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Dalla parte dei detenuti e degli agenti picchiatori, ventuno anni dopo

Adriano Sofri

Solidarietà anche ai colpevoli del pestaggio a Santa Maria Capua Vetere. Perché è grottesco additarli come mele marce: non si è trovata una sola mela sana tra loro. La galera trasforma uomini ordinari in carnefici obbedienti e volenterosi

Comincerò facendo gli auguri ai miei amici radicali, che oggi inaugurano la raccolta di firme per il referendum sulla giustizia, contando finalmente di farcela, grazie all’intervento di Salvini e della sua Lega: non 500 mila ne raccoglieremo, ma un milione, dicono, e prima di loro l’aveva detto Salvini. Avranno messo in conto l’effetto della mosca e del bue: “Ariamo”. Il bue ha trascorso la vigilia, ieri, a Santa Maria Capua Vetere, per solidarizzare con la polizia penitenziaria. Auguri, auguri. Non scherzo, lo sapete. Salvini ieri ha perfino rettificato leggermente, nel senso delle mele marce, l’automatismo della sua solidarietà con chi picchia e tortura indossando una divisa – è un tipo invidioso delle divise. Come nei selfie a San Gimignano, già passata in giudizio. 

 

Detto questo, per una volta commetto l’indiscrezione di immaginare che cosa avrebbe fatto Marco Pannella. Mi è facile, perché è quello che farei io. Andrei a Santa Maria C.V., ad abbracciare i detenuti, certo, e anche a solidarizzare con quegli agenti penitenziari. Non perché dubiti di quello che hanno fatto, ma proprio perché l’hanno fatto. E’ grottesco additarli come mele marce: non si è trovata una mela sana fra loro. E’ ridicolo, e vile, immaginarli cattivi. Vuol dire non aver capito niente della storia, delle brave persone, degli uomini ordinari che diventano a gara fra loro carnefici obbedienti e volenterosi. 

 

Del branco, che quando ha dalla sua, oltre all’emulazione e all’eccitazione reciproca, l’autorizzazione dell’uniforme di servizio e lo sprone dei superiori e l’incoraggiamento del pubblico, non sa come smettere di pestare e umiliare. Branco maschile, ma ci sono anche donne, e questo li esalta. A Bolzaneto, nei tre giorni di tortura vera, organizzata, nazifascista nei gesti e negli slogan, disgustosamente sessuale com’è al fondo la tortura (com’è stata anche a Santa Maria C.V.), fu la polizia penitenziaria ad avere mano libera, furono poliziotte penitenziarie a schernire e brutalizzare giovani donne sanguinanti di botte e di mestruazioni. 

 

Non erano agenti “speciali” quelli di Santa Maria C.V.: guardate il video, ci sono uomini di mezza età, pesanti di corporatura – padri di famiglia (gli agenti speciali possono fare molto male, ma sanno fermarsi, c’è qualcuno a fermarli, quando non sia indetto il mattatoio d’eccezione come a Genova). Porterei loro la mia solidarietà, perché sono scandalizzato che si dica che sono “un’eccezione”, che sono malvagi. Decine e decine, centinaia addirittura, reclutati all’ingrosso in una notte, eccezionali e cattivi?  

 

“E’ successa ai detenuti una cosa orribile. Sono stati picchiati e umiliati da chi rappresentava la legge. Però è successa anche a quegli agenti picchiatori una cosa orribile. Sono stati condotti, con indosso una divisa, a malmenare e seviziare persone in quel momento indifese… Dopo aver saputo, la prima cosa che ho pensato è stata: avrei potuto essere anch’io fra i bastonati. Il secondo pensiero è stato: avrei potuto essere anch’io fra i bastonatori? So che cosa sono le ‘squadrette’ carcerarie, gli specialisti dei pestaggi. Gentaglia, cui piace. Anche le autorità le conoscono. Li disprezzano, probabilmente, e li usano. Ma qui si sono messi assieme agenti normali. Ora, i loro colleghi dicono che i detenuti avevano fatto una rivolta… Il punto è nell’ammissione che la dignità degli agenti è legata alla dignità dei detenuti. L’odio e il disprezzo reciproci fra guardie e ladri sono la condizione perché la barbarie delle galere non sia scalfita. E’ una verità più difficile da dire, ma ancora più vera, nel momento in cui qualche guardia è ruzzolata dall’altra parte delle sbarre”. 

 

Ho messo fra virgolette quest’ultimo brano, perché l’ho scritto ventuno anni fa, dopo che a Sassari era successa una cosa come a Santa Maria C.V., ancora più grossa, più numerosa, per mano di agenti penitenziari “normali”, chiamati da tutte le galere sarde. Era intitolato, il mio pezzo di allora, “Dalla parte dei detenuti e degli agenti picchiatori”.
 

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