John Kerry (foto LaPresse)

Perché Kerry non ha pensato a come punire le violazioni della tregua in Siria?

Adriano Sofri
Abbiamo sentito il segretario di stato Kerry che, credendosi inascoltato, si sfoga coi rappresentanti dell’opposizione siriana “moderata” spiegando che lui avrebbe voluto ricorrere all’impiego della forza e che ne è stato ogni volta impedito da Obama.

Abbiamo sentito il segretario di stato Kerry che, credendosi inascoltato, si sfoga coi rappresentanti dell’opposizione siriana “moderata” spiegando che lui avrebbe voluto ricorrere all’impiego della forza e che ne è stato ogni volta impedito da Obama. Sia, ma c’è, in un qualunque passante, una domanda stringente. Kerry e il suo collega russo Lavrov stipulano faticosamente una tregua che interrompa per qualche ora la strage su Aleppo. Per attuarsi, la tregua ha bisogno dell’assenso di una quantità di parti, a cominciare dai militari di Assad che dispongono, in combutta con la Russia, di forze aeree, di cui i “ribelli” di ogni genere sono privi. Quando si stipula un accordo, in particolare con rinomati criminali di guerra, si pone inevitabilmente il problema di che cosa fare di fronte a una eventuale violazione dell’accordo. Che penale prevedere, come in ogni contratto.

 

In questo caso bisognava almeno prevedere una misura comune o rispettiva che arrestasse e castigasse ogni violazione della tregua realizzata attraverso bombardamenti, da terra e soprattutto dal cielo, tanto più se mirati a colpire edifici civili, ospedali e addirittura convogli di aiuti umanitari. Le violazioni sono avvenute bestialmente e gli americani (e i loro alleati, e la segreteria generale dell’Onu) hanno deplorato che siano avvenute, e per tutto riparo hanno auspicato una ripresa del negoziato per la tregua con Lavrov, cioé gli autori delle violazioni della tregua e degli impuniti crimini di guerra. (Gli americani avevano a loro volta bombardato in un’altra zona una postazione di militari siriani uccidendone decine, scusandosene come di un errore, per averla scambiata come una base dell’Isis). Nella tragica infamia di Aleppo si compendia intero un modo di perseguire la diplomazia e la convivenza internazionale: provare a mettersi d’accordo e non sognarsi nemmeno di evocare mezzi per punire la violazione dell’accordo. La linea è: bombardare prima della tregua, firmare la tregua, bombardare durante la tregua, e bombardare una volta che la tregua si sia, ahimè, rotta. Amen.

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