Claudio Baglioni e Virginia Raffaele a Sanremo (foto LaPresse)

Anche i poeti guardano Sanremo. E nel loro piccolo s'incazzano

Simonetta Sciandivasci

Su internet spunta una petizione “contro l'attacco alla poesia da parte del festival”. Dispiace per loro ma quello di Baglioni resta il Festival dei bravi. Anzi, dei super bravi. Dei poetici, persino

Prima le cose belle.

Claudio Baglioni apre la terza serata cantando "Via", non porta la cravatta e non è solo bellissimo ma pure disinvoltissimo al punto che, in certi momenti, guarda il pubblico come Richard Gere in Pretty Woman guarda Julia Roberts nuda con addosso solo una cravatta e le dice “bella cravatta”.

I giovani durano meno del giorno prima, una di loro (Eva) ha una gonna che si compone di buste per l'umido, due (tre?) piercing sulla faccia e tatuaggi sul novanta percento del corpo: coerentemente, canta una canzone spaventosa sulle conseguenze dell’apparire.

 

 

Favino s’impappina mentre spiega il solo proporzionale credibile del paese, cioè il regolamento del festival, mentre Michelle Hunziker, a braccetto con Baglioni, si gode la scena e, per la prima volta da tre sere a questa parte, rinuncia al mansplaining, è simpatica, è deliziosa, è come dev'essere l'umorismo in prima serata: agglutinante. È la prima gag involontaria del festival ed è la meglio riuscita: significa che i tre signori sul palco sanno fare il jazz. Detrattori, o producete le prove di almeno altre tre improvvisazioni altrettanto valide e spassose sulla Rai dell'ultimo lustro, o tacete per sempre.

 

Favino dice “l'amore è una forza che bum bum” e sul “bum bum” si batte il petto, trasformandoci tutte ne “le comari di quel rione che contemplavano lo scimmione non dico dove non dico come”

Virginia Raffaele dà così tanto del vecchio a Claudio Baglioni che, siccome lei è un genio e lui non è di questa terra, quando dice di Michelle Hunziker che è “una badante svizzera”, nessuno s'accorge del primo vero ko ai danni della conduttrice (è ragionevole supporre che non ce ne saranno altri).

 

 

E ora le cose brutte.

Ricordate quando Renato Zero cantò “Svegliatevi poeti, spegnete la tv, vi hanno abbastanza offesi, nessuno qui vi crede più”? Era il 2001. Diciassette anni dopo, i poeti si sono svegliati ma la tv non l'hanno ancora spenta tant’è che guardano Sanremo e firmano petizioni “contro l'attacco alla poesia da parte del festival” ove scrivono che “è vile mettere alla berlina parole di persone che non si possono difendere: proseguire due primi versi di Leopardi cantando testi di canzonette, far credere che il testo di Despacito sia un inedito di Garcia Lorca, poeta ucciso dai fascisti proprio per le sue idee anarchiche” e aggiungono che se non siete contenti di venire così “derubati del diritto alla conoscenza” e volete opporvi a “questa deriva verso il nulla e il vabbè che importa”, dovete firmare la petizione. Questo giornale si impegna a tenervi aggiornati sul prosieguo della mobilitazione.

 

Torniamo all'Ariston.

Michelle Hunziker indossa tre abiti spaventosi su tre, l'ultimo dei quali è una emoticon di Snapchat ed è rosa, quindi si presta assai bene alla performance che abbiamo temuto dalla prima sera e, ogni tanto, creduto (sperato?) che non sarebbe mai arrivata. Da ranuncolo all'occhiello di artiste e artisti, la battaglia per i diritti delle donne si trasforma in un medley di canzoni sulle donne per le donne (sì, naturalmente sì: il culmine è “siamo così, dolcemente complicate, sempre più emozionate, delicate”), principiato come gag, ovvero con Hunkizer che canta “I maschi” di Gianna Nannini e viene interrotta da una signora del pubblico che le rimprovera di aver usato l'unico momento in cui è rimasta sul palco senza uomini per cantare una canzone a loro dedicata. E fin qui s'è riso e pensato: forse che si sta finalmente osando una satira delle isterie spacciate per femminismo degli ultimi quattro mesi? E si è stati sul punto d'affacciarsi alla finestra e urlare “l'Italia s'è desta!”, senonché altre signore dal pubblico hanno preso a urlare siamo donne e siamo napoletane e siamo madri e siamo donne perché madri napoletane e hanno conquistato il palco in un battito d'ali, trasformandolo in un sit in di Se non ora quando coordinato da Cinzia TH Torrini. Le figuranti hanno tutte l'accento napoletano e/o pugliese: negli Stati Uniti sarebbero finite alla gogna per appropriazione culturale ma (per fortuna?) siamo in Italia e dunque il loro è civismo.

 

  

Per par condicio, dopo aver preso a mazzate il femminismo, si decide di seviziare anche il giornalismo, che tanto è in ottima salute e quindi regge bene i colpi, dunque si ripropone la formula “interrompere Baglioni mentre canta con domande e/o osservazioni fesse” e stavolta il ruolo di Franca Leosini tocca a Emma D'Aquino del Tg1. La canzone molestata è “Sabato pomeriggio”: quando Baglioni accenna il primo “passerotto non andare via”, viene bloccato da una finta edizione straordinaria del notiziario in cui D'Aquino educe sul rischio di estinzione dei passerotti, poi piomba sul palco e dice che “esistono anche altri uccelli” (quale donna non sogna di trovarsi nello stesso metro quadrato di Claudio Baglioni per potergli dire la medesima cosa? Capite perché non ci salveranno le giovani ma le ottantenni, quindi Ornella Vanoni? Perché è vero che esiste Giorgia e che è salita sul palco in tailleur e ha cantato con James Taylor azzerando tutto il resto, ma Giorgia è la sola donna italiana under cinquanta ben educata vista all'Ariston in tre giorni di “concorso” – copyright Nino Frassica, tra le cose belle).

No, nessuno sta raccogliendo firme in difesa della discografia di Claudio Baglioni e non fatevi venire in mente di incominciare. Non c'è spettacolo che mieta vittime, però ci sono molti, moltissimi, troppi spettacoli noiosi: non è questo il caso. È ancora il festival dei bravi. Anzi, dei super bravi. Dei poetici, persino.

E noi che non ci opponiamo alla deriva verso il nulla, ci stiamo divertendo pazzamente, punto e basta.

Stasera sarà meglio: Ornella Vanoni duetterà con Alessandro Preziosi, noi duetteremo con quelli che amiamo, che sono stonati e quindi bellissimi.