Enoteca Bruno Lunelli, di FrancescoTalani1993 - Opera propria (Wiki Commons)

Il Foglio della Moda

La famiglia è un bene purché sia gestita e non predominante

Matteo Lunelli*

Innovazione, internazionalizzazione e crescita dimensionale sono le priorità di qualsiasi impresa familiare di successo. I Piani Famiglia sono lo strumento fondamentale per controllarne gli sviluppi

 

“La prima generazione fonda l’azienda, la seconda la consolida, la terza la distrugge”. Sull’impresa familiare circola da sempre questa storiella che è più di un monito per chi, come me, rappresenta la terza generazione di una famiglia imprenditoriale. Qualche cosa di vero c’è: secondo dati europei, il 32 per cento delle imprese familiari supera il primo passaggio generazionale e soltanto il 15 per cento anche il secondo. Nonostante questo, sono convinto che l’impresa familiare sia un modello vincente, a condizione che sia dotata di una corporate governance adeguata, ossia di un sistema di regole codificato e condiviso che disciplini il rapporto tra famiglia e impresa. 

La natura familiare delle aziende italiane è un tratto distintivo del nostro tessuto imprenditoriale ed è anche uno dei temi più presenti nel dibattito sul modello di capitalismo italiano, talvolta con giudizi polarizzati tra l’esaltazione e la critica. Di fatto, le imprese familiari sono la spina dorsale della nostra economia: rappresentano l’85 per cento delle imprese italiane, creano occupazione, crescono più di altre tipologie di aziende e hanno una redditività più alta e un minor indebitamento. L’origine familiare è presente anche nelle aziende italiane di alta gamma: dalla moda al design, dal vino all’ospitalità, molte nostre eccellenze sono nate dall’intraprendenza imprenditoriale e creativa di un fondatore, di cui spesso l’azienda porta il nome, e sono cresciute sotto la sua guida, quella dei suoi familiari e dei suoi eredi.

 

Gli aspetti positivi di questo assetto proprietario sono ben noti. Le imprese familiari sono fortemente radicate nel territorio e nella comunità cui appartengono e sono capaci di stabilire rapporti forti e duraturi con i propri stakeholders. Le famiglie tendono ad avere un orizzonte temporale di lungo periodo e ad essere meno focalizzate sui risultati di breve termine. Inoltre, il particolare legame con l’azienda si traduce spesso in una cura straordinaria per la qualità del prodotto. Infine, la famiglia è custode dell’heritage aziendale e dei valori del brand, garantendo quel percepito di stabilità e coerenza che nasce proprio dalla fiducia riposta nella persona, nel volto familiare, ambasciatore in prima persona dell’identità di quel marchio. 

 

Le sfide sono però notevoli. La successione o la governance interna, soprattutto in fase di passaggio generazionale, può generare delle complessità rilevanti, sia dal punto di vista dell’assetto proprietario, sia da quello del coinvolgimento dei famigliari in ruoli gestionali. 

 
La famiglia può essere dunque un fattore critico di successo ma, affinché ciò avvenga, è fondamentale  costruire un rapporto corretto, grazie al quale famiglia e impresa si rafforzino reciprocamente. Al crescere della complessità, devono essere rispettati i diversi ruoli di azionista, amministratore e manager, che possono coesistere nella stessa persona ma non devono essere confusi. Il rischio è la lentezza nei processi decisionali e l'emergere di conflitti interni. In virtù dell’ereditarietà si può essere proprietario o azionista, ma i ruoli di manager e amministratore richiedono competenze e professionalità specifiche perché il talento, creativo o imprenditoriale, non si trasmette necessariamente per via ereditaria.

La presenza operativa dei membri della famiglia all’interno dell’azienda deve essere dunque regolato e va gestito con lucidità l’ingresso in azienda dei componenti della famiglia. Un’azienda familiare per avere successo e affrontare adeguatamente la sfida della crescita sui mercati internazionali deve saper attrarre talenti dall’esterno, offrendo opportunità di crescita professionale e di carriera a figure manageriali anche apicali.  L’attuale contesto economico pone sfide fondamentali per la sopravvivenza di questo modello di governance: innovazione, internazionalizzazione e crescita dimensionale sono diventate imperativi categorici e richiedono lo sviluppo di una logica manageriale. La managerializzazione è senz’altro uno degli elementi e immette in azienda la linfa vitale delle competenze specifiche, affiancandola al patrimonio intangibile di passione, visione e fedeltà ai valori della famiglia.

 

Lo strumento ideale per disciplinare il rapporto tra famiglia e impresa si trova, a mio avviso, nei Patti di Famiglia che permettono di codificare i valori e le “regole del gioco”, e di impostare la governance, definendo, ad esempio, la composizione dei consigli di amministrazione, le regole di trasferimento delle quote sociali e la politica dei dividendi. Oggi, per le imprese familiari italiane di alta gamma l’imperativo è la crescita dimensionale. In un comparto che ha una forte vocazione internazionale, con un fatturato in media per oltre il 50 per cento estero, l’inasprimento del contesto competitivo mondiale, indotto dall’apertura di nuovi mercati, dalla digitalizzazione e dall’ingresso di nuovi player, necessita di aziende strutturate e finanziariamente solide.

 

Le scelte possibili sono molte, ma anche delicate: dall’apertura di parte del capitale a fondi di investimento, alla fusione con altre imprese, alla quotazione in Borsa o talvolta la cessione parziale o totale delle quote.  


Certo non esiste una ricetta universale. Esiste invece un obiettivo comune che è quello di traghettare nel mercato del futuro un modello di impresa che definisce la nostra identità industriale e garantisce vantaggi competitivi che solo noi possediamo. L’impresa familiare può essere dunque un campione di “sostenibilità” e, come tale, un modello che risponde alle esigenze di scenari in rapida evoluzione e di un consumatore che pone sempre più attenzione al portato valoriale dei marchi.

 

*Matteo Lunelli è presidente e amministratore delegato di Cantine Ferrari  Presidente Fondazione Altagamma

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