Davide Casaleggio (foto LaPresse)

Il figlio del guru

Marianna Rizzini

Un server solo al comando: Davide Casaleggio, da uomo invisibile a uomo immagine dei Cinque stelle. Il convegno casaleggiano a Ivrea e il futuro secondo il M5s

Lo sanno bene i figli di cantanti, re, regine, attori, rockstar e capitani d’industria: difficile, nel bene e nel male, stare al passo del genitore famoso. E da oggi lo sa anche Davide Casaleggio, il quarantenne figlio del defunto guru a Cinque Stelle Gianroberto, che due sere fa, negli studi de La7, durante una puntata di “8 e 1/2”, al cospetto di Lilli Gruber, ha attraversato la sua personale linea d’ombra – con superamento della riluttanza alla telecamera e dimostrazione di ciò che è fuori dall’invisibilità autoimposta – per farsi improvvisamente corpo del figlio. E il figlio del guru, allenato, così pare, alla prima uscita televisiva dallo staff comunicazione del M5s (Rocco Casalino ex Gf in testa), è apparso ai telespettatori e agli esperti, come ha scritto Aldo Grasso sul Corriere, come uno che forse “è più efficace dietro le quinte”, ma anche come uno rassegnato alla sorte di Cristiano De André, Anthony Delon e Carlo D’Inghilterra: gente che combatte con l’ingombro reale o mitologico di chi, in famiglia, è arrivato prima alla ribalta. E però, se metti un Davide Casaleggio – nel nome del padre, a un anno dalla morte del padre, e con abito da assistente di volo – a raccontarsi sotto gli occhi non antipatizzanti di Gianluigi Nuzzi e Domenico De Masi, ospiti di “8 e 1/2” e anche partecipanti al convegno casaleggiano che si apre oggi a Ivrea (nomen omen – “Sum-capire il futuro”), quel Davide Casaleggio non apparirà poi così tanto erede del padre. Se lo aspettavano infatti tutti molto inquietante, Davide, almeno quanto Gianroberto, il profeta della rete con cappello da baseball e capelli frisé; l’uomo che aveva aiutato Antonio Di Pietro a entrare nella modernità internettiana e che poi aveva trasformato Beppe Grillo in mattatore del “vaffa” con blog organizzato secondo i dettami delle più moderne filosofie di “e-commerce”, corredate di video catastrofisti in cui una voce metallica un po’ ci faceva e un po’ no: finirete tutti tra cinquant’anni sul pianeta Gaia, era il concetto, smaterializzati come avatar su Google e a colpi di clic, al termine della catarsi e delle piaghe d’Egitto (inondazioni&rivoluzioni).

 

E se Gianroberto, morendo, un anno fa, aveva lasciato nell’aria – e tra i Cinque Stelle interessati alla fase della “successione” – un testamento dell’impossibile fatto di utopie, distopie e concretissimi dubbi (primo tra tutti: la democrazia diretta è davvero democratica o è soltanto l’anticamera della setta?), inconoscibile restava la materia di cui era fatto Davide, il delfino presunto. Lo vedevano a volte in giro, a Milano, in via Morone, pieno centro: “è nell’open space”; “è tornato a Ivrea”, erano le risposte che accoglievano i cronisti intenzionati a intervistarlo, cosa per lo più impossibile. Lo avvistavano a Roma, a Perugia, a Imola e in ogni luogo dove un rassemblement del M5s fosse previsto – in avanscoperta oppure ex post. Che fa? Che vuole fare? Quanto conta, Davide?, erano gli interrogativi roteanti sopra le teste degli attivisti e degli osservatori esterni, ché il tema si imponeva da tempo, vista l’apparente decisione di Grillo, poi ritrattata, di mettersi metaforicamente in pantofole e tornare in teatro, e visto soprattutto lo stato di salute del fondatore Gianroberto. Eppure Davide, per quanto già visibile, sempre invisibile restava.

“Lo schivo Davide”, l’hanno chiamato in molti fino a oggi, pensando che il suo non voler apparire fosse sintomo di riserbo piemontese se non d’ereditata ritrosia paterna, e però, sullo schermo, Casaleggio il Giovane, più che schivo, si mostra sdegnoso: il tema “esula” dagli argomenti previsti, dice quando gli si chieda se per caso, nel M5s, non si stia cercando di mettere in piedi una futura classe dirigente, e proprio con il convegno sul futuro in quel di Ivrea, luogo di casaleggiana memoria (il padre ci viveva, il figlio con la compagna ci vive a metà), il tutto sotto gli occhi di Enrico Mentana, Carlo Freccero, Marco Travaglio, Gianluigi Nuzzi, Franco Bechis, Paolo Nespoli l’astronauta. Più, tra gli altri, uno speleologo. Con l’aggiunta dell’amministratore delegato di Google Italia Fabio Vaccarono e del direttore Ispi e segretario italiano della Trilateral Paolo Magri, in tempi in cui evidentemente la Trilateral, bestia nera degli attivisti grillini, non è più così bestia nera. E se non è cercare classe dirigente o accreditarsi presso di essa, l’invito al magistrato Sebastiano Ardita e all’altro magistrato Franceso Greco, a Ivrea non è prevista la scelta tra neoliberismo e socialdemocrazia, ché a Casaleggio junior, come ha detto lo stesso Casaleggio junior a Lilli Gruber, interessa l’ottimizzazione “dei modelli”, non l’“etichetta del passato” appiccicata sul futuro – e chi ascoltava non era sicuro di aver capito il senso di alcune formule da esame universitario con arrampicata sullo specchio del giovane Casaleggio alla sua prima volta in tv, (della serie: quando non sai come rispondere svicola – basta che parli. Ma tant’è).

 

Il futuro è già qui, pare dire il Casaleggio che si presenta come il maggiordomo: di politica non mi occupo, aiuto e basta. E però non ci crede nessuno, perché da quando il padre è morto e soprattutto da quando a Roma è scoppiato il caso Raggi, Casaleggio junior non è stato certo dietro al sipario. Consultato, infatti, è dire poco: Grillo decide e appare decisore, ma non c’è decisione presa senza occhio e orecchio del figlio del guru, l’ex ragazzo-ombra ed ex campione di scacchi e prodigio del business on-line che a ventiquattro anni fondava la Kangaroo.it, progettando poi piattaforme d’incontro in Rete per aziende e manager, e a trenta scriveva libri sul web chiedendo prefazioni ad Alessandro Bergonzoni (senza conoscerlo), e pian piano si metteva senza comparire a fianco del padre, nella posizione di controllore dei voti per elezioni cosiddette parlamentarie e quirinarie – ma pure della pubblicità oltreché delle certificazioni sul blog e delle attività dei meet-up in rete e delle votazioni in orario d’ufficio sul programma elettorale.

 

Niente politica, dice, anche se la politica non riesce a uscire da questo silente passaggio di consegne padre-figlio, con Davide che non sostituirà Gianroberto, dice Davide con voce robotica (il pianeta Gaia è già qui, o forse è un’allucinazione sonora. Fatto sta che ascoltandolo ci si aspetta di veder comparire in ologramma l’altro, il guru-padre, che così spuntava agli spettacoli del Grillo grande capo a Cinque Stelle– quando ancora i due potevano dirsi sparring partner un’uno dell’altro).

 

Padri e figli, dunque, non politica: Grillo, per Casaleggio junior, non ha fatto il padre-padrone in quel di Genova, quando ha eliminato in un secondo la candidata sindaca votata “dal basso” ma accusata da anonimi colleghi di parlar male di altri (e benvisti) colleghi. E i padri e i figli, nel tempo movimentista che il sociologo De Masi vede ineluttabile, vogliono restare nell’iperuranio delle “idee sul futuro”, quelle che oggi verranno illustrate a Ivrea, e non precipitare nel terrigno campo del confronto con un avversario. E lo dice e lo ridice, il non schivo Davide, sicuro della sicumera tecnica da riunione manageriale con slide, che lui non si occupa di politica, ma che Matteo Renzi non gli pare “credibile” (motivo: non si è ritirato dalla politica attiva dopo aver fatto balenare il ritiro in caso di responso referendario avverso). E non si occupa di politica, Davide, ma pubblicamente prefigura i Campi Elisi con reddito di cittadinanza. Non si occupa di politica, ma “aiuta” il movimento. E quella parola – aiuto, aiuto disinteressato, aiuto e non attività retribuita da casta parlamentare – è come un viatico di santità per gli adepti del movimento che non vuol essere partito (non partito con non-statuto), e non vuole essere chiamato partito-azienda. Ma per quanto Casaleggio junior dica che la Casaleggio Associati ha donato la piattaforma Rousseau al M5s e dunque è Rousseau che fa da casa madre al M5s e non la Casaleggio Associati, il confine tra l’azienda e la piattaforma da cui si estrae il programma a Cinque Stelle, dopo consultazione e votazione in rete, ma con supervisione “tecnica” casaleggiana pur sempre attiva, è talmente labile da non poter essere percepito bene a occhio nudo (scrive Mattia Feltri sulla Stampa: “E noi qui coi bassifondi della cronaca…Nemmeno sapevamo, e Davide ce lo ha detto, che non è più la Casaleggio Associati ma la piattaforma Rousseau, donata dalla Casaleggio al Movimento, a organizzare il Movimento medesimo. Non lo sapevamo e continua maledettamente a sfuggirci la differenza. E sarà che qui non si padroneggia il futuro, tutti presi da un complicato presente, ma ecco il futuro è proprio questo Davide coerente come una app…”).

 

Padri e figli: e improvvisamente Davide non è più l’uomo invisibile che, quando accompagnava Grillo al Parlamento europeo – scriveva Marco Imarisio sul Corriere della Sera – si vedeva circondare di assistenti incaricati di riferire a Gianroberto come si trovasse “il figlio in quel contesto”. Né Davide può più essere quello che organizza incontri con Nigel Farage (dall’ombra poteva esporsi, oggi meno) e ispira tweet dei grillini ortodossi contro i fan del ribelle sindaco di Parma Federico Pizzarotti. E però Davide, come il padre, scrive lettere esplicative al Corriere della Sera. L’ha fatto il 3 aprile, con una paginata sul perché e sul percome il Movimento Cinque Stelle è “come Netflix”: garantisce “un servizio migliore” della partitocrazia-Blockbuster (dove “servizio migliore” è fraseggio aziendale dal sen fuggito). E quando scrive al Corriere, Davide, lo fa annunciando per ottobre il nome del candidato premier (non si occupa di politica, ma a volte sì), e con il tono super partes da figlio del guru che non ha mai preso birre con i colleghi, amico di tutti e di nessuno (ma più amico del super-ortodosso Massimo Bugani, capogruppo del M5s a Bologna, di David Borrelli, eurodeputato, e del responsabile editoriale dell’Associazione Rousseau Pietro Dettori). “Nel M5s comanda lui”, dice Matteo Renzi, ma Davide non vuole farselo dire. E si scoccia se, invece che di futuro, a “Otto e 1/2”, Lilli Gruber vuole farsi dire che cosa intenda per pensione d’oro (risposta: non mi chieda cosa tecniche). Futuro e basta, futuro mentre il presente impone al M5s di tirare fuori quantomeno nomi non rischiosi per la corsa elettorale non lontana (il caso Roma fa scuola e fa orrore). Futuro nel nome del padre, anche se la lettera di Davide al Corriere non ha nulla a che vedere, nel lessico e nel tono, con quella che Gianroberto inviò alla stessa testata nel 2012, per combattere idealmente la Nemesi crudele che aveva messo lui, il demiurgo del movimento più complottista dell’arco politico, nei panni di un uomo costretto a discolparsi pubblicamente di accuse incredibili a udirsi per un Casaleggio, di colpo additato come ispiratore di “complotti pluto-giudaico-massonici” da una rete divenuta matrigna. E Casaleggio aveva scritto: dietro di me ci sono soltanto io, “un comune cittadino che, con i suoi (pochi) mezzi, cerca, senza alcun contributo pubblico o privato, forse illudendosi, talvolta anche sbagliando, di migliorare la società in cui vive”. E oggi che Casaleggio junior si è messo in chiaro (e in tv), della cripticità paterna resta il vezzo di descriversi come “colui che non conta nulla” nella baracca che, ufficialmente o ufficiosamente, porta il proprio nome. Anche della leggendaria frugalità alimentare paterna resta traccia: Davide, figlio di Gianroberto e di una linguista inglese, laureato alla Bocconi, non mangia volentieri schifezze da aperitivo e dolci, da sportivo-compulsivo quale è, con imprese del genere “triathlon da scuola di sopravvivenza” (nuotare, correre in bicicletta nel fango, spingersi a piedi lungo sentieri impossibili), e con vacanze tour-de-force tra mari e monti: con la compagna Paola ha scalato il Kilimangiaro e ha sperimentato il kayak in Groenlandia – tuttavia c’è chi dice che è Gianroberto, non sportivo, ad aver ispirato questa militaresca attitudine alla fatica erratica, tantopiù che era studioso di Gengis Khan.

 

E oggi che Davide è rimasto il solo Casaleggio sulla scena, si cercano, ex post, indizi dell’investitura: quando Gianroberto ha cominciato a delegare a Davide il compito di portare in salvo azienda e progetto connesso? C’è chi indica l’anno 2014, anno di ingresso del M5s al Parlamento europeo, come snodo del coinvolgimento diretto del figlio nel campo del padre, e come lancio dell’idea di “esportare i grillini all’estero”, da cui i viaggi di Luigi Di Maio oltreconfine (e prossimamente oltreoceano). Ma Davide era già comparso sporadicamente anche a Montecitorio, seppure in casi-limite, come quando il deputato Massimo Artini (ora fuoriuscito dal M5s), era stato accusato di aver creato una piattaforma informatica parallela a quella della casa madre. Poi ci sono stati, tra il 2014 e il 2015, gli incontri con imprenditori e professori a cui Gianroberto si presentava con un silenzioso Davide a fianco: la pre-investitura? E adesso la tv è arrivata a definire i contorni: Davide, pur negandolo, s’è caricato il potere di “alzare l’asticella” sopra il mondo presente (quello abitato dai partiti e dai non Cinque Stelle). E la sua faccia, e il suo non-sorriso appena accennato, vorrebbero apparire pazienti. Invece contengono segni di fretta: c’è un futuro che attende, a Ivrea. Tutto il resto è noia (e piattaforma Rousseau).

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.