I Beatles con la polizia di Birmingham. Foto di West Midlands Police via Flickr

Se è possibile amare i Beatles senza conoscere i Beatles abbiamo una speranza

Simonetta Sciandivasci

Il nuovo film di Danny Boyle su un black out anomalo e la capacità di riconoscere la grandezza di una canzone anche senza ricordare nulla 

In amore cedete, almeno oggi, e poi sempre, per sempre. In amore, se c’è l’amore, va bene tutto e tutto va bene. Non fate gli schizzinosi: quello che trovate intollerabile oggi vi lascerà del tutto indifferenti tra vent’anni, qualsiasi sia la vostra aspettativa di vita. Sì, sì a tutto. Unica eccezione: quelli che odiano i Beatles. Per loro è no. Scappate, via, su le mutande, niente anello, non un aperitivo e neppure una spremuta, raus, sciò. Direte che i gusti non si discutono, e non è vero, ma non è questo il punto. Quelli che non amano i Beatles sono non morti, non umani.

     

Non possiamo non dirci beatlesiani e Danny Boyle ha fatto un film, “Yesterday”, che spiega perché. E’ il film che dovremmo andare al cinema a vedere oggi, ma uscirà solo a settembre, e quindi per stasera ci tocca o l’astinenza (dal cinema) o “Un’avventura”, una storia d’amore “raccontata sulle note delle canzoni di Lucio Battisti” (l’idea è un plagio di “Across the universe”, un musical che uscì al cinema dodici anni fa e faceva la stessa cosa, ma “sulle note” dei pezzi dei Beatles, appunto). Nel film di Boyle c’è un brutto black out, uno sbalzo in tutto il mondo. Dura qualche istante, nessuno si fa male sul serio, qualcuno casca dalla bici e si sfascia un dente. E’ quello che capita al protagonista Jack Malik, cantautore senza successo che non appena si ritrova a strimpellare “Yesterday” davanti ai suoi amici viene ascoltato e applaudito per la prima volta. La sua ragazza si commuove, gli domanda, ma quando l’ha scritta?, lui strabuzza gli occhi, ma è dei Beatles, Lennon, McCartney, ma siete matti? Nessuno ne sa nulla. Google, uguale: rimanda solo a scarafaggi. In quel black out, i Beatles sono stati cancellati dalla memoria dell’umanità, come se non ci fossero mai stati. Se ne ricorda solo Jack.

   

Com’è un mondo senza Beatles? Mostruoso? Avvizzito? Irrimediabilmente depauperato? Non proprio. E’ un mondo abitato da persone ancora pronte a impazzire per “Let it be” e per chi la canta. Non appena Jack lo capisce, prende a spacciare per suo il repertorio dei magnifici quattro, prima nel salotto di casa sua poi nelle sale di registrazione importanti. Diventa una super star. Ricordate senz’altro il Troisi di “Non ci resta che piangere”, che quando si ritrova nel Medioevo prende a corteggiare una ragazza cantandole l’Inno di Mameli e “Yesterday”, spacciandole per sue, perché tanto lei cosa poteva saperne: quella musica sarebbe arrivata molto dopo di lei, eppure la ragazza era in grado di riconoscerne la grandezza. Non c’è modo di ricondurci a una tabula rasa o forse c’è, e se anche qualcuno o qualcosa (un terremoto, un black out, un’apocalisse qualsiasi) lo dovesse trovare, resteremo sempre capaci di appassionarci ai Beatles: è un miracolo d’amore che si può festeggiare oggi, e sempre, pure se siete cuori solitari, o pluricuori, o pluritraditi, o pluridivorziati. Possiamo farci dire una cosa precisa da Boyle: si può prendere a spugnate tutto, fino a credere che la democrazia francese sia millenaria, o che Conte sia presidente della Repubblica, o che l’uomo non sia mai andato sulla luna; si può tentare di cancellare tutto quello che eravamo; si può rimuovere “Sexy Sadie”. Fintanto che basterà che torni a cantarcela un solo uomo, anche un po’ sfigato, per ammutolirci e renderla di nuovo il successo interplanetario che è stata, saremo al sicuro, saremo vivi. Riconoscere la grandezza di un pezzo dei Beatles ci qualifica come esseri umani, per questo dovete scappare da quelli che non lo fanno: sono spie aliene, sono sirene, sono millenari democratici francesi.

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