Foto: Palazzo Pitti (Wikipedia)

Il catalogo essenziale sulla moda lanciato dal Foglio insieme al salone "Testo"

Dalla collaborazione fra il salone dedicato al mondo dell'editoria contemporanea e il “Foglio della moda” è nata la prima bibliografia. Ma anche un dibattito con Polimoda e UniFirenze affollatissimo di domande e richieste. La più dolorosa: “Re-insegnateci a leggere”

E alla fine di un’oretta in cui si è presentata la prima bibliografia essenziale di moda selezionata dagli studenti e dai docenti di tre università e tre accademie e istituti di moda italiani, che per un mese hanno inviato le loro preferenze (grazie a UniFirenze per i video, bellissimi) e si è discusso della necessità di leggere anche per chi disegna moda, dalla platea affollatissima si alza un ragazzo e chiede se non sia compito dei docenti insegnare l’amore per la lettura, e come possa recuperare il tempo perduto adesso che ha qualcosa di più di vent’anni e teme che la sua creatività, la sua fantasia, la sua capacità di creare siano limitate da quella mancanza di quella progressiva stratificazione di competenze culturali che in tempi neanche troppo lontani si chiamavano “le basi”. Ma a vent’anni re-indirizzare non solo un percorso, ma anche attitudini e interessi è difficile, e richiede una partecipazione e una consapevolezza attivissime, l’equivalente del volli fortissimamente volli di Vittorio Alfieri.

Venerdì 25 febbraio. Giorno uno, evento uno della prima edizione di “TESTO. Come si diventa libro”, il nuovo salone dedicato al mondo dell'editoria contemporanea e ai suoi protagonisti organizzato da Pitti Immagine e Stazione Leopolda di Firenze su idea di quel luogo di meraviglie che è la libreria Todo Modo. Tre giorni dopo, alla chiusura, gli organizzatori comunicheranno che i visitatori hanno superato quota 8mila, che i settanta selezionatissimi editori, tutti con lo stesso spazio a disposizione e l’assoluta selezione qualitativa richiesta, hanno chiuso contenti i loro stand in cartone riciclabile contenti, che i centocinquanta eventi, laboratori e percorsi guidati sono quasi sempre andati esauriti, e questo a dimostrazione che “la bibliodiversità attrae nuove conoscenze e sensibilità”, come dice l’amministratore unico di Stazione Leopolda e direttore generale di Pitti Immagine Agostino Poletto che è ex operatore editoriale e accarezzava questo sogno da anni.

Sul palco con il “Foglio della Moda” ci sono Ivan Bellanova, professore di fashion product del corso di progettazione della moda dell’Università di Firenze, e Massimiliano Giornetti, da un anno direttore del Polimoda dopo una carriera iniziata con una laurea in lettere e passata attraverso una lunga direzione creativa di Ferragamo: non c’è polemica, perché si dice tutti la stessa cosa. Che leggiamo tesi “povere”, che vediamo progetti leggeri come la carta velina su cui sono disegnate. Non sempre è così, naturalmente, ma l’accademia è luogo espressivo di collettività, che non può reggersi su punte di eccellenza e non può nemmeno sopperire a troppe mancanze pregresse: a insegnanti di scuole medie e di liceo stremati, a famiglie distratte. La difficoltà nella lettura di un testo scritto non è di certo un problema dei soli studenti della moda, ma a differenza di altre professioni, dove si può in effetti smettere di leggere di argomenti e materie non inerenti alla propria attività (è un male, succede quasi sempre), la moda ha continuo bisogno di alimentazione. Come scrivono Damien Delille e Philippe Sénéchal, storici dell’arte dell’università Lumière Lyon 2 e dell’Université de Picardie nel loro eccellente “Modes et vetements. Retour aux textes”, edito dal MAD, ci sono infinite “storie della moda”; ne esiste una pletora, soprattutto da quando si sono appropriati della materia sociologi, scrittori, storici, antropologi. Da questi testi, ricchi di dettagli tecnici e di visioni parziali, talvolta antichi di ottocento anni, cioè da quando, sul finire del Medio Evo, iniziò la fase di “durata variabile” dell’abito e della foggia che prelude alla moda, si possono trarre molti insegnamenti per interpretare, per esempio, l’evoluzione della silhouette o dei gioielli attraverso le epoche.

Ma che cosa raccontano, queste silhouette? Quali campi di interesse, quali espressioni della vita rappresentano e, magari, modificano o anticipano? Per intuirlo, non basta un libro solo, non basta nemmeno un approccio multidisciplinare. Come dice Valerie Steele nella nostra intervista, è necessario un approccio crossmediale. Che riguarda le discipline erogate dagli istituti e dalle università, certamente, ma anche l’impegno da parte dei docenti e degli studenti di leggere e interpretare questi testi, non di rado scriverli (è incredibile quanto un testo dedicato per esempio alla comunicazione e al marketing della moda diventi obsoleto nel giro di un anno). Imparare la moda è un’azione fisica quanto intellettuale. Non tutto si apprende disegnando, tagliando o cucendo, dice Giorgetti. Non è difficile capire perché gli studenti di oggi abbandonino progressivamente in età sempre più giovane la lettura come momento di piacere e non solo di, seppure scarsa, imposizione scolastica (un tempo l’età-spartiacque era attorno ai 14 anni, ora pare sia scesa di un altro anno): gli smartphone, le infinite sollecitazioni della vita digitale distraggono, sembrano più avvincenti e divertenti, comunque meno impegnative. Per chi si occupa di moda, il profumo della carta, la piegatura in segnature, i fili di cotone della cucitura, insomma l’oggetto libro, oggetto sempre bellissimo ma talvolta eccezionale, dovrebbero essere materia di interesse a prescindere per chi si occupa di immagine e di bellezza. E invece, per molti, lo sfoglio di una rivista, accompagnato dalla lettura di testi di facile accesso online, rappresentano le uniche fonti di accesso al “sapere della moda”.

Per questo motivo “Il Foglio della Moda” ha lanciato la sfida alla creazione di una prima bibliografia essenziale e spontanea sulla moda, e per questo ha chiamato docenti e studenti di tre università che erogano corsi sul settore (La Sapienza di Roma, l’Università di Firenze, l’Università di Bologna) e tre accademie e istituti (Accademia di Costume e Moda, Polimoda, IED Firenze) a suggerire quale fosse il loro testo di riferimento. Senza distinzioni, per il momento, fra materie tecniche e non, fra sociologia, antropologia, storia e marketing.

Il risultato è abbastanza in linea con le attese. Ci sono molti testi classici, entrati nelle biblioteche delle niversità e degli istituti e accademie di moda da anni, c’è qualche testo relativamente curioso, che risponde evidentemente a specializzazioni per le quali manca una vera bibliografia. La classifica-tabella pubblicata a lato dimostra, però, la grande difficoltà dell’accademia di rispondere ai grandi quesiti e all’accelerazione delle istanze sociali del momento. È pur vero che la prospettiva di analisi e riflessione accademica ha tempi diversi da quelli della cronaca giornalistica, ma tranne nel caso del testo di Djurdja Bartlett “Fashion and Politics”, non compaiono fra le scelte testi che rispondano agli interessi attuali degli studenti per le istanze della multiculturalità, mentre restano quasi ignoti in Italia i molti studi, perlopiù di area anglosassone, sul cross gender, argomento in realtà di origine mitologica, patrimonio di ogni cultura. C’è davvero molto da fare.

Aggiornamenti dalle fashion week. Molta prevedibile stizza fra le amanti degli oligarchi.

1 - Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, ha una tenuta ammirevole; le due ultime collezioni, presentate a gennaio e lo scorso martedì, sono davvero potenti di femminilità e rigore (sopra, un’immagine della sfilata autunno-inverno 2022-2023). Dicono che nella maison dell’Avenue Montaigne, cash cow del gruppo LVMH con Louis Vuitton, gli obiettivi di fatturato vadano di pari passo con le aspettative. Altissime.

2 - Non c’è bisogno di dare vita ogni volta allo show del secolo. Basta vedere bella moda ben fatta. Non sono questi i tempi per le elucubrazioni applicate ad hoc dagli uffici stampa per dare un senso “alto” ad abiti e styling. Tanto, la gente che compra vestiti sei mesi dopo, delle cartelle stampa riportate dai quotidiani si è dimenticata, sempre le abbia lette, e bada al sodo, cioè allo stile dell’abito. E capisce il suo zeitgeist meglio di chiunque.

3 - La guerra ha bloccato l’e-commerce verso la Russia. “A causa dell’attuale situazione non ci è possibile completare qualsiasi ordine nel suo Paese. L’adempimento di tutti gli ordini è stato sospeso fino ad aggiornamenti futuri’ il messaggio che compare sulla pagina di chi tenta di acquistare beni di lusso dalla Russia di Putin. Niente sanzioni, che spettano ai governi, ma il puro e semplice adeguamento alla realtà. Vita dura anche nelle dacie delle amanti degli oligarchi

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