PASOLINI

Mariarosa Mancuso

Tutte le copie di “Petrolio”, per quanto scarsamente lette, si aprono da sole in corrispondenza dell’appunto 55, “Il pratone della Casilina”.

Tutte le copie di “Petrolio”, per quanto scarsamente lette, si aprono da sole in corrispondenza dell’appunto 55, “Il pratone della Casilina”. Era inutile affannarsi tra gli “Antefatti”, la “follia prefatoria” (parole di Pier Paolo Pasolini) che allinea una prefazione posticipata – non bastasse divisa in due parti – e una parentesi prefatoria (chiusa tra parentesi quadre, estemo tentativo di ingabbiare il delirio) che ha per titolo “Cos’è un romanzo?”. Di romanzi – qualcosa lo suggeriva, mai fidarsi dei decostruzionisti e degli scrittori che piacciono a Carla Benedetti – l’appunto discute pochissimo; spiega soltanto perché il protagonista si chiama Carlo come Pasolini padre. Era inutile districarsi tra le voci un indice che dava le vertigini. Bastava andare alla scena di “Petrolio” più chiacchierata e oscena. Quella di cui tutti chiacchieravano, sui giornali e nei convegni universitari, e non è sfuggita neppure a Abel Ferrara: una sfilata di cazzi e di pompini. Notte, pratone, ragazzi di vita, sesso molto più esplicito nell’abbozzo di romanzo che nel film. Se nelle scuole fanno leggere “Sei come sei” di Melania Mazzucco, si apre a questo Pasolini una carriera di proiezioni a uso studentesco. Magari in coppia con “Il giovane favoloso” di Mario Martone: il candidato, nella tesina richiesta, potrà poi spiegare con parole sue gli intrecci tra arte e vita nei poeti italiani. Gente che a giudicare dai film fa una cosa e poi corre a scriverla, sicché i canzonieri risultano una forma arcaica di “Caro diario” o di Facebook. Esaurito il pratone, Abel Ferrara sfrutta per la sceneggiatura di “Porno-Teo-Kolossal”, il film che Pier Paolo Pasolini avrebbe voluto girare dopo l’inguardabile “Salò o le 120 giornate di Sodoma”. Un progetto nato negli anni Sessanta, ai tempi di “Uccellaci uccellini”, e dal defunto Totò era passato a Eduardo De Filippo: a giudicare dalle scene girate da Ferrara in vece sua, una mistura infernale di sesso, poesia, ninettidavoli con i ricci e brevi cenni sull’aldilà. Il resto è vita quotidiana chez Pasolini: il bacio della mamma, la lettura del Corriere della Sera, la visita di Laura Betti che ha appena doppiato “L’esorcista”, l’intervista con Furio Colombo (l’attore è Francesco Siciliano, figlio di Enzo Siciliano) declamata riga per riga come se fosse un radiodramma. Unica cosa notevole, tra gli sbadigli e le goffaggini, la mancanza di teorie complottistiche.

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