Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (foto LaPresse)

Fatti, commenti, appuntamenti del giorno presi dal taccuino di Mario Sechi

Che cosa deve fare Renzi dopo il voto alle comunali?

Mario Sechi
Chi afferma che la scelta dei sindaci non è un test per il governo ha ragione (il premier continua a fare il premier), ma l’esame si fa su un altro soggetto: il Partito democratico di cui il presidente del Consiglio è segretario.

San Norberto, vescovo

 

Titoli. I giornali sono bruciati dallo spoglio notturno, alcuni hanno fatto titoli al buio (sbagliando), altri hanno saggiamente tenuto una linea di prudenza, in ogni caso, sono superati e il “balzo di Raggi” (Corriere della Sera) è importante per la Capitale ma non cambia le sorti del Paese. Per ora.

 

Che cosa deve fare Renzi? Andiamo al punto vero del dibattito: cosa deve fare Renzi di fronte a questo voto? Chi afferma che la scelta dei sindaci non è un test per il governo ha ragione (il premier continua a fare il premier), ma l’esame si fa su un altro soggetto: il Partito democratico di cui Matteo Renzi è segretario. Bene, questo partito ha mostrato un grande limite: non parla ai moderati che sono in cerca di una casa politica. A Roma Roberto Giachetti ha fatto un mezzo miracolo (va al ballottaggio) ma rivolgendosi sempre all’elettorato del recinto della sinistra, facendo leva su un’identità periferica, con un indietro tutta ideologico, ante-Renzi, che si poteva leggere facilmente nelle cose che diceva Fabrizio Barca (ma perché l’avete imbarcato?): “E’ un programma di sinistra che, molto più di prima, interviene con attenzione sui mostruosi divari sociali in città”. Di sinistra. E invece serviva un messaggio di altro tipo, fuori da quel confine e dalla retorica popolana ma senza popolo. Il risultato è che Giachetti a Roma va al ballottaggio (bene) ma allo stato dell’arte senza grandi possibilità di espandere i suoi voti. La destra può votare i grillini (qualcuno si ricorda dell’effetto Parma?). Il Pd a chi chiede i voti? Parla a un elettorato chiuso e invece dovrebbe aprirsi. Questo tallone d’Achille è ben visibile a Milano: Beppe Sala si è fatto raggiungere da Stefano Parisi per mille ragioni, ma una le batte tutte: il partito a Milano si è molto preoccupato di parlare ai compagni (vecchi o 2.0 ha poca importanza) ma si è dimenticato dei ceti produttivi, delle partite Iva, degli incerti in cerca d’autore. Parisi è stato il magnete che li ha attratti. Risultato, il ballottaggio è a rischio e si ritorna al punto precedente: a chi farà appello il Pd che ha scelto una campagna elettorale di esclusione e non di inclusione di altri mondi? I grillini (pochi a Milano, ma nel ballottaggio saranno voti decisivi) possono scegliere votare Parisi e il centrodestra può chiedere i loro voti. E il Pd? In questo format non è espandibile. Il punto è tanto reale – e urgente – che Stefano Parisi ieri a Sky Tg24 a una domanda del titolare di List ha risposto che sì, certamente chiederà il voto dei militanti del Movimento 5Stelle, “per il cambiamento”. I forni del Pd dove sono? Non ci sono. Per miopia ideologica, vizio antico, tic antropologico, presunzione di autosufficienza che non c’è. Dov’è il renzismo che apriva le porte a chi voleva fare politica pur venendo da altre storie politiche? Verdini? Ha capito molto, è un realista di cui c’è bisogno, fa un ottimo lavoro in Parlamento. Ma là fuori, nella battaglia per conquistare il cuore e la mente degli elettori è tutta un’altra storia. Andiamo avanti, perché si può sorvolare sul voto dei Comuni (e in ogni caso non su Milano) ma questo scenario va proiettato sul referendum costituzionale di ottobre. E’ in questa occasione che gli avversari di Renzi si ritroveranno tutti insieme. I partiti di opposizione non rappresentano un’alternativa di governo finché non sono coalizzati, ma nel caso del referendum lo saranno. Si vota, vince chi ne ha di più. A chi farà appello il Pd? Come intende espandere il suo bacino elettorale? Adotta la strategia vista nelle elezioni comunali? Parla al suo elettorato ristretto (e mobile) che non è maggioranza nel Paese (sì, cè anche questo piccolo dato da tener presente) o pensa finalmente a qualcosa di più grande? Inseguire ogni giorno Bersani e i suoi non serve a niente, gli oppositori interni di Renzi hanno un’offerta politica residuale, dimostrata dai numeri delle comunali, dargli corda fa perdere tempo, energie, lucidità. Bisogna invece inseguire i voti potenziali di chi è rimasto a casa, di chi non è un militante del Pd ma ha un interesse per il futuro dell’Italia. Il renzismo è a un bivio: o si compie mostrando agli elettori un’offerta politica senza pregiudizi e steccati, oppure deraglia. Servono idee e cambi di passo nel partito, subito. Tanti auguri.

 

 

La settimana. Che cosa succede nel mondo? Oggi i mercati attendono un discorso di Janet Yellen, presidente della Fed, al World Affairs Council di Filadelfia, per capire la rotta del denaro americano. Martedì si vota in California e probabilmente Hillary Clinton metterà al sicuro la nomination democratica per la Casa Bianca. A meno che… Bernie Sanders non le giochi un altro scherzetto, prenda un bel po’ di voti e le faccia rinviare la festa. Il problema per la Clinton è serio: più perde tempo a battersi con Sanders, meno consenso aggrega tra gli elettori. E infatti Hillary ha solo 1.5 punti di vantaggio su The Donald. Sempre domani ci sarà un incontro a Washington tra il presidente Obama e il primo ministro indiano Narendra Modi, mentre in Brasile si riunisce la Banca centrale. Domani escono i dati sulla produzione della Germania, mercoledì i dati sulla produzione industriale nel Regno Unito (siamo a due settimane dal referendum sulla permanenza nell’Unione europea) e soprattutto quelli sul commercio della Cina, giovedì escono i dati sul lavoro in Italia nel primo trimestre e quelli sugli iscritti alle liste di disoccupazione negli Stati Uniti, si chiude venerdì con i dati sulla produzione industriale in Italia e Francia.

 

Il fondo di McKinsey. Il Financial Times ha scoperto che la società di consulenza globale ha un fondo da 5 miliardi per i suoi partner. Conflitto di interessi tra i guadagni (24 volte su 25) dei soci e le aspettative dei clienti?

 

Goldman Baby. Vogliono tutti lavorare a Goldman Sachs, i ragazzi. La banca ha il suo prestigio, il denaro è una grande attrazione. E così 250 mila giovani hanno mandato la loro candidatura per lavorare a Goldman Sachs questa estate.

 

6 giugno. Sbarco in Normandia, parte l’operazione Overlord.