani.