Quei curdi a Firenze 35 anni fa

Adriano Sofri
Erbil: il mio amico Ali Adil, di cui scrivo abbondantemente qui vicino, racconta una storia del suo soggiorno fiorentino di trentacinque anni fa. Studiava all’Accademia, abitava con un altro giovane curdo in via Ricasoli 33 o 35.

    Erbil: il mio amico Ali Adil, di cui scrivo abbondantemente qui vicino, racconta una storia del suo soggiorno fiorentino di trentacinque anni fa. Studiava all’Accademia, abitava con un altro giovane curdo in via Ricasoli 33 o 35, da un padrone di casa, un pensionato grande e grosso che si chiamava Spinelli. A un certo punto erano in arretrato di 4 mesi sull’affitto, 27 mila lire al mese, e vanno a dire al signor Spinelli che non ce la fanno, e devono lasciare. Lui li sta a sentire nel suo salotto, con una tavola in mezzo alla quale fa bella mostra un piatto di uva. I due continuano a guardarla, finché uno si fa coraggio e dice: “Bella! Che cos’è?”. “Uva – dice il signor Spinelli – Da voi in Kurdistan non c’è?”. I due si consultano, credono di no, dicono, che cos’è esattamente? Il signor Spinelli si mette a ridere, chiama il figlio, e fa portare uova e formaggio, poi anche la carne, e finisce con l’uva. Poi chiede se hanno bisogno di qualche soldo, e glieli dà. Sia gloria al signor Spinelli.