(foto Ansa)

Piccola Posta

La posta in gioco alle regionali in Toscana è alta. Conviene pensarci bene

Adriano Sofri

Un’occasione per riparare o la conferma di una rotta politica e sentimentale intrapresa

All’inizio, quando la pandemia era ancora soltanto un’epidemia di là da arrivare, la Toscana era il bersaglio grosso di leghisti e sovranisti che, ignari di quello che stava per abbattersi sulle persone, nei territori che ritengono loro e sui loro notabili che li governano, già si fregavano le mani prevedendo la rovina della regione in cui gli untori cinesi hanno fatto la tana. “Presentiamo un esposto denuncia contro il presidente Rossi, che non facendo tutti i controlli necessari su chi rientra dalla Cina, mette a rischio la salute dei cittadini toscani, e accusa chi lo critica, scienziati e medici compresi, di essere un ‘fascioleghista’”, annunciò Salvini a metà febbraio. Gli eletti della Lega in Toscana, compresa la signora europarlamentare candidata alla presidenza regionale, insorsero perché “alcune migliaia di cinesi di ritorno dal loro Capodanno sono solo invitati e non obbligati a presentarsi presso un ambulatorio…”. Sentivano di scommettere sul sicuro, e comunque sul molto probabile. Andò come andò, e l’affare è passato nel magazzino inservibile del “che cosa sarebbe successo se…”: se invece che a Milano, a Bergamo o a Padova o a Treviso il virus avesse infierito a Prato o a Cosenza o a Enna. I cinesi toscani e del resto di tutta Italia hanno dato una prova smagliante di responsabilità, intelligenza e amor proprio.

La Toscana ha attraversato lodevolmente e discretamente quel primo tempo della bufera, e ne ha ottenuto il riconoscimento. Ora, a quanto pare, la Toscana è in bilico. La pretendono, ne pretendono il “cambiamento”, i titolari delusi della scommessa sul contagio. Non è il solo paradosso di una condizione che, qualunque esito si registri lunedì – o oltre, perché la legge toscana prevede l’eventualità del ballottaggio – meriterà una riflessione, qualcosa come una resa dei conti. Le sconfitte che hanno già consegnato alla destra città toscane eredi di una storia illuminata hanno due ragioni principali. La prima, la rivalità di persone che vivono della politica come di una carriera piuttosto che di un ideale, e che via via una selezione dei peggiori ha ridotto a mirare solo al proprio particolare e, quando si vedessero la strada sbarrata, a consolarsene sabotando i concorrenti. La seconda ragione è nel disgusto e nell’indifferenza suscitati nella “base” e fra gli elettori che, non avendo essi stessi un interesse personale e sbarcando altrimenti il proprio lunario materiale e sentimentale, hanno sempre più preferito l’astensione dal voto: al diavolo tutto.

Di queste due ragioni, la prima è ormai fuori tempo rispetto al voto di domenica e lunedì: le carte sono date, recriminare quando bisogna giocare l’ultima mano è stupido o vanesio. La seconda ragione è quella decisiva. Bisogna dire che disgusto e indifferenza non sono affatto più dignitosi che la degenerazione egoistica e affaristica della politica. Non salvano l’anima, per chi ci tiene, e decidono della disgrazia pubblica. Questa volta, la pandemia agisce da aggravante. Ho saputo che su 4.430 elettori toscani attualmente in quarantena certificata solo 300 hanno chiesto di poter votare con le modalità previste. In generale, gli esperti pensano che la partecipazione al voto nella nuova situazione impegnerà soprattutto la fascia fra i 30 e i 50 anni, ritenuta relativamente la più favorevole al centrodestra. Il voto toscano, versione particolare della natura universale del voto nel nostro tempo, sarà forse un confronto fra “la città”, e per eccellenza Firenze, e “la campagna”, la provincia che però vi è onusta di passato e di orgoglio. Ho viaggiato un po’ di recente e mi sembra di aver notato che il centro di Firenze sia incomparabilmente il più svuotato ed esautorato fra le città storiche italiane. A Santa Maria Novella la coda dei taxi fa impallidire il ricordo della coda dei passeggeri in tempi salubri. Chi vive in Toscana ha un paio di giorni per pensarci bene. A chi cade dalle nuvole e tira la volata della candidata leghista, si può ricordare che alle europee del 2019 il centrodestra aveva già superato il centrosinistra, per 70 mila voti: pressoché la differenza che separava centrosinistra da centrodestra a Firenze. Il centrosinistra aveva prevalso solo a Firenze e a Siena. Fra i comuni, la meschinità di sinistra ha regalato sei capoluoghi e altre città illustri alla destra. Le elezioni regionali sono anche un’occasione per riparare, o all’opposto la conferma di una rotta politica, culturale e sentimentale.

Di più su questi argomenti: