piccola posta

Le guerre micidiali fanno passare sotto silenzio le piccole guerre private di uomini alle donne

Adriano Sofri

Ormai succede di leggere una cronaca come se le si fosse tolto l’audio. Dal caso dell'evaso dai domiciliari che ha sparato alla ex e ha colpito invece una ragazza di 20 anni, a quello della donna che, ferita, è riuscita a fuggire dal balcone. Niente come i bombardamenti di migliaia, vale a coprire il suono dei passi dell’assassino qualunque

Le guerre, quelle micidiali, che distruggono, trucidano, stuprano, mutilano, torturano, che sospendono la legge, a cominciare dalle leggi di guerra, fanno passare sotto silenzio la prosecuzione tenace delle piccole guerre private di uomini alle donne, attraverso la loro donna, una alla volta, uno alla volta. Non che siano taciute, al contrario, ricevono titoli, sia pure in scala, dettagli, anche i più futili o imbecilli, ma è come se avessero perduto il sonoro. Niente come un pogrom di migliaia, come i bombardamenti di migliaia, vale a coprire il suono dei passi dell’assassino qualunque che torna alla casa cui è stato diffidato d’avvicinarsi, del vanitoso braccialetto elettronico che manda un segnale d’arrivo al telefonino di lei – come una volta, quando la chiamava per dirle Ho fatto un po’ tardi, arrivo, tu comincia pure – della voce alzata dentro le mura domestiche, per definizione insonorizzate, dove nessuno sente niente, se non dopo, i vicini, che diranno “Tranquilla, era una coppia tranquilla”. È tutto ovattato. L’effetto che fa un telegiornale quando si tolga l’audio. Io lo faccio regolarmente, e ignoro anche il labiale. Provate quanto arriva la cronaca di un femminicidio: ci si avvicina a capire.

 

Succede anche, è più strano ma succede, di leggere una cronaca, come se le si fosse tolto l’audio. Bisogna passare dall’ascolto distratto, quello con cui ormai si seguono le notizie ovvie, uomo che uccide donna, all’ascolto silenzioso e attento. Si ascolta distrattamente, “Evade dai domiciliari e spara all’ex compagna”, “Evaso uccide la moglie”

 

D’un tratto la notizia cambia verso. Minaccia la compagna, in casa, lei riesce a evadere dal balcone e da lì verso la casa di vicini, lui le spara e la ferisce gravemente all’addome, poi esce a cercarla e finalmente si spara. (Si spara, l’abbiamo detto, è il contrario di un’attenuante, salvo che lo facesse prima, prima di tutto). In questo caso sembra la frustrazione del carceriere che ha mancato alla sua missione regolamentare, benché si sia abnegato fino al punto di sparare nella pancia alla sua prigioniera per arrestarne la fuga. La scena, il balcone scavalcato, toglie i rumori: l’“ennesimo litigio” – il litigio è ennesimo, dopo, quando i vicini sono finalmente intervistati – le porte sbattute, il grido di aiuto, lo sparo con la pistola “presa al cognato”. Provate: un film muto. 


I militari della sezione rilievi sono tuttora sul posto per effettuare accertamenti sulla dinamica dell’accaduto. 

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