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Piccola posta

Caro Eugenio Giani, ha sbagliato. Chieda scusa

Adriano Sofri

Dieci giorni fa il presidente della Toscana ha invitato Emanuele Filiberto di Savoia a visitare la tenuta di San Rossore, lo stesso luogo in cui Vittorio Emanuele III firmò le leggi razziali nel 1938. Ora c'è chi chiede le dimissioni del governatore

Gentile Eugenio Giani, ieri mattina mi sono mezzo svegliato e c’era già una mail di un mio amico pisano che invitava a firmare una sua richiesta di dimissioni dalla presidenza della Toscana. Il mio amico era stato tra le persone più impegnate a promuovere, nel 2018, a ben 80 anni dalla proclamazione delle leggi razziste, la solenne cerimonia in cui la Sapienza pisana insieme a tutti i rettori delle università italiane ricordò i 448 docenti, i 727 studiosi e i più di mille studenti espulsi dalle università italiane, e se ne scusò con le comunità ebraiche italiane. Nella circostanza, i rettori ebbero il merito – ovvio, ma niente è mai ovvio – di chiedersi come si sarebbero comportati se una simile infamia si fosse ripetuta. Anche quest’anno, il 5 settembre, nella tenuta di San Rossore si è commemorato l’anniversario della firma apposta da Vittorio Emanuele III a quelle leggi criminali.


Ora, è circolato un video girato, lo scorso 18 novembre, in un palazzo fiorentino, nel corso di una cena di gala (sic!) della “Consulta dei Senatori del Regno”, associazione monarchica, durata oltre la permanenza in vita dei suddetti senatori attraverso strampalati meccanismi di cooptazione, e segnata da una epica scissione fra fedeli a Vittorio Emanuele e fedeli ad Amedeo di Savoia: una cosa piuttosto ridicola, ma sono persone adulte e giocano come credono. (Litigano anche sull’ammissione delle eredi di sesso femminile). Il video mostra, sullo sfondo della bandiera del Regno d’Italia, lei che si rivolge a Emanuele Filiberto, “principe”, rievocando il legame speciale fra la casa Savoia e Firenze, e soprattutto aggiungendo che: “Col principe parlavamo che in primavera dovrà vedere la tenuta di San Rossore così profondamente legata alla storia della sua dinastia”. 


È nota la sua passione per genealogie araldiche, tradizioni civiche e folklore di cui la Toscana è uno scrigno inesauribile, e tuttavia non riuscivo a credere ai miei occhi. Emanuele Filiberto, leggo, aveva dichiarato in un programma televisivo fra il serio e il faceto la seguente curvilinea opinione: “Mio padre (Vittorio Emanuele) ha sbagliato a non chiedere scusa per le leggi razziali. Mio padre è una persona che ha avuto per sua educazione un grandissimo rispetto della sua famiglia e del suo casato. Io mi scuso per le leggi razziali. Ma lui ha avuto il rispetto per la sua famiglia e la sua storia, e non poteva dire queste cose. Questo è stato sbagliato”. Si poteva dire meglio, e comunque chi se ne frega. Emanuele Filiberto è cittadino libero, certo che può andare a visitare San Rossore, l’ingresso è ancora gratuito. Che ci vada con la guida del presidente repubblicano della Toscana “per il legame così profondo con la sua dinastia” è un’idea lugubre e raccapricciante. Se poi, in una simile veste, volesse anche dire la sua sulle leggi razziste, la cosa diventerebbe ancora più grottesca. Il punto non è la casa Savoia. Il punto è lei. Il mio amico, che chiede le dimissioni, ricorda di aver votato per lei. Lei scrive di sé che “Il Senso Profondo Della Storia è La Mia Grande Passione”. Dieci giorni fa lei è stato tradito dalla circostanza. Dica che si è sbagliato, porca miseria: succede. Chissà che associazioni sta evocando quel santo rossore.