Il mercato secondo Vargas Llosa: indice e motore di libertà individuale

Serena Sileoni

Cosa voglia dire liberale è una domanda con tante risposte. Motivi storici e di storia del pensiero politico fanno sì che molti ne pretendano l’uso esclusivo, per ragioni diverse e persino opposte, e che sia sempre ambiguo definirsi, e definire, un “liberale”.

Cosa voglia dire liberale è una domanda con tante risposte. Motivi storici e di storia del pensiero politico fanno sì che molti ne pretendano l’uso esclusivo, per ragioni diverse e persino opposte, e che sia sempre ambiguo definirsi, e definire, un “liberale”.
Per lo scrittore e premio Nobel Mario Vargas Llosa, essere liberale vuol dire riconoscere la democrazia politica, il libero mercato e la preminenza dell’individuo quali fondamenti essenziali della società. Tre pilastri distinti ma non autonomi, come altre dottrine possono credere, poiché tutti originati da una concezione unica e indivisibile della libertà quale valore supremo. “La libertà politica, economica, sociale, culturale – ha scritto Vargas Llosa in un articolo apparso ne El País nel gennaio di quest’anno – sono una cosa sola e tutte conducono verso il progredire della giustizia, della ricchezza, dei diritti umani, delle opportunità e la coesistenza pacifica in una società”. Non può darsi, quindi, economia libera senza diritti politici, senza tolleranza, senza una libertà di critica e di espressione, senza la possibilità di confronto democratico delle idee. Ma non può neanche darsi una società libera senza il libero mercato, che, come scrive l’autore nelle Confessioni di un liberale, “rappresenta il migliore strumento esistente per produrre ricchezza e, se ben integrato in altre istituzioni e negli usi della cultura democratica, porta il progresso materiale di una nazione alle spettacolari vette alle quali siamo ormai abituati”.

 

Infine, ritenere che la libertà individuale sia anteposta all’organizzazione sociale è la naturale conseguenza di credere che la libertà, integralmente intesa, sia il valore per eccellenza, giacché “la misura della libertà in una società è data dal grado di autonomia con cui i cittadini possono organizzare la propria vita e operare per il raggiungimento dei propri scopi senza interferenze illegittime”.

 

[**Video_box_2**]Quella di Vargas Llosa è una visione a tutto tondo della libertà umana come valore assoluto e essenziale per la promozione personale e, quindi, dell’intera società, attraverso una aperta e genuina competizione a ogni livello. Ne deriva che il ruolo dello stato, residuale e di cornice, “non è produrre ricchezza, funzione che viene svolta con migliori risultati dalla società civile in un contesto di libero mercato”, ma garantire “la sicurezza, dell’ordine pubblico, del rispetto della legalità, della salute e dell’educazione, non, tuttavia, in maniera monopolistica, ma in stretta collaborazione con la società civile”.

 

Spente le aspirazioni marxiste e socialiste dell’età giovanile proprio quando “l’intellighenzia dell’Occidente sembrava, per frivolezza o opportunismo, soccombere al richiamo del socialismo sovietico” (dal discorso al conferimento del premio Nobel), Vargas Llosa è un convinto sostenitore del libero mercato come indice e strumento al tempo stesso di libertà individuale, arrivando a sostenere, all’epoca della nazionalizzazione del settore finanziario nel suo paese, che una simile riforma rappresentava, molto più che una scelta di indirizzo semplicemente politico-economico, “la scelta tra uno stato di tipo democratico e uno di tipo totalitario”.

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