Il presidente della Bce Mario Draghi (foto LaPresse)

Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi

Cosa succede se la Bce smette di acquistare titoli di Stato?

Mario Sechi
Il programma di acquisto ha termine ufficialmente nel marzo del 2017, le condizioni economiche in Europa raccontano di un raffreddamento della crescita, tutto farebbe pensare a un’estensione del pacchetto di misure a sostegno dell’economia, ma la discussione dentro il consiglio della Bce è intensa.
    San Placido.

     

    Titoli. Il solo gioco che conta oggi è quello delle banche centrali. Basta leggere le minute pubblicate da Federal Reserve, Banca del Giappone, Banca d’Inghilterra e Banca centrale europea per farsi un giro istruttivo nella contemporaneità. Dietro i numeri, emergono le sagome dei problemi. I lettori di List da tempo vedono nelle pagine del taccuino del titolare emergere periodicamente (l’ultima volta, il 21 settembre) una domanda: cosa succede se la Bce smette di acquistare titoli di Stato?

     

    Sono trascorsi quattordici giorni e quella nota sul taccuino non è più materia del curioso istinto di un cronista, ma il tema chiave della politica economica dell’Eurozona. Bloomberg ieri ha messo la questione al centro di tutto: “The European Central Bank will probably gradually wind down bond purchases before the conclusion of quantitative easing, and may do so in steps of 10 billion euros ($11.2 billion) a month, according to euro-zone central-bank officials”. Questa è una notizia. C’è un “probabilmente”, c’è un “forse”, c’è la Bce che ha comunicato di non aver mai messo in agenda il tema, ma in realtà la questione emerge come la pinna di uno squalo nel mare dei mercati che ieri hanno cominciato a shakerare i titoli di Stato. Il programma di acquisto ha termine ufficialmente nel marzo del 2017, le condizioni economiche in Europa raccontano di un raffreddamento della crescita, tutto farebbe pensare a un’estensione del pacchetto di misure a sostegno dell’economia, ma la discussione dentro il consiglio della Bce è intensa: la Germania (leggere alla voce Jens Weidmann, presidente della Bundesbank) da sempre esprime dubbi sull’efficacia del programma, la creazione di denaro per Berlino è un problema fin dai tempi del Faust, è questione mefistofelica che ha perfino un sotto-testo religioso (qui un articolo che il titolare di List ha pubblicato sul Foglio il 6 gennaio 2014) e il ministro delle Finanze Wolfgang Schauble l’8 aprile scorso ha puntato l’indice contro Mario Draghi dicendo che il Qe della Banca centrale europea è uno dei motivi del crescente euroscetticismo in Germania, il propellente del partito ultra-conservatore Afd, il distruttore del risparmio dei tedeschi. L’epoca dei tassi negativi conduce anche a questo, senza dubbi. A questo punto arriva un’altra domanda, quella del vecchio compagno Lenin: che fare?  Si continua il gioco tra le banche centrali: le minute pubblicate dalla Banca d’Inghilterra indicano una crescente competizione tra le aree economiche, il governatore Mark Carney sta abilmente conducendo una battaglia per l’atterraggio morbido dei valori immobiliari commerciali (usati come collaterali dalle imprese inglesi che ricorrono al credito), gli acquisti si stanno spostando sul mercato americano (New York in particolare), il crollo della sterlina rispetto al dollaro ha finora avuto l’effetto di far schizzare gli indici della Borsa di Londra (il 70 per cento dei ricavi delle imprese britanniche viene dall’estero ed è denominato in gran parte in dollari), l’organizzazione del post-Brexit è cominciata nel segno di una politica monetaria aggressiva. Che cosa può fare Draghi? Seguire la scia di Carney? Forse. Ma da Londra bisogna spostare l’obiettivo su Berlino dove è cominciato un ciclo elettorale durissimo: Angela Merkel cerca il suo quarto mandato, Frauke Petry, leader di Afd, non è più un soggetto marginale dello scenario politico tedesco, il partito entrerà nel Bundestag, le ambizioni di Sigmar Gabriel e della Spd crescono, l’indipendenza della Bce per Berlino è un totem ma ormai senza tabù. Siamo in una terra incognita. Per sapere, per capire come si dispiega l’unico gioco in campo, quello delle banche centrali, è consigliata la lettura di un libro di Mohamed A. El-Erian, intitolato appunto “The only game in town”. E’ una guida al gioco del biliardo finanziario globale, una mappa per non perdersi in una fase che si annuncia ricca di sorprese. Quali? Ieri il Fondo monetario internazionale ha pubblicato le sue previsioni sulla crescita: ribasso per gli Stati Uniti (+1.6 per cento) e dimezzamento per il Regno Unito, una frenata compensata dalla ripresa nelle economie emergenti che dovrebbe lasciare invariata la crescita globale al 3.1 per cento. La torta sul tavolo c’è sempre, ma le fette sono come sempre a spartizione variabile e per l’Europa si annuncia un menù più povero. Cosa succederà in Italia? E’ una domanda che si pongono tutti in Europa: il referendum del 4 dicembre è un’incognita alla voce “stabilità”, il governo Renzi, inoltre, ha presentato uno scenario che secondo Bankitalia è ricco di ottimismo per la crescita ma povero di dati credibili che sostengono questo sentimento Un paese con una debole crescita (il Fondo monetario ieri ha tagliato le stime del pil per il 2017 a +0,9 per cento), il terzo debito pubblico del mondo in crescita iperbolica (+80 miliardi nei primi sette mesi dell’anno) e istituzioni traballanti finisce per avvitarsi su se stesso. E’ già accaduto nel 2011, con effetti micidiali sui conti pubblici e il portafoglio privato degli italiani. E qui torniamo alla notizia dalla quale siamo partiti: il programma d’acquisto di titoli da parte della Bce, la sua vitale importanza per il nostro paese, visto che nel bilancio di Draghi ci sono 164 miliardi di debito sovrano targato Italia. Resta, no problem. Viene tagliato di 10 miliardi al mese? Problem. Qualcuno si interroga sul che fare? Non sembra. Anche a giudicare dalla lettura dei giornali. Solo due quotidiani dedicano l’apertura alla notizia lanciata da Bloomberg, Il Sole 24Ore (“Bce, ipotesi riduzione del Qe. Balzano i rendimenti dei bond”) e La Stampa (“La Bce studia lo stop al bazooka”), gli altri scelgono la soluzione del francobollo in pagina, puntano sulle rassicurazioni date dal ministro dell’economia Padoan (Corriere della Sera: “Padoan difende la crescita all’1%: è realizzabile”) e sulla battaglia di cifre che nasconde in realtà le tensioni crescenti sul tema del referendum (Repubblica: “Battaglia sul Def. Stime da rivedere. Renzi: i soldi ci sono”). Dove siano i soldi – visto che abbiamo chiesto all’Unione europea più flessibilità di bilancio e la manovra è in deficit – è un mistero. La soluzione? La conosceremo presto con l’arrivo della manovra. Allacciate le cinture.

     

     

    Ultra long bond. Che cosa sono? Titoli del debito sovrano a lunghissima scadenza. L’Italia ne ha messo all’asta uno ieri con successo: un BTP a 50 anni al tasso del 2,85 per cento. Richieste per 18,5 miliardi per un’emissione da 5 miliardi. Mezzo secolo. Sembrava una vendita impossibile e invece questi titoli sono ormai un evento “normale”. Perché comprarlo? Perché con uno scenario di tassi zero o negativi questo è un rendimento che conviene, gli investitori sono a caccia di titoli con rendimenti positivi. Secondo il Financial Times il debito sovrano emesso a tassi negativi oggi ammonta a 12 trilioni di dollari.

     

    America. Pence batte Kaine. Il dibattito tra i due vicepresidenti ha un vincitore: Mike Pence, repubblicano. L’instant poll della Cnn lo indica come vincente nei confronti del democratico Tim Kaine:

     

     

    Pence ha raccolto il 48 per cento dei consensi contro il 42 di Kaine. Conseguenze? Il vicepresidente di Trump è apparso in grado di ribattere bene alle accuse del candidato democratico, temperare l’estremismo di The Donald, offrire un’immagine rassicurante di un ticket dove – chiunque vinca – il vicepresidente avrà un ruolo importante e non solo per l’opinione pubblica.

     

    Il referendum blocca-tutto. Italia Oggi ha fatto il punto sui lavori parlamentari e il titolo conseguente è rivelatore delle contraddizioni del paese e della sua strana politica: “Il referendum ha bloccato tutto”. Risultato paradossale, per una riforma che dovrebbe velocizzare il lavoro delle Camere.

     

    La generazione dei coinquilini. Sul Corriere della Sera c’è un interessante articolo sui coinquilini: non lava i piatti, non tira lo sciacquone, lascia aperto il gas, non pulisce niente proprio niente, porta a casa tizi improbabili, non vuota la pattumiera, non usa le cuffie per la musica e addirittura fa lo gnorri quando si tratta di pagare l’affitto. La contemporaneità è una questione di reddito. E abitazione.

     

    5 ottobre. Nel 1962 esce nel Regno Unito il primo film della serie 007: James Bond, Agente 007 - Licenza di uccidere.