Turismo? Serve una svolta di lusso da 520 mld. Parla il n°1 di Altagamma

Fabiana Giacomotti

Qualcosa è cambiato nella fondazione che racchiude il soft power italiano ed è l'inclusività e la coscienza di sé. Il presidente Matteo Lunelli, infatti, ha iniziato a concedersi qualche commento sui temi economico-politici del momento

L’altra sera, nella Galleria di Palazzo Colonna allestita per il pranzo di celebrazione dei trent’anni di Altagamma, si aggiravano piloti di Formula 1, Gabriele Muccino, il fotografo Paolo Roversi del ritratto a Kate Middleton, tutti nuovi membri onorari della fondazione. In epoca pre Covid, nessuno dei centododici produttori di vini, barche, moda, design e gestori di hotellerie di eccellenza li avrebbe mai invitati a far parte dell’associazione. Al limite, li avrebbero ingaggiati per le proprie campagne pubblicitarie. Dunque, qualcosa è cambiato, nell’enclave che racchiude il soft power italiano, fattura 126 miliardi di euro e occupa 1,92 milioni di persone per un contributo al pil pari al 7,4 per cento, e si chiama inclusività e coscienza di sé. Con la loro prima Carta dei valori, guida di autoregolamentazione etico-culturale che ricorda i princìpi fondativi delle grandi imprese illuminate dell’Otto-Novecento, Crespi-Olivetti per intenderci, i membri di Altagamma sono stati ricevuti prima dal presidente Sergio Mattarella e poi dal Pontefice.
 

“Alcuni dei nostri associati, in realtà, sono già oltre gli obiettivi prefissati, soprattutto in relazione all’impronta di carbonio, alla tutela dell’ambiente e alla valorizzazione del territorio: il legame delle nostre imprese con la comunità di riferimento è alla base del nostro Dna”, dice il presidente di Altagamma Matteo Lunelli, ben sapendo però che, per un 70 per cento di associati che già pubblica il report di sostenibilità e ha adottato un codice etico, il restante 30 per cento vive una situazione per così dire “dinamica”. Presto dovranno essere adottati i nuovi standard di rendicontazione europei: per molte piccole aziende sarà uno sforzo importante, ma necessario per differenziarsi dal mass market e garantirsi il premium price e l’affezione tributati da un pubblico che, se chiude gli occhi sul fast fashion da cui continua a rifornirsi (il cinese Shein è stato valutato cento miliardi di euro), non fa sconti a chi applica multipli fino a sedici sui propri prodotti: da questi esige il massimo rispetto degli standard produttivi, inclusività inclusa.
 

Quando nacque, in piena Tangentopoli, per volontà di Santo Versace e di molti protagonisti della moda ora scomparsi, primo fra tutti Maurizio Gucci, la fondazione riuniva quella che ancora si definiva come la crème dell’industria manifatturiera e l’aggettivo “lusso” non era ancora divisivo come oggi. Nel 2017, arrivò il nuovo slogan: “Creatività e cultura italiana”. La parola lusso era scomparsa. Per qualche tempo, durante il lockdown, i soci si posero qualche domanda perfino sull’adeguatezza del brand: la nozione dell’alto di gamma, traduzione letterale dal francese haut de gamme che si basa su un vissuto molto differente, avrebbe potuto suonare per caso escludente in anni social dove, per una parola fuori contesto, rischi la decapitazione? La denominazione è rimasta (“l’alto di gamma esprime valori ed è un riferimento di cultura industriale”), e Lunelli ha iniziato a concedersi qualche commento sui temi economico-politici del momento. Per esempio, sul numero programmato di visitatori a Venezia (“in un ecosistema fragile, un filtro è necessario: dopotutto lo applicano anche i parchi naturali negli Stati Uniti”) e sul tema caldo delle concessioni balneari: “L’Italia deve agire per un riposizionamento del turismo verso l’alto, migliorando la propria offerta turistica”. In altre parole, sì alla concorrenza, purché migliori un’offerta che in troppe aree della penisola è ancora lontana dagli standard internazionali di chi viaggia in prima classe. E non solo in Italia: secondo un recente studio di Bain per Eccia, l’associazione che riunisce gli omologhi europei dei membri di Altagamma e di cui Lunelli è stato nominato presidente da poche settimane, il comparto avrebbe un potenziale di crescita fino a 520 miliardi di euro fra il 2030 e il 2035, circa il triplo rispetto al 2019. Resta da capire se si voglia trasformare l’Europa in un parco giochi per ricchi; certo è che al raggiungimento dell’obiettivo mancano le strutture ricettive (l’alto di gamma rappresenta il 2 per cento del sistema); per quanto riguarda l’Italia, le infrastrutture e la formazione del personale, nota dolente anche di questa estate in cui l’organico mancante nel nostro paese si aggira sulle 250 mila persone. “Bisogna tornare a rendere attrattivo questo percorso professionale”, dice Lunelli. Come nel caso della formazione di modellisti e tagliatori della moda, in un ambiente dove tutti vogliono diventare direttori creativi, un vasto programma. Che però Altagamma adesso vuole sviluppare con le istituzioni a fianco.

Di più su questi argomenti: