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Piccola posta

Sentirsi stranieri in Italia

Adriano Sofri

Una diciannovenne che vive da diciasette anni nel nostro paese racconta la sua storia in un'intervista: “Ogni mio errore grammaticale era attribuito al mio essere straniera, anche se gli stessi errori li facevano anche i miei compagni italianissimi”

Ieri sulla Stampa ho letto l’intervista di Eleonora Camilli a una giovane donna, “quasi 19 anni”, che si chiama Shahd Eldakhmisy. (Leggo che il bel nome, Shahd, in arabo ha a che fare col miele, il nettare). E’ venuta in Italia, coi suoi genitori egiziani, quando aveva due anni, dunque da quasi 17 anni, l’italiano è naturalmente la sua lingua – non parla l’arabo, peccato, nemmeno io lo parlo, peccato – e sta per concludere a pieni voti i suoi studi secondari prima di iscriversi a economia.

La scuola (e immagino molte altre solenni istituzioni) la registra come alunna “straniera”. Oltre alla elegante naturalezza con la quale raccontava questa situazione grottesca, mi è piaciuta specialmente questa osservazione: “Ogni mio errore grammaticale era attribuito al mio essere straniera, anche se gli stessi errori li facevano anche i miei compagni italianissimi”. Reduci come siamo dal tentato ukase sul tetto agli stranieri e alle straniere nelle classi (suona bene l’idea di dare un tetto agli stranieri), e dal comunicato dettato al telefono da un ministro indigeno, possiamo apprezzare meglio la domanda di Shahd: “Sono straniera?”.

(P.s. Mi è tornato in mente un episodio, l’ho raccontato altre volte, non c’entra niente, c’è solo un’assonanza. Mi ero da poco innamorato di una giovane donna norvegese, fortunatamente ricambiato, e feci con lei un primo viaggio in Sicilia. Eravamo squattrinati, ci arrangiavamo, sulla strada per Cefalù arrivammo nella casa di campagna di una signora contadina, sulla novantina, che si chiamava Garibalda. Ci offrì ospitalità in una casupola con dei pagliericci, che per noi andava benissimo. Mentre la mia compagna si sistemava, Garibalda e io chiacchieravamo sull’aia. Mi domandò: “Idda, straniera è?” “Norvegese”, risposi. “Ah, norveggese – disse Garibalda – Mi pareva straniera”)

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