DELIVERY MAN

Mariarosa Mancuso

Paradossi dell’estate cinematografica italiana. Se esce un film che vale il prezzo del biglietto, c’è il caso che l’abbiate già visto con un altro titolo.

Paradossi dell’estate cinematografica italiana. Se esce un film che vale il prezzo del biglietto, c’è il caso che l’abbiate già visto con un altro titolo. Colpa del regista Ken Scott, che ha girato due volte lo stesso film: una volta nel Québec, con il titolo “Starbuck - 533 figli e non saperlo!” (uscito in Italia lo scorso agosto, dopo aver battuto ogni record di incassi in patria) e la seconda volta negli Stati Uniti, con il titolo “Delivery Man”, l’uomo delle consegne. Uno la fotocopia dell’altro, del resto la sceneggiatura era ottima e non c’era nulla da cambiare. Prodotta dalla Dreamworks di Steven Spielberg che si era innamorato del film, la versione americana ha in più la simpatica indolenza di Vince Vaughn. Il giovanotto fa il garzone nella macelleria di papà, gioca nella squadretta di calcio con gli amici, per arrotondare coltiva canapa indiana (compra tanti manuali sulla cultura idropinica che il commesso gli chiede “vuole anche le cartine?”, mentre lui finge di aver messo a dimora innocenti pomodori). La fidanzata è incinta. Tutti gli spiegano che riprodursi è una sciagura, toglie tutti i divertimenti della vita e lascia solo le notti insonni. Non sanno che di figli ne ha 533: una serie di donazioni di sperma, sempre per procurarsi un po’ di argent de poche, e lo sconsiderato comportamento dei medici hanno combinato il guaio (la buona notizia è che soltanto 142 rampolli hanno intentato la class action contro di lui). La clinica protegge l’anonimato del donatore. Gli consegna però un dossier con foto, indirizzo, hobby e passioni dei suoi figlioli. Prendete “I ragazzi stanno bene” di Lisa Cholodenko, con la coppia lesbica Annette Bening e Julianne Moore (il donatore era Mark Ruffalo, che in mancanza di figli propri ha qualche curiosità) e moltiplicatelo. Sarebbe stato sensato parlare, visto che siamo in tema, anche di “Provetta d’amore”, diretto da Jay Chrandrasekhar con Paul Schneider (era l’amico di John Keats in “Bright Star” di Jane Campion) e Olivia Munn (era in “Magic Mike” di Steven Soderbergh, ma tra tanti spogliarellisti maschi scompariva). Lui non riesce a mettere incinta la moglie, e tenta un furto alla banca del seme dove aveva lasciato un deposito tanti anni prima. Ma non l’abbiamo visto: l’altro paradosso dell’estate è che i film escono in oltre cento copie senza anteprima. I giornali sono invitati a segnalarli senza giudicarli.

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