Direttore, prego

Signora maestro. Parla Lucia Rocchetti

Mario Leone

Da oggi la Biennale Musica di Venezia, da lei diretta. "Sono stata salvata dalla musica: mi fa dimenticare tutto il resto"

Vuole essere chiamata compositore e non compositrice, direttore e non direttrice, maestro e non maestra. Lei è Lucia Ronchetti, classe ’63 (non teme di dire la sua età), origini e formazione romane, carriera all’estero. E’ sempre capace di catturare l’attenzione, sia quando parla, sia quando usa le note. Salita alla ribalta della musica contemporanea “in tarda età”, è stata immediatamente apprezzata e valorizzata in Francia e Germania. Oggi è anche direttore della Biennale Musica di Venezia che si inaugura oggi con un cartellone curato in ogni dettaglio. Parlarne significa ricostruire le tappe fondamentali della sua storia. Il suo primo approccio con la musica è stato informale e non professionale, un rapporto naturale e privo di sovrastrutture. “Sono stata introdotta piccolissima alla musica da due anziani musicisti andati in rovina – dice al Foglio – che conservavano dischi, spartiti, strumenti musicali e soprattutto la voglia di comunicare la musica. Sono stata salvata dalla musica”. La musica le permette di astrarsi, a volte fuggire, dalla realtà. “Ho imparato che grazie alla musica si può dimenticare il resto. Ancora oggi, quando lavoro alle mie partiture, ho l’impressione che non esista null’altro. C’è una sorta di distacco da me per giungere in una dimensione diversa, nuova”.


La strada della composizione è complessa e ricca di insidie. Le cadute, i rifiuti, gli insuccessi non minano la voglia di raggiungere l’obiettivo. “Più i muri si alzavano, più mi convincevo che quella era la mia strada. La fatica però mi ha permesso di conservare un entusiasmo che mi sembra gli altri abbiano perso”. Nel 2021 arriva la nomina a direttore artistico della Biennale Musica di Venezia. Un riconoscimento importante per un’artista che l’Italia aveva dimenticato. “Dopo tanta esperienza in Europa – ci racconta – ho presentato, prima a Paolo Baratta e poi all’attuale presidente Roberto Cicutto, un programma di quattro anni ricco di qualità che potesse avvicinare tanti giovani alla musica contemporanea”. 

Il programma della Biennale Musica 2021 è dedicato alla voce. “L’Italia è il paese della voce – continua la Ronchetti – cito solo Palestrina, la scuola di san Marco a Venezia, l’Oratorio e poi il Melodramma. Ho voluto riportare Venezia e la sua storia della musica al centro della Biennale. Senza questo dialogo, la Biennale Musica rimane una nuvola che non si radica nel territorio dialogando con il pubblico. Quello della voce è un tema a me molto caro e di grande attualità perché negli ultimi anni tante istituzioni e ensemble vocali commissionano a noi compositori nuovi lavori”. Nell’ambito della musica contemporanea e vocale l’Italia però è ancora indietro. “In tanti paesi europei – spiega la Ronchetti – i giovani compositori vengono sostenuti anche economicamente, mentre i talenti del nostro paese rischiano di diventare studenti a vita perché non hanno sbocchi e aiuti. E’ un peccato perché la musica non è un mondo di parassiti ma la possibilità di dare un ritorno culturale ed economico a tutto il paese. San Marco è il simbolo di qualcosa che era importante nel passato e deve continuare a esserlo anche nel presente”.


Mancano poche ore all’inaugurazione della Biennale Musica. Le chiediamo un ultimo parere sul “suo” Festival: “Lo definirei medievale, con cori e processioni. Io uso il termine in maniera positiva. A Venezia il Medioevo è stato un periodo splendido e difficile. Un momento importantissimo per l’arte e la sua fioritura”. 

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