Gucci ai Musei Capitolini

Una sfilata dopo l’altra, al buio tra le luci dei telefonini

Fabiana Giacomotti

Le nemesi di Matteo Salvini e della sua libreria affollata di soli souvenir di viaggio, oltre alla guida a Cassano Magnago, provincia di Varese, per la quale ci sentiamo già di prevedere lo stesso traslato semantico subito da Voghera, si chiama Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, che non solo ha scelto un libro antico come invito per la sfilata Cruise 2020, organizzata martedì sera ai Musei Capitolini ma ha persino invitato, diciamo pure costretto, tutti gli invitati ad andarlo a ritirare all’incantevole Libreria Antiquaria Cascianelli. Liber libertas, o anche “Libro, liber, libertà” come il poemetto del 1919 di Guido Mazzoni: la libertà sta nella cultura, ed è abbastanza straordinario che adesso tocchi alla moda ricordarlo. Una sfilata dopo l’altra, quella di Michele è un azione ostinata in difesa delle “libertà fondamentali”, che vede a rischio.

   

Dalla collezione mostrata fra le sale del museo, che ha voluto illuminata solo dalle torce offerte agli ospiti “perché la scoperta nasce dal buio”, in parallelo al ricco omaggio multidisciplinare alla sua città e alle sue influenze, agli echi a Nerone e a Messalina e alle monache dell’ex monastero di santa Marta ma anche agli straordinari Settanta di Mario Schifano (“diciamo che ho messo in scena un baccanale in un passaggio della metropolitana di Berlino”, sorride), sono partiti messaggi inequivocabili. Scritti, stampati, dipinti sui volti dei modelli come bavagli o ricamati. Fortissimo il richiamo al diritto all’autodeterminazione femminile: un utero fiorito ricamato su un abito da sera, in un omaggio al mistero della nascita, la stampa “my body my choice” su una giacca, la data della promulgazione della legge sull’aborto, “22.5.78”, ricamata su una felpa. “La libertà è un’idea romantica”, dice, intendendo espressione di volontà e di lotta, e di certo l’hanno intuito anche le centinaia di ragazzini italiani e asiatici che, oltre le transenne, aspettavano il passaggio di Harry Styles , Naomi Campbell, Elton John Salma Hayek, Ghali e Maria Carla Boscono e, lasciando passare Matteo Renzi, esultavano per la popstar coreana Exo Kai (urla da stadio, italiani ignari e sbigottiti, vedi il mondo globale). Per ore, nell’attesa sotto la pioggia, come le blogger forzate a tenere in mano un libro al posto del cellulare, anche quei ragazzini hanno dovuto leggere lo striscione modello-universitario affisso all’ingresso, tratto dalle memorie dell’archeologo Paul Veyne, onorario del Collège de France, membro dell’Ecole Française de Rome alla fine degli Anni Cinquanta: “Perché solo l’antichità pagana risvegliava il mio desiderio e il mio interesse, perché era il mondo di prima, perché era un mondo abolito”. Lo stupore come presa di distanza dal mondo che ci circonda, ma anche come apertura e iniziazione a quello che ci circonda. Quindi, festa a Palazzo Brancaccio per ascoltare Stevie Nicks in una struggente versione di Landslide con Harry Styles. Massì, possiamo ancora farcela. Cascianelli è dietro piazza Navona, in caso, eh.

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