E’il 2 febbraio 2016. Diciannove giorni dopo che gli investigatori della Dia hanno acceso le microspie nel carcere di Ascoli Piceno. Al minuto 1.50, annotano gli agenti nei brogliacci delle intercettazioni, Giuseppe Graviano se la prende con “scarpa lucida”. E’ il soprannome che i detenuti hanno affibbiato a un agente della polizia penitenziaria con cui non corre buon sangue. Il boss di Brancaccio non è uno che le manda a dire. Con l’agente sono pure arrivati allo scontro verbale. Il...
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Commenti all'articolo
luigi.desa
19 Giugno 2017 - 13:01
Dovrebbe essere proibito agli inquirenti di indurre i mafiosi al cazzeggio telefonico per poi poter usare il cazzeggio nei processi .
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guido.valota
19 Giugno 2017 - 11:11
Che bello leggere come funzionano gli incontri tra i capi cosca della mafia e i capi cosca dell'antimafia.
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