Dietro Ghislaine

Un mistero avvolge da trent'anni la morte di Robert Maxwell, editore ebreo

Stefano Cingolani

Era il padre della donna al centro dell’affaire Jeffrey Epstein.  "Ha fatto più cose per Israele di quante se ne possano dire”, disse di lui il primo ministro israeliano Yitzak Shamir, durante il suo funerale. E ora una nuova biografia ne alimenta enigmi, segreti e leggende

Lady Ghislaine: aveva chiamato così il suo yacht, dal nome dell’ultima figlia. Un appellativo germanico che a Robert Maxwell ricordava la lingua parlata da bambino, perché in famiglia si comunicava solo in yiddish. La radice è Gislin, reso in latino medievale come Gislenus e viene da gisil interpretabile come “pegno”, “ostaggio”, ma anche come “freccia”. In italiano la variante femminile è tradotta in Gisella. 
Quando il padre, nel novembre 1991, muore in circostanze misteriose, Ghislaine aveva trent’anni. Una donna giovane, attraente, viziata, cresciuta accanto a un trono di carta che rischiava già di bruciare. Capitan Bob, il nomignolo affibbiatogli dal giornale satirico Private Eye, non era solo il ricco magnate dei media britannici che duellava con Rupert Murdoch, lui laburista militante ed ex deputato, l’altro inguaribilmente conservatore. La sua vita tumultuosa, infatti, sembra uscita dal racconto di John le Carré. 

Maxwell è sepolto a Gerusalemme sul Monte degli Ulivi. L’elogio funebre è stato pronunciato dal presidente della Repubblica Chaim Herzog, a recitare il Kaddish fu Samuel Pisar, un suo amico avvocato, scampato all’Olocausto. Durante il funerale il primo ministro israeliano Yitzak Shamir si lasciò scappare una frase rimasta misteriosa: “Ha fatto più cose per Israele di quante se ne possano dire”.  Che cosa non si poteva dire? Cosa ancor oggi non si conosce? Ebbe un ruolo di primo piano nel 1948 per spingere la Cecoslovacchia ad armare gli israeliani nella guerra d’indipendenza, questo è noto. Ma c’è dell’altro? Era un agente del Mossad, non solo dei servizi segreti di Sua maestà, e ha contribuito al contrabbando del materiale nucleare per la bomba israeliana? Enigmi, segreti e leggende alimentate ancora dall’ultima delle biografie pubblicata da poco, “Fall: The Mystery of Robert Maxwell”, scritta dal giornalista John Preston, la migliore secondo il romanziere Robert Harris che l’ha recensita sul Sunday Times. Trent’anni sono passati senza gettare alcuna nuova luce. E lady Ghislaine, la vera Ghislaine, l’amata figlia alla quale era toccato riconoscere il corpo del padre gonfio d’acqua salmastra, marcisce dietro le sbarre di una prigione americana perché complice di Jeffrey Epstein, il milionario newyorchese morto suicida dopo essere stato accusato di traffico sessuale minorile. Il destino s’accanisce sui Maxwell o sono loro a sfidare il destino?

 

Come per l’Ivan Ilichč tolstoiano, è la morte a mostrare l’enigma della vita. Non che fosse un oscuro peone del Labour party, anzi quando scompare nelle acque delle Canarie il 5 novembre 1991, ha già speso gli ultimi spiccioli della sua clamorosa fortuna. In febbraio, mentre già vacillava schiacciato dai debiti, aveva fatto l’ingresso trionfante a Manhattan, navigando a bordo del suo yacht, come faceva il banchiere JP Morgan quasi un secolo prima. Doveva completare l’acquisto del New York Daily News, il più diffuso quotidiano tabloid, per salvarlo dalla bancarotta. Una folla curiosa pur nella Grande Mela che a tutto è abituata, lo aveva accolto sul molo, i tassisti si erano fermati per stringere la mano a quel capitalista del popolo, la gente lo circondava per avere un autografo. Appena dieci mesi dopo, viene ripescato nell’oceano Atlantico. Si è ucciso, lo hanno rapito e poi ammazzato, è caduto dalla tolda dello yacht stroncato da un infarto? L’unica cosa certa dopo l’autopsia è che il suo cuore ha cessato di battere prima di cadere in acqua. Il resto è rumore.

 

Facciamo un balzo indietro nel tempo e nello spazio, andiamo a Slatinské Doly, un oscuro villaggio ai piedi dei Carpazi, nella Rutenia ,allora cecoslovacca, oggi Ucraina (il paese si chiama Solotvyno e ha appena ottomila abitanti). Entriamo nella modesta casa di Mechel Hoch e Hannah Slomowitz, due ebrei askenaziti, timorati di Dio, ultraortodossi. Il 10 giugno 1923 la coppia viene benedetta dalla nascita di un altro bambino al quale mettono nome Ján Ludvík Hyman Binyamin, ma è troppo povera per mantenere tutti i sei figli e Ján deve entrare in orfanotrofio. L’occupazione nazista e le deportazioni lo costringono a fuggire, scampando così alla sorte della sua famiglia scomparsa nell’orrore di Auschwitz. A 17 anni è a Marsiglia e chiede di arruolarsi nelle truppe cecoslovacche in esilio con il nome di battaglia prima di Leslie Smith, poi di Leslie Jones e infine di Ivan du Maurier, preso da un marchio di sigarette allora famoso. Il ragazzo si dimostra impavido e intelligente, tre anni dopo lo trasferiscono con 500 suoi compagni prima al Royal Pioneer Corps e poi al North Staffordshire Regiment. Combatte in molti fronti europei, dalla Normandia a Berlino, viene promosso sergente e poi capitano nel 1945. Ottiene persino la croce militare dalle mani del maresciallo Bernard Montgomery. In quello stesso anno sposa Elisabeth “Betty” Meynard con la quale avrà nove figli: Michael, Philip, Ann, Christine, Isabel, Karine, Ian, Kevin e Ghislaine. Lavora a Berlino per il Foreign Office, il 19 giugno 1946 ottiene la nazionalità britannica e due anni dopo si fa chiamare Robert Maxwell.

 

È il 1948, un anno chiave in Europa e in Medio oriente, dove scoppia una guerra aperta contro gli arabi, contro gli inglesi, contro chi si oppone alla nascita dello stato d’Israele. I coloni e gli ebrei dell’esodo sfuggiti alla Shoah e rifugiati in Palestina sono soli e male armati. Capitan Bob ha buoni rapporti con l’entourage di Klement Gottwald, il capo del Partito comunista cecoslovacco che a febbraio ha preso il potere, e gli chiede aiuto. John Lofton e Mark Aarons nel loro libro “La guerra segreta contro gli ebrei”, scrivono che l’appoggio di Praga fu determinante, grazie all’invio di armi e soprattutto di componenti aeronautiche le quali consentirono agli israeliani di conquistare il controllo dei cieli. A quel punto, agli occhi dell’MI6 (il servizio di spionaggio estero) che lo aveva ampiamente utilizzato durante la guerra contro Hitler e dopo contro Stalin, Maxwell diventa un doppiogiochista, o forse addirittura triplice. Nomea che torna in voga trent’anni fa, poco prima della sua morte. Questa volta la rivelazione viene da un ex dipendente dei servizi segreti militari israeliani, Ari Ben-Menashe, secondo il quale nel 1986 erano stati proprio l’editore del Daily Mirror e il direttore Nicholas Davies, entrambi membri o comunque confidenti del Mossad, a denunciare Mordechai Vanunu per aver rivelato al Sunday Times informazioni sul potenziale nucleare israeliano. Vanunu poco dopo viene prelevato da agenti di Tel Aviv, portato in Israele e condannato per tradimento a 18 anni di prigione.

 

E pensare che i buoni contatti e il lavoro al fianco dei vertici politici e militari britannici avevano consentito a Capitan Bob di trasformare la sua vera passione in una lucrosa professione. Grazie all’autorità di occupazione alleata, diventa il distributore britannico e americano per Springer Verlag, che pubblica libri scientifici. Nel 1951 acquista tre quarti di Butterworth-Springer, un editore minore e da lì nasce Pergamon Press, che diventa una importante casa editrice. L’irresistibile ascesa comincia così. Pezzo dopo pezzo nasce un grande gruppo editoriale che mette insieme pubblicità, libri e poi giornali come il popolare Daily Mirror, fino alla televisione. Maxwell si comporta da vero magnate: elicottero, yacht, grandi alberghi, debiti. Anche se di tanto in tanto, e sempre più spesso con il passare degli anni, riaffiora il vecchio Ján Binyamin: lo si vede spesso in bar anonimi a bere birra e guardare in tv vecchi film di James Bond. Non manca nemmeno la discesa in politica, per passione e per interesse. Nel 1964 viene eletto alla Camera dei comuni per il Labour party, diventato proprio quell’anno il primo partito britannico. Mantiene il seggio a Westminster fino al 1970, un’esperienza non felice, Capitan Bob non riesce ad adattarsi alle convenzioni del politichese. Un anno prima lancia un’altra delle sue sfide all’establishment dando l’assalto al News of The World, il più venduto giornale in lingua inglese fondato nel 1843: uno scandalo, un socialista ebreo cecoslovacco dalle umili origini e dall’oscura reputazione vuole scalzare la famiglia Carr, pilastro del mondo conservatore? Non passerà, scrive il direttore del settimanale Stafford Somerfield. E non passa, al contrario di Murdoch che sottrae a Maxwell anche il Sun. Tra alti e bassi (come la perdita di controllo della Pergamon Press poi ripresa), arrivano i trionfi degli anni Ottanta con il Daily Mirror e la moltiplicazione di iniziative non solo editoriali (entra anche nel mondo dei computer).

 

Europeista convinto, lancia The European, primo e unico giornale transnazionale; il primo numero, l’11 maggio 1990, apre in prima pagina con questo titolone: “Una moneta per l’Europa”. La sua bulimia porta Maxwell alle soglie della bancarotta. Nel 1989 per coprire una parte dei buchi vende la Pergamon Press, ma la sua risposta alle difficoltà è sempre stata militaresca: la miglior difesa è l’attacco, fino a quel fatale 1991, quando, nonostante le già evidenti difficoltà finanziarie, vuole sbarcare a Wall Street. E arriviamo così al crepuscolo.

Il 4 novembre Robert litiga al telefono con il figlio Kevin, suo braccio destro, a proposito di una riunione con la Banca d’Inghilterra per discutere l’impossibilità di ripagare prestiti per 50 milioni di sterline, un default capace di trascinare l’intero impero mediatico. Bob dà forfait e parte per le Canarie per imbarcarsi sul super yacht che aveva comprato dal miliardario arabo Emad Kashoggi. L’ultimo contatto risale alle 4 e 25 del giorno dopo, poi più nulla. Finché il corpo completamente nudo non viene trovato in pieno oceano e trasportato a Las Palmas, la capitale della Gran Canaria. Riconoscono la salma la moglie Betty, il figlio Philip e Ghislaine. L’autopsia non trova alcun segno di ferita e ipotizza un infarto (si sapeva che Maxwell aveva problemi di cuore e di polmoni), la magistratura in un primo momento esclude l’omicidio, poi lascia aperta ogni possibilità. Poco dopo l’impero di carta si disfa con una rapidità impressionante nonostante gli sforzi dei figli Kevin e Ian. E si scoprono anche gli altarini. Capitan Bob aveva prelevato centinaia di milioni di sterline dai fondi pensione per tamponare le perdite del gruppo Mirror. Alla fine intervengono le banche d’investimento Shearson Lehman e Goldman Sachs, più il Tesoro di Sua Maestà, che in cambio viene risarcito parzialmente dall’attivo dei fondi pensione dei tipografi. Un gioco delle tre carte a scapito dei pensionati che perdono metà di quel spetta loro. Nel 1992 il gruppo va in bancarotta, Kevin è incriminato per frode, al processo, però, se la cava: le colpe dei padri non ricadranno tanto pesantemente sui figli. Nel 1994 la vedova pubblica un libro sulla sua relazione con il marito soprattutto quando, in cima alla scala del successo, era considerato uno degli uomini più ricchi del mondo. Betty, che aveva un dottorato a Oxford, dedica il resto della sua vita alle ricerche sull’olocausto e al dialogo tra ebrei e cristiani finché non muore nel 2013. Il Lady Ghislaine viene acquistato da Anna Torv, seconda moglie di Rupert Murdoch e madre dei suoi tre figli, che lo rinomina Dancing Hare, lepre danzante. È l’ultimo sberleffo.

 

Nel 2021 non sappiamo ancora che cosa è successo in quella notte fatale alle Canarie, perché lo yacht era stato lasciato all’ancora a El Palmar, al largo di Arona, e come sia arrivato il suo corpo, che pesava 140 chili ed era alto 1 metro e novanta, in mezzo all’oceano, a 32 chilometri da Gran Canaria, scatenando ogni tipo di speculazione. Secondo la moglie Betty “Robert non si sarebbe mai suicidato”, ma ci sono aspetti mai chiariti: perché chiuse le porte della sua cabina dall’esterno dato che la chiave non venne mai trovata? L’avvocato spagnolo della famiglia, Julio Hernandez Claverie, ha avanzato perfino l’ipotesi del rapimento: l’editore potrebbe essere stato sequestrato magari da qualcuno a bordo di uno di quei tre vascelli fantasma che navigavano intorno al Lady Ghislaine, quindi ucciso e fatto scomparire in mare. Secondo una dettagliata inchiesta di John Hoper del Guardian, inviato a Tenerife, un’analisi più accurata avrebbe confermato che Capitan Bob non è morto per infarto prima di cadere in acqua. E poi c’è quel piccolo foro dietro l’orecchio sinistro, mentre lo stato del cadavere non sarebbe stato quello di qualcuno rimasto per tredici ore in balia delle onde. Non c’è certezza sulle coordinate del tratto di mare in cui è stato ritrovato il cadavere, le testimonianze non sono concordi nemmeno sull’ora in cui a bordo dello yacht è stato dato l’allarme. 

 

Il libro di Preston ricostruisce tutto aggiungendo nuovi particolari, ma non dissolve le nebbie che avvolgono Ján Ludvík Hyman Binyamin Hoch. Del resto, sono parte della sua storia e del suo personaggio: “Non ha mai veramente saputo chi fosse e la sua mania di riempire di proprie foto il Mirror era un modo per guardarsi allo specchio e riconoscersi”, dice Preston. “Era venuto in Inghilterra e il povero ebreo cecoslovacco era diventato un eroe di guerra, si era trasformato in Robert Maxwell, ma aveva realizzato che per quanti nomi potesse cambiare, per quanto denaro potesse accumulare, l’establishment non lo avrebbe mai accettato”. Negli ultimi tempi si era fatto sempre più solitario e scontroso, non si sforzava nemmeno di uscire dall’orribile pozzo nero dei debiti. E’ lui, non Rupert Murdoch, il modello che ha ispirato Roger Spottiswoode per il film “007, il domani non muore mai”. E’ lui nelle vesti del magnate Elliott Carver che alla fine della pellicola, in un ultimo rantolo grida: “I grandi uomini hanno sempre manipolato i media per salvare il mondo”. Trent’anni dopo, Ghislaine Maxwell viene rappresentata dai media come la mantide, la mezzana, la procacciatrice di vergini da immolare al Moloch di Hollywood, di tante Justine con le quali soddisfare le sue stesse brame e quelle di Epstein complice, amante, socio in loschi affari, un marchese De Sade senza la rivoluzione. Accusata di ben sei crimini federali, il processo è in corso nel New Hampshire. Aspettiamo che il fumus si depositi, vedremo che cosa concluderanno i giudici, certo è che il mistero di Maxwell s’è tramutato in una maledizione.

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