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Piccola Posta

Il velo della vergogna

Adriano Sofri

Lunedì scorso la Corte Suprema della Repubblica islamica dell’Iran ha respinto la richiesta di revisione del processo contro Saba Kord Afshari, colpevole di aver infranto l’obbligo di indossare lo hijab

Lunedì scorso la Sezione 28 della Corte Suprema della Repubblica islamica dell’Iran ha respinto la richiesta di revisione del processo contro una giovane donna, Saba Kord Afshari, che si era concluso con la condanna a 24 anni. Saba era stata incarcerata il 2 giugno dell’anno scorso, quando aveva vent’anni, per aver infranto l’obbligo di indossare lo hijab, il velo cosiddetto islamico che copre il capo e il collo delle donne. E’ detenuta nel famigerato carcere di Evin a Teheran. Era già stata arrestata il 2 agosto del 2018, condannata a un anno e liberata da un indulto a febbraio del 2019. Recidiva, la sua condanna successiva sommava 15 anni per “incitamento e favoreggiamento della corruzione e della prostituzione” attraverso la promozione del rifiuto del velo, 7 anni e mezzo per “associazione e collusione al fine di commettere crimini contro la sicurezza nazionale”, e un anno e mezzo per avere “svolto una propaganda contro il sistema”.

 

 

La condanna maggiore era stata ridotta e successivamente ripristinata. Intanto a Saba Kord Afshari venivano negate le cure mediche di cui aveva bisogno. Sua madre, Raheleh Ahmadi, era stata a sua volta arrestata e condannata a due anni per aver manifestato a difesa della figlia. A lei è stata negata l’uscita dal carcere di Evin concessa ad altri detenuti e detenute con pene inferiori ai 5 anni a causa del Covid.

 

Nel 2018 almeno 29 donne, “Le ragazze di via della Rivoluzione”, erano state arrestate per aver manifestato a capo scoperto nel centro di Teheran e in altre città, inalberato i foulard come bandiere e diffuso le loro immagini sui media sociali (qui, per esempio: “The Girls Of Revolution Street”). La Sezione 28 della Corte Suprema è nota per la spietatezza e il disprezzo di ogni diritto alla difesa esibiti contro giornalisti, scrittori, poeti, cineasti e artisti, e seguaci di minoranze religiose, per il solo fatto del loro credo, come i Baha’i. 

 

E’ una di tante notizie orrende che vengono, e spesso non arrivano, da un grande paese in cui le donne furono protagoniste di una rivoluzione, subito tradita dai suoi fanatici turbanti, e da allora condannate a nascondere i propri capelli. Oggi fa una piccola impressione in più, quando la nostra attenzione e le nostre controversie sono prese da una mascherina.

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