(foto d'archivio Ansa)

Giffoni, l'ambasciatore reintegrato

Adriano Sofri

Mesi fa scrissi qui di Michael Giffoni, il diplomatico italiano che aveva svolto gran parte della sua carriera a Sarajevo

Mesi fa scrissi qui di Michael Giffoni, il diplomatico italiano che aveva svolto gran parte della sua carriera a Sarajevo, poi come direttore per il nord Africa al ministero, infine, per più di cinque anni, come primo ambasciatore italiano in Kosovo. In quel contesto drammatico si guadagnò, per coraggio, competenza e onestà, il riconoscimento e la riconoscenza di quanti, da giornalisti o da cooperanti civili o militari in missione, frequentarono i Balcani. Un anno e mezzo fa Giffoni fu sottoposto a un procedimento disciplinare da parte del ministero degli Affari Esteri, e sospeso dal servizio. Gli si addebitava di aver autorizzato con la sua firma il rilascio di visti irregolari. La colpa riconosciuta di Giffoni era di aver fatto fiducia a un impiegato dell’ambasciata, e di venirne tradito. Nessun dolo gli poteva essere imputato, né è derivato alcun effetto penale. E mai Giffoni venne ascoltato, anche solo come persona a conoscenza dei fatti, dalla giustizia kosovara e dalla missione europea in Kosovo Eulex, che avevano indagato sulla questione dei visti. Esattamente un anno fa la commissione ministeriale deliberò la destituzione di Giffoni, poi convalidata dal ministro. La misura lasciò sbigottiti, oltre che Giffoni e chi lo conosceva e stimava, buona parte degli stessi esperti, incapaci di spiegarsi, in assoluto come relativamente ai precedenti, una durezza così drastica e sproporzionata. Per un uomo come Giffoni quel termine, “destituzione”, voleva dire, prima ancora che l’espulsione dall’ambito di lavoro cui ha dedicato la vita, una destituzione dalla propria personalità. Gli restava il ricorso al Tar del Lazio, il quale, dopo una lunga procedura, ha appena emesso la propria sentenza, annullando il provvedimento di destituzione emesso dal Mae, dichiarando la fondatezza del ricorso e ordinando l’esecuzione. Il ministero, insomma, è tenuto alla reintegrazione, e per voce di un organo giurisdizionale. Può a sua volta lasciarsi tentare da un accanimento e ricorrere a qualche altro organo: ci si augura che piuttosto faccia prevalere il buon senso, poiché non c’è nessuno che metta in causa la lealtà di Giffoni; e voglia restituire a lui l’onore ferito e a sé un collaboratore capace e devoto.

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