Donald Trump e Xi Jinping (foto LaPresse)

Riusciranno Xi e Trump a fermare il bandito con l'atomica?

Mario Sechi

Washington e Pechino si sono già divisi il copione: Donald fa il poliziotto cattivo, il presidente cinese il poliziotto buono. Il problema Kim Jon-un esiste ma nessuno, per ora, sa cosa fare

San Zeno

 

Occidentali’s Konsip. La lettura dei giornali stamattina è interessante per un solo motivo: dalla rotativa è schizzata fuori la mappa della faida italiana. Non è una questione di giornalismo, scrittura e impaginazione, ma di assetto di potere. Siamo sempre il paese dei guelfi e dei ghibellini, l’aggiornamento dell’antico codice non ha condotto a miglioramenti del programma originale. La versione reloaded del virus è sempre più piena di bachi, è ancora lo scintillìo del corto-circuito mai riparato tra politica-magistratura-informazione, la colonna sonora è quella di Occidentali’s Konsip.

 

L’inchiesta Consip è il chiodo al quale appendere il quadro della battaglia. Ecco i protagonisti sul campo:

  • La procura di Roma dice che un carabiniere del Noe avrebbe attribuito un’intercettazione di Italo Bocchino a Alfredo Romeo. E’ quella in cui Romeo (in verità Bocchino) diceva di aver incontrato il padre del premier. E’ il secondo elemento importante che evapora nell’inchiesta sulle attività del padre dell’ex segretario del Pd, dopo l’episodio dell’uomo misterioso che Tiziano Renzi incontrò all’aeroporto di Fiumicino. Uomo che di misterioso non aveva nulla, era il proprietario dell’agenzia di spedizioni Fulmine;
  • La procura di Napoli nel frattempo ha confermato tutte le deleghe investigative ai carabinieri del Noe;
  • L’attribuzione dell’intercettazione di Bocchino a Romeo conduce a un paio di domande, per ora senza risposta: c’è dolo o no? E’ un semplice – e incredibile - errore di trascrizione? C’è una manina o manona invisibile nell’inchiesta?
  • Bocchino, almeno da quel che appare dalle sue dichiarazioni pubbliche, ha incontrato Matteo Renzi solo in occasioni istituzionali che non hanno nessun riferimento specifico alle attività svolte per conto dell’imprenditore Alfredo Romeo: “Non ho mai incontrato Tiziano Renzi. La frase "l'ultima volta che ho visto Renzi", che sarebbe stata pronunciata da me e attribuita a Romeo, si riferiva presumibilmente all'ex premier che ho incontrato solo durante il mio mandato parlamentare, in dibattiti televisivi e una volta il 23 dicembre 2011, al concerto di Abbado per l'inaugurazione del nuovo maggio musicale fiorentino”. Bocchino è stato parlamentare fino al 14 marzo del 2013, data della fine della XVI legislatura.
  • Il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, è in fase di fact-checking;
  • Il sostituto procuratore di Napoli, Henry John Woodcock, è accusato di non aver eseguito il fact-checking;
  • La procura di Roma e quella di Napoli sono destinate alla collisione: viaggiano sullo stesso binario, alla stessa ora, alla stessa velocità e nessuno dei macchinisti vuole cambiare direzione;
  • Matteo Renzi, impegnato nella competizione che vale tutta la sua vita politica futura, le primarie del Pd, ha commentato così via Twitter le rivelazioni sull’inchiesta:

  • L’ad di Consip, Luigi Marroni, è ancora al suo posto, la sua versione dei fatti è opposta a quella data da Tiziano Renzi ai magistrati di Roma;
  • Il ministro dello Sport Luca Lotti è ancora indagato per rivelazione del segreto d’ufficio sul caso Consip;
  • Alfredo Mazzei, commercialista napoletano, dice di aver saputo da Alfredo Romeo che quest’ultimo si sarebbe incontrato con Tiziano Renzi “in una bettola romana”. Mazzei ha raccontato l’episodio ai magistrati napoletani, l’ha confermata in un’intervista a Repubblica e riconfermata in queste ore sempre a Repubblica;
  • L’imprenditore Alfredo Romeo è ancora in carcere, le accuse contro di lui sono tutte in piedi.

 

L’inchiesta è finita? No, ma i suoi pilastri vacillano o almeno così sembra. Che fare? In un paese normale ci sarebbe da attendere che la giustizia faccia il suo corso, ma siamo in Italia e quel che conta è l’attimo inquirente incolonnato e impaginato dai media: la comunicazione è potere, il potere è comunicazione.

 

Geopolitica del caso Consip. La comunicazione, dicevamo. E’ per questo che una rapida occhiata alle prime pagine offre una visione completa del campo di battaglia. Primo caffè e Corriere della Sera suggeriscono una prima nota sul taccuino: in via Solferino pensano che Renzi sia vittima di un complotto, o poco ci manca. Apertura: “Inchiesta Consip. Ora si indaga su altri depistaggi”. Il titolo dà per certo che si tratti di un depistaggio. Repubblica mostra più aplomb e anche meno interesse a giudicare dallo spazio tipografico dedicato al tema, apertura ma a una colonna e mezza: “Consip, procure verso lo scontro sui falsi del capitano”. La Stampa liquida il caso in uno strillo: “I sospetti del Pd: una regia per manipolare l’indagine”. Aggiungiamo alla mazzetta di giornali renziani a geometria variabile anche Il Messaggero: “Consip, alta tensione tra procure”. E i nemici? Qui le cose si complicano perché la balcanizzazione geopolitica del fu centrodestra si riflette anche sui quotidiani. Il Giornale è in versione garantista e pro-Renzi più dei turbo-renziani, al punto che produce un interessante (sul piano politico) titolo d’apertura: “Sospetto dei renziani. Papà Renzi incastrato dal clan di Napolitano”. Siamo in clima cospiratorio e le primarie del Pd sono un agguato nel buio? Ci vorrebbe la palla di cristallo o un’intercettazione all’italiana. In ogni caso, il tema c’è e la redazione romana del Giornale ha ottimi cronisti. Restiamo sempre a destra, ma con un rovesciamento del copione, questo è il titolo de La Verità: “Babbo Renzi, la verità sul complotto”. Ripetizione di testata a parte, siamo sulla sponda opposta: l’inchiesta non si è spiaggiata, va avanti e “gli indizi che portano a lui sono parecchi”. Lui è Tiziano. La Verità va in rima baciata con Il Fatto che fa questo titolo: “Woodcock conferma fiducia al Noe. E Roma tira dritto su Consip”. Il treno investigativo fa ancora ciuf ciuf anche se ha perso qualche vagone. Altro giro su rotaia, altra corsa a destra e altro punto a favore di Renzi sul titolo di Libero: “Il magistrato che tremare il mondo fa”. Sintesi: la difesa più efficace di Renzi la fanno i giornali del nemico o presunto tale. E’ un mondo alla rovescia? No, sotto e sopra c’è un riassetto del sistema di potere in Italia: il Pd non sembra poter vincere, un governo di larghe intese è possibile, i Cinque Stelle primo partito sono qualcosa di più di un calcolo virtuale, il centrodestra unito non c’è e i cosiddetti poteri forti sono talmente deboli da non essere neppure intercettati dal contatore geiger. Cosa succederà? Nessuno può dirlo, lo scenario è da sabbie mobili e anche stando fermi su quel terreno si rischia di affondare. Lasciamo la palude, andiamo dove piovono missili.

 

Xi fa una telefonata a Trump. Qualche giorno dopo il vertice alla Casa Bianca, il presidente cinese Xi Jinping ha chiamato Donald Trump per coordinare le iniziative contro la Corea del Nord. La Bomba dello svitato dell’Asia è un problema urgente ma nessuno sa per ora che fare. L’invio della portaerei al largo delle coste coreane ha convinto Pechino a agire. Secondo l’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap, il presidente Xi ha chiesto a Trump di seguire la via di un accordo di pace. Con Kim Jong-un la pace? Difficile fare patti con chi rompe i piatti lanciando missili sul mar del Giappone. Insomma, quello di Xi per ora è un invito a frenare lo show of force del Pentagono. Il presidente americano in un messaggio su Twitter ieri ha detto che la Corea del Nord è in cerca di guai. Tra Washington e Pechino si sono già divisi il copione: Trump fa il poliziotto cattivo, Xi il poliziotto buono. Il problema è il seguente: riusciranno a fermare il bandito con l’atomica?

 

La cassa americana? Offshore. Milleseicento miliardi di dollari. Le cinquanta principali imprese americane custodiscono all’estero questo gruzzoletto per pagare meno tasse negli Stati Uniti. Oxfam ha aggiornato il suo report alla vigilia della riunione annuale di Fondo Monetario Internazionale e Banca mondiale. Chi guida la classifica? I soliti noti: Apple con 200 miliardi di dollari offshore, il gruppo farmaceutico Pfizer con 193,6 miliardi e Microsoft con 124 miliardi. Conseguenze inattese del report di Oxfam: Trump sul tema ha ragione.

 

12 aprile. Nel 1945 Harry S. Truman comincia il suo mandato come 33° presidente degli Stati Uniti. Sarà sua la drammatica decisione di sganciare due bombe atomiche sul Giappone il 6 e il 9 agosto del 1945 sulle città di Hiroshima e Nagasaki. 

 

L'allora principessa Elisabetta e il presidente Harry Truman a Washington nel 1951