Foto di tomaradze via Flickr

I dischi perduti di Bowie e Coltrane parlano di un'èra fondata sulla nostalgia

Eugenio Cau

Capolavori, prime opere e l’avvento del digitale

Roma. Negli scorsi giorni la stampa britannica ha avuto un piccolo sussulto quando è uscita la notizia che era stata trovata una registrazione perduta, un lost tape, di David Bowie, gigante della musica morto troppo presto nel 2016. Il nastro risale al 1963, a quel tempo Bowie era il sassofonista dei Konrads, una band che non ha mai avuto successo, e non aveva intenzione di diventare un cantante. David Hadfield, che dei Konrads era il batterista e il manager, lo convinse a cantare una versione di “I Never Dreamed” per una registrazione da presentare alla casa discografica Decca. Bowie, che allora si chiamava ancora David Jones, cantò, la Decca rifiutò il disco ma quando, sei anni dopo, Bowie divenne una star mondiale e tutti cominciarono a voler sentire quelle prime registrazioni, il nastro era perduto. Hadfield l’ha ritrovato, dice, dentro a un cestino per il pane finito chissà dove a casa sua, e adesso metterà all’asta la registrazione preziosa per decine di migliaia di sterline. A giudicare da quanto è stato pubblicato online, il nastro non è un granché – Bowie aveva soltanto sedici anni –, ma il suo ritrovamento a cinquant’anni di distanza ha meritato più spazio sui giornali di molte nuove uscite che fanno milioni e milioni di ascolti su Spotify.

 


Foto LaPresse


  

Un’eccitazione ancora più grande c’è stata il mese scorso quando la Impulse ha annunciato la pubblicazione imminente di un nuovo disco di John Coltrane, leggenda del jazz, morto nel 1967. Il disco è stato registrato nel 1963, come quello di Bowie, e ha una storia simile. Considerato perduto, è stato ritrovato dalla prima moglie di Coltrane, che ha dato i nastri alla Impulse per la pubblicazione. Al contrario di quello di Bowie, registrazione quasi amatoriale, il disco di Coltrane è stato registrato nello studio del più grande tecnico del suono dell’età del jazz, Rudy Van Gelder, da un quartetto che è definito “storico”, composto da quattro musicisti (oltre a Coltrane, Jimmy Garrison, al basso, Elvin Jones alla batteria e McCoy Tyner al piano) al culmine della loro carriera. Il disco è stato chiamato “Both Directions at Once: The Lost Album”, è meraviglioso e i media gli hanno dedicato pagine su pagine.

 

Questi nastri perduti e ritrovati sono un buon esempio del genere musicale che negli ultimi anni va per la maggiore sul mercato: la nostalgia. Non importa che sia jazz o glam rock, ciò che conta è che la musica ricordi ai suoi ascoltatori commossi un’epoca trascorsa e migliore. Quando non ci sono registrazioni d’epoca a disposizione ci sono le reunion delle band storiche, che negli ultimi anni sono diventati uno dei fattori trascinanti del mercato e del business dei concerti. Si potrebbe pensare che queste operazioni siano indirizzate agli appassionati di musica più avanti con gli anni, ma non è il caso. La scorsa settimana i King Crimson, band progressive inglese che ha scritto un pezzetto di storia del rock tra gli anni Sessanta e Settanta, hanno fatto il tutto esaurito all’Auditorium di Roma, e il pubblico era composto per metà da sessantenni e per metà da ventenni entusiasti di ascoltare maestri della chitarra che potrebbero essere i loro nonni. Quando non ci sono a disposizione vecchie registrazioni né vecchi artisti è il sound che deve essere vintage, come dimostra molta musica specie di genere indie degli ultimi anni. Alcuni ritengono che questo fenomeno sia da attribuire all’avvento del digitale. Le case discografiche, con i profitti mangiati via dai download, non hanno più soldi per cercare bravi artisti e investire su di loro, e c’è poco da stupirsi se non si fa più buona musica da quarant’anni, come spesso si dice. L’avvento dello streaming, che computa algoritmicamente il successo di una canzone dentro a una playlist, ha fatto il resto: un artista innovativo oggi fa più fatica di ieri, perché l’algoritmo è pensato per ripetere all’infinito una formula che funziona.

 

Ma a ben pensare non è soltanto la musica a essere venata di nostalgia. Dal ritorno della fotografia a pellicola alla nostalgia politica per la terza via degli anni Novanta alle pagine Facebook che commemorano il Pentapartito, la nostra èra è piena di testimonianze culturali che rimpiangono il passato. A un certo punto dovremo cominciare a chiederci se è una tendenza sana, e se a ogni sussulto di gioia per un capolavoro ritrovato di Coltrane non dovremmo aggiungere un brivido perché un grande artista della nostra epoca non ha trovato qualcuno disposto ad ascoltarlo.

Di più su questi argomenti:
  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.