Giovanni Giolitti

Renzi nuovo Giolitti?

Adriano Sofri
Caro Eugenio Scalfari, immagino che il paragone fra Giovanni Giolitti e Matteo Renzi ti sia sembrato troppo divertente per non azzardarlo. Infatti i paragoni più suggestivi sono quelli a prima vista impensabili.

Caro Eugenio Scalfari, immagino che il paragone fra Giovanni Giolitti e Matteo Renzi ti sia sembrato troppo divertente per non azzardarlo. Infatti i paragoni più suggestivi sono quelli a prima vista impensabili. Va da sé che le differenze tra i personaggi – “Sono un ragazzo di Rignano sull’Arno…” – e tra i tempi sono evidenti. Ma c’è una differenza per così dire di metodo che sembra valere anche a tanta distanza somatica e storica, quella enunciata nel famoso discorso parlamentare del febbraio 1901: “Io non temo mai le forze organizzate, temo assai più le forze inorganiche, perché su di quelle l’azione del governo si può esercitare legittimamente ed inutilmente, contro i moti inorganici non vi può essere che l’uso della forza”. Giolitti si misurava così con l’onda montante del movimento operaio e contadino. Renzi, che viene all’altro capo di quella parabola, vuol dare il colpo di grazia alle languenti “forze organizzate”. Dopo di che, sull’uno e sull’altro, e su tutti noi, incombe la guerra di Libia.

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